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DISAGIO PSICOLOGICO E INVECCHIAMENTO      power point

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Vincenzo Masini       Cristina Lencioni

 

Moda e schema corporeo

Il counseling di immagine, e non solo propriamente estetico, ha la funzione di individuare le caratteristiche psicologiche, fisiognomiche, posturali e relazionali del paziente, al fine di migliorare la relazione con la propria immagine esteriore, frutto dell' equilibrio armonico tra lo schema corporeo e l’identità.

Ciò implica il rispetto dei tratti fisiognomici che sono connessi con la rappresentazione dello schema corporeo nel cervello. Lo “schema corporeo” è, infatti, una rappresentazione cognitiva dei confini del proprio corpo nello spazio, esso cambia continuamente in funzione dei movimenti del corpo, in risposta a diverse modalità sensoriali peri-corporee. Lo schema corporeo è il prodotto delle informazioni che giungono a livello corticale e sottocorticale a partire dai cosiddetti analizzatori cinestetici (movimenti del corpo e controllo del tono funzionale ai movimenti), vestibolari (spostamenti, accelerazione, direzione del movimento e equilibrio), tattili (manipolazione degli oggetti e  distribuzione del peso corporeo a livello plantare), gustativi (riconoscimento della genuinità di cibi e bevande), uditivi (localizzazione spazio-temporale della fonte sonora e interazioni linguistiche) e visivi (memoria visiva, rappresentazione, spazializzazione, figurazione). Gli ultimi due, ma soprattutto il sistema visivo, sono alla base della costruzione  anche dei processi cognitivi simbolici. Il processo evolutivo del cervello ha reso prevalenti, ed a volte in conflitto, le rappresentazioni visive con le altre rappresentazioni sensoriali.

Rappresentazioni cinestetiche: se un individuo osserva l'immagine della sua mano ingrandita, tende a muoversi come se effettivamente la sua mano fosse diventata più grande (esercizio della telecamera o del gioco delle ombre).

Vestibolari: il conflitto interiore con il cibo conduce i pazienti anoressici a sentirsi leggeri solo nel momento in cui perdono l’equilibrio.

Tattili: l’apprezzamento visivo di un oggetto è quasi sempre superiore alla delusione della sua inconsistenza tattile

Gustative: i cibi sono apprezzati più per i processi simbolici ed emozionali che innescano che per la loro effettiva funzione.

Uditivi: è più facile gestire la sovrapposizione di immagini che quella di rumori o voci tanto che è possibile tollerare la contemporaneità di schermi televisivi che non quella di trasmissioni sonore.

Di conseguenza anche lo schema corporeo si è focalizzato sulla sua rappresentazione visiva, poiché essa è divenuta, negli esseri umani, indispensabile per la vita relazionale quotidiana in funzione dell’affermazione della propria identità soggettiva.

Il processo riflessivo della coscienza individuale ha arricchito l’istinto di sopravvivenza con le istanze della affermazione della personale identità. La rappresentazione visiva consapevole di come il nostro corpo ci può apparire visto dall’esterno è legata alle afferenze sensoriali e si presenta come una specie di “immagine-ricordo e comprende ad un tempo una percezione ed una rappresentazione» (Lhermitte M. J., 1942). Essa diventa il supporto relazionale dell’esigenza esistenziale che prende forma nello sviluppo psichico intorno ai 10 anni, quando lo schema corporeo primario soggettivo è un processo compiuto e i bambini entrano nella fase di gestione relazionale dell’identità corporea. Il disegno mentale sempre più definito del proprio corpo conduce alla consapevolezza di sé (riconoscimento delle parti del corpo, della prevalenza delle lateralizzazioni, dell’ingombro spaziale) ed all’uso dell’immagine corporea in doppia contingenza (ego si propone secondo le aspettative di alter, ed alter secondo le aspettative di ego).

Le propensioni narcisistiche nella formazione del processo di identità rendono molto più influenti le aspettative sociali di quelle relazionali. Ove le persone non si siano sentite confermate nella loro identità dall’affettività primaria dei loro genitori o delle persone nel loro mondo della vita esprimono il loro narcisismo attraverso le rappresentazioni sociali, tarate sulla base dei sistemi di rappresentazione visiva delle mode.

La moda è storia di una civiltà in continuo divenire. La nascita di un nuovo stile è sempre stato lo strumento col quale un gruppo, in una società in evoluzione, ha voluto comunicare la propria identità, la propria differenziazione da un altro gruppo di cui non condivideva le opinioni o l’adesione a determinati valori culturali. Gli stilisti colgono al volo, ma spesso anticipano questi cambiamenti e li concretizzano in nuove linee e nuove tendenze che, condivise dalla maggioranza, diventano moda. Il campo prevalente della moda è quello vestemico che si è evoluto dal fattore di  protezione, e di  pudore fino alla trasformazione del fattore ornamento in un processo di costume che costruisce le identità sociali attraverso fortissime rappresentazioni. Le rappresentazioni di identità collettive di ruolo si elicitano in abiti uniformi (le divise) o omologati (le appartenenze a gruppi), e il processo di rappresentazione visiva dell’immagine oltrepassa il vestiario ed il derma per influenzare tutta l’immagine corporea e lo schema corporeo per dare informazioni su se stessi agli non più intesi come attori della relazione ma come spettatori dell’immagine.

La corporeità adattata allo spettacolo della moda diventa, al contempo, soggetto e oggetto attivo (Bertirotti A., Succi A.J., 2005). Nella relazione con la propria immagine si attuano pertanto due modalità estreme: quello dei fautori della ricerca della perfezione, mediante fitness, moda, trattamenti cosmetici ed estetici più o meno invasivi, e quello di chi intenzionalmente trascura l’immagine per contronarcisismo, protesta, ribellione o fanatismo ideologico. Per i primi il corpo è radicalmente un oggetto indispensabile da mostrare per ottenere gratificazione e consenso, per i secondi è un soggetto di identità che deve essere lasciato al suo stato naturale. I primi si adeguano alle necessità dei tempi, i secondi rinunciano ai miglioramenti estetici convinti che non ci sia nulla da fare.

Il counseling antiaging ha lo scopo di individuare i criteri di identità, i copioni di disagio, le relazioni tra fisiognomica ed immagine per uscire da questi estremi e contribuire al benessere della persona.

 

Strumenti di base per la lettura del disagio psicologico nel paziente.

I processi psicologici elementari di proiezione, negazione e scissione, che sono l’esatto opposto dei processi mentali di introiezione, conferma e associazione, prendono forma nella psiche per evitare o diminuire il dolore prodotto dagli eventi negativi della vita. 

La PROIEZIONE è il trasferimento su altri di pensieri e di vissuti propri, tramite l'attivazione del proprio stato emozionale e mentale. E’ conosciuto come uno dei principali meccanismi di difesa (indicati da Freud per esternalizzare da sé parti non–buone), anche mediante spostamento delle responsabilità sull’altro. Ma non è legittimo considerarlo solo un processo “negativo” di difesa. La proiezione è, infatti, un meccanismo psichico dinamico: parte dall’affermazione della realtà e si apre alle sue estensioni spaziali e temporali. Nello spazio della relazione diventa sociosolidale o socioantagonista (va verso l’altro o va contro l’altro, mediante affettività o aggressività), nel flusso temporale implica l’azione ed accende la motivazione,  perché tende al futuro e apre ad una modificazione della relazione con le cose del mondo e con gli altri. 

La proiezione è il contrario dell’assorbimento (introiezione e assimilazione) dei vissuti e dei pensieri. L’introiezione è un processo di cui ci si rende conto quando è già avvenuto poiché, in genere, avviene in modo inconscio e, quando è consapevole, è apprendimento. Per questo le azioni connesse all’introiezione sono in genere l’analisi e l’investigazione interiore su quanto è già stato assorbito.

La NEGAZIONE è il processo di evitamento degli aspetti sgradevoli della realtà trattandoli come se non esistessero. Il modello più tipico è quello della rimozione, che elimina dalla coscienza i vissuti negativi. In ambito psicoanalitico è un meccanismo di difesa consistente nel trasformare i dati psichici consci in inconsci, o mantenere gli inconsci, tali dati. La negazione in psicologia generale ha un significato più ampio. Sottrae senso ed esclude affermazioni o dati o percezioni o sensazioni. Ove essa proceda mediante un criterio di rilevanza, essa consente di tralasciare dati inutili e insignificanti ed ha una funzione costruttiva nella produzione di senso condiviso. Soggetti privi della capacità di negare il superfluo non riescono ad avere padronanza del loro pensiero e spesso tendono alla asocialità. In altri casi, invece, per mancanza di filtro, la negazione cancella informazioni rilevanti, smonta dalle fondamenta la motivazione, elimina contenuti dalla memoria o impedisce l’apprendimento, destruttura il pensiero, toglie fondamenta all’intelligenza e disarticola il linguaggio. La negazione è il contrario della conferma che è un ancoraggio psichico delle affermazioni o delle associazioni vissute. La conferma avviene mediante feed back impliciti nelle comunicazioni con gli altri, con il mondo e con se stessi. Può essere concepita come una approvazione del messaggio inviato, una validazione mediante truismo della percezione o della sensazione o del pensiero, una definizione più chiara della motivazione o un riconoscimento della presenza in memoria di un certo dato.

La SCISSIONE è definibile come una frattura tra sentimenti e comportamento. Ma anche come processo di distanziamento da se stessi o di divergenza progressiva dei processi cognitivi. Essa è comunemente descritta come tratto patologico che riguarda la perdita dell'integrazione normale dei propri ricordi, percezioni, identità o coscienza. Ma tale processo riguarda chiunque. Tutti sperimentiamo la scissione senza effetti dirompenti. Per esempio guidare per un certo tragitto e poi accorgersi di non ricordarne i particolari, perché eravamo assorti in pensieri, nell'ascolto della radio o nella conversazione. La patologia interviene quando è l'identità stessa ad essere frammentata insieme alla memoria, ai processi di apprendimento o di motivazione. Possiamo utilizzare tale espressione per descrivere gli stati d’animo e di mente nei quali pensiamo due o più cose contemporaneamente, teniamo testa a due diverse categorie di sensazioni, manteniamo distinte due classi di percezioni o rendiamo divergente la nostra intelligenza.

L’associazione è il contrario della scissione perché accomuna informazioni, vissuti ed esperienze in modo congruente alla nostra memoria. L’associazione non è un semplice accumulo ma un'aggiunta sensata di ulteriori informazioni a quelle che già possediamo. Implica una riorganizzazione delle mappe mentali mediante inferenze, connessioni, costruzioni o gerarchizzazioni del pensiero e dei dati in memoria. Associamo la realtà interna dei vissuti con le nostre espressioni linguistiche o inferiamo significato ai dati esterni associandoli con la nostra esperienza.

Questi tre processi vengono messi in atto di fronte ai principali drammi dell’esistenza: noi tutti proiettiamo su altri per non sentirci in colpa, ci distanziamo da noi stessi per fronteggiare le delusioni che fanno cadere l’io ideale e neghiamo il ricordo del dolore psichico di fronte a lutti o abbandoni.

In psicologia questi processi camminano a coppia, poiché ad ogni scissione corrisponde una nuova associazione (e viceversa), ad ogni conferma qualche nuova negazione ed ad ogni introiezione qualche nuova proiezione. Ovviamente si intrecciano l’uno con l’altro fino a fissarsi in sequenze routinarie che vanno ad interagire con la produzione di specifici mediatori chimici i quali, a loro volta, attivano o rinforzano l’una o l’altra sequenza di processi mentali ed emozionali. Questi processi segnano il comportamento, gli atteggiamenti e le posture degli esseri umani trasformando un’emozione negativa in un umore e l’umore in una struttura corporea ed espressiva che si stabilizza.

E’ un umore cupo e pessimista la causa prima di una riflessione negativistica sul mondo, o è una brutta notizia ad innescare il malumore?

E’ il modo con cui è stata comunicata la brutta notizia a determinare la reattività di una persona, o è l’aggressività latente che ha trovato il pretesto per aprire un varco nel sistema di autocontrollo ed esprimersi?

E’ la lontananza relazionale che fa sì che una persona mascheri il suo dolore, o è la paura che impedisce a quella persona il contatto con la parte profonda di sé?

Lo studio delle espressioni e della fisiognomica da sempre ha cercato di collegare i vissuti psichici con i tratti somatici acquisiti nel corso della vita e non ereditati geneticamente. Questi ultimi sono stati studiati solo in collegamento con il temperamento biologico dei singoli individui o delle popolazioni.

Le interferenze della non accettazione di vissuti psichici negativi come l’ansia proiettiva, la confusione mentale frutto di scissioni e la depressione prodotta dalle negazioni (e i diversi mix patologici tra queste entità) sull’attività del sistema endocrino e immunitario producono somatizzazioni patologiche (infezioni e tumori) ma anche modificazioni dell’assetto corporeo con inestetismi e precoce invecchiamento.

Nel disturbo di dismorfismo corporeo le persone manifestano un'eccessiva preoccupazione nei confronti di un difetto fisico immaginario o, se presente, di lieve entità, come le rughe o la forma del naso. Questo disturbo comporta sovente una compromissione importante del funzionamento lavorativo, sociale, o di altre aree esistenziali (a causa del tempo speso in aggiustamenti estetici allo specchio o al guardaroba e simili sintomi). Grande incremento dei disturbi da dimorfismo corporeo negli ultimi anni si è sviluppato in connessione con il ricorso e l’evoluzione tecnologica della chirurgia plastica, per i vari tipi di intervento su viso e corpo, sia in campo maschile che femminile. Eliminare quello a cui  fino al momento dell’intervento chirurgico si era attribuito il disagio, o almeno l’imbarazzo, nelle relazioni sociali, non sempre porta ad una maggior accettazione del proprio aspetto esteriore; ed infatti sono molte le persone che ricorrono di nuovo al bisturi.

I disturbi dell’immagine corporea colpiscono maggiormente le femmine, con una proporzione di 9 a 1 ed il periodo particolarmente critico è quello dell’adolescenza, seguito da gravidanza e parto. I maschi omosessuali tendono ad essere più insoddisfatti del loro corpo ed a curarlo maggiormente.

 

La non accettazione di sé e i disturbi correlati: sonno, alimentazione, sessualità

Il primo passo per la comprensione di una distorsione nel rapporto tra schema corporeo e identità parte dall’analisi della non accettazione di sé correlata ai principali disturbi dello stile di vita. La degenerazione della struttura fisica connessa al normale invecchiamento è fortemente influenzata da disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione e disturbi della sessualità.

Il sonno. Spesso le persone presentano disturbi del sonno per una crisi del rapporto tra vigilanza (allerta) e sonno. Vigilanza e sonno presuppongono diversi livelli o stati di coscienza. Il sonno si caratterizza come una quasi totale interruzione dei contatti sensoriali con l’ambiente esterno. Il tracciato elettroencefalografico della veglia ha in condizioni normali un andamento vivace e irregolare, con tanti picchi (desincronizzazione cerebrale) mentre la sincronizzazione si presenta come uno stato di riposo. Al termine di ogni ciclo di sonno (90 minuti) a onde lente, compare un processo di desincronizzazione cerebrale abbastanza simile allo stato di veglia. Questa è la fase del sonno in cui compaiono i sogni, ovvero vengono processate informazioni che provengono dall’interno della mente. La sequenza delle fasi del sonno mostra come dalla vigilanza si passa al sonno attraverso un continuum in cui l’alerting cosciente scema e si passa alla comparsa spontanea di processi mentali incontrollati. Non essendoci più contatto con l’ambiente esterno appaiono nella mente rapidi flash allucinatori ipnagogici. Ove essi abbiano una particolare intensità, il dormiente può essere preso da stupore, paura o ansia e svegliarsi di soprassalto (questo è il tipico caso di un disturbo ansioso del sonno).

Il sonno quindi si differenzia da altri stati di alterazione di coscienza come il coma o l'anestesia perchè è reversibile sulla base di uno stimolo esterno o anche interno, (ad esempio con un risveglio autoindotto per comparsa di incubi, preoccupazioni o per autocondizionamento). Quindi il soggetto può risvegliarsi dopo stimolo anche non doloroso. Spesso l’alerting fasico emergente è legato alla mancata abilità delle persone nel gestire i sogni.

Il sogno è una forma di attivazione da parte del Sistema Reticolare Ascendente, che invia impulsi nervosi che raggiungono la corteccia sotto forma di onde ponto-genicolo-occipitali e danno vita a mutevoli immagini, dati sensoriali ed emozioni. I sogni, pertanto, possono essere paragonati ad allucinazioni che sono fisiologiche nello stato ipnagogico.

L’esperienza più profonda del sonno è quella legata alle sequenze narrative, che compongono il sogno. Il sogno è, infatti, a tutti gli effetti una narrazione, più o meno comprensibile, che appare solo quando siamo lontani dallo stato di veglia.

Questo è il motivo che ci porta a combinare la dimensione del continuum veglia - sonno con la dimensione più emozionale e narrativa degli stati di coscienza. Il tessuto narrativo, infatti, si può muovere nella direzione della conferma dell’esperienza, operando così un’interpretazione ed una sintesi simbolica, oppure divenire così emozionalmente carico, da richiedere una proiezione verso l’esterno del vissuto narrativo. In questo caso è molto probabile che si associ allo stato ipnagogico, l’alerting fasico. In tal caso le emozioni prodotte dallo stato di sogno producono un’attivazione a seguito di una sorta di avvertimento che ferma il pensiero nell'anticamera del sogno.

Nel periodo di sonno REM si ha attività onirica con allucinazioni e autorappresentazioni, nei quali il soggetto ha esperienza di vissuti percettivi, assimilabili ad una forma di funzionamento psichico con desideri e impulsi disorganizzati e incomprensibili al pensiero razionale, immagini visive bizzarre e noncuranti del tempo, dell'ordine o della coerenza logica.

Nel sogno la coscienza permane, diminuisce la veglia e l’attenzione vigile, si susseguono fasi di attenzione vigile e progressiva disattenzione; ciò che viene a mancare è la vigilanza conscia sul pensiero. Quando si dorme non si perde comunque la coscienza, infatti essa perdura. Se così non fosse al risveglio non avremmo la sensazione di continuità di coscienza ovvero di essere le stesse persone che si sono addormentate il giorno prima.

Alla luce dei fenomeni neurofisiologici brevemente descritti prima possiamo comprendere alcune caratteristiche del rapporto tra coscienza e sonno.

1) I vissuti emozionali interiori hanno la caratteristica di turbare il sonno, sia impedendolo con un ansioso alerting quando ci addormentiamo, sia svegliandoci di colpo quando i sogni producono sensazioni o immagini inquietanti. Ove il materiale psichico rimosso non sia stato ben compreso o elaborato emergono prepotentemente disturbi del sonno e le persone, prive di un addestramento alla loro igiene mentale, soffrono di disturbi del sonno.

2) Solo quando una persona vive un buon rapporto con il suo sonno, per aver rielaborato particolari vissuti angosciosi, può sperimentare lo sviluppo della coscienza anche nella fase del sonno. Per comprendere questo processo basta prestare attenzione ai diversi risvegli latenti che caratterizzano il passaggio temporale da un ciclo di sonno a quello successivo. Gli adulti (e ancor più gli anziani) dormono molto meno perché hanno maggior percezione dei risvegli latenti che li conducono alla veglia specie nei cicli mattutini del sonno: alle 4 del mattino, alle 5 e mezza, alle sette, alle 8 e mezza, ecc. Ogni 90 minuti, al termine della produzione del sogno, siamo sull’orlo del risveglio, spesso ne diventiamo consapevoli per poi riaddormentarci in un altro ciclo di sonno[1].

3) Il progressivo espandersi della coscienza nel sonno conduce anche ad un importante sviluppo del tipo di sogni: dai sogni di impotenza ai sogni evoluti[2] di sviluppo delle potenzialità.

La riemersione delle negazioni avviene nei sogni e nella loro capacità di perturbare il sonno producendo espressioni facciali e posture di tipo depressivo nel cattivo dormitore con accelerazione di processi d’invecchiamento.

 

Alimentazione

Il cibo è l’elemento dinamico che sostiene l’esistenza su cui sono più attive le dislocazioni proiettive. Il latte materno non è solo un alimento ma si pone alla base dell'intelaiatura delle relazioni di appagamento e benessere individuale. Il rapporto genitore-figlio durante l'allattamento definisce e imposta l'equilibrio tra esigenze personali, auto e etero-regolazione, che costituirà la base della socializzazione primaria. Il cibo fin dalla nascita può essere gratificazione, relazione, sicurezza e poi nel tempo assumere i connotati di memoria e identità, negli anni verrà investito di un significato in relazione al modo in cui è stato ricevuto ad esempio la tenerezza della suzione o l'aggressività del mordere. Nell'adolescenza esso assume i connotati dell'emozionalità: ad esempio il rifiutarsi di magiare o di stare a tavola assume i connotati di rifiuto-ribellione nei confronti del sistema familiare. Le proiezioni sul cibo sono molteplici: può essere considerato tossico o curativo, può suscitare timori, diffidenza, fobie, può consolare, calmare eccitare, sedare, può dare dipendenza o generare rifiuto.

L'avvento dell'industrializzazione e del benessere ha fatto si che il cibo non sia più vissuto come un bisogno per la sopravvivenza e le proiezioni l'hanno trasformato in esperienza emozionale e simbolica a discapito delle proprietà nutritive facendo esplodere patologie del comportamento alimentare (DCA). Anoressia e bulimia sono note da secoli, ma, solo a metà degli anni '90, queste due patologie assumono una caratterizzazione nosografica e vengono inserite a pieno diritto tra le patologie psichiatriche dall'American Psychiatric Association. Il disturbo da episodi di iperalimentazione compulsiva (Binge eating disorder)  è l'ultimo ad essere inserito tra i DCA e stanno emergendo nuove forme di disturbi alimentari come l'ortoressia (una forma di attenzione abnorme alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche). L'ortoressico cambia a poco a poco stile di vita, oppure si isola in un proprio stile standardizzato e dettato esclusivamente da regole precise e imprescindibili, difendendosi da chi non comprenda le sue scelte, non condivida in pieno le sue idee e in genere lo irrida o lo contraddica; vive in uno stato di ansia che "supera" con la convinzione che le sue scelte siano una spiccata incapacità di trovare piacere, nel cibo in particolare, e spesso anche nella sfera sessuale. Compito e sfida del counseling antiaging è quello di individuare e prevenire i comportamenti alimentari border-line che possono sia influire sullo stato di salute del paziente che predisporlo all'insorgenza di un vero e proprio DCA. I risultati di una ricerca condotta dal nostro gruppo di lavoro su un campione di volontari ha evidenziato come  il rapporto con i cibi sia legato alle emozioni, alla storia, alle abitudine e alle tradizioni funzionali alla tipologia psicologica del soggetto e non più guidato dall’ intuitive eating .

Sembrerebbe che le persone con comportamenti e tratti di personalità semplici abbiano un rapporto più immediato con il cibo mentre i tipi più complessi mostrano una particolare difficoltà nel rapportarsi con gli alimenti. Inoltre le strutture di personalità non complesse hanno un rapporto preferenziale con i cibi semplici

Questa distinzione è tutt'altro che intuitiva poiché i cibi normalmente consumati sono composti da un minimo di 8-10 ingredienti ad un massimo di 60 e sono prodotti da processi alimentari multipli molto numerosi (anche una ventina).

Questo dato indica un’importante possibile novità: il rapporto con i cibi non è più un processo naturale, ma è reso complesso nelle persone che hanno maggior complessità. In aggiunta mangiare troppo crea una forma di dipendenza simile a quella da fumo, alcol, droghe. Si tratta di una compulsiva ricerca del piacere guidata da un eccessivo funzionamento di una regione del cervello (quella della ricompensa basata sul neurotrasmettitore dopamina) e non adeguatamente controllata dai freni inibitori, come hanno spiegato le ultime ricerche di. Johnson PM e Kenny PJ. In condizioni normali, la dopamina (rilasciata in particolare in aree come il nucleo accumbens e corteccia prefrontale) ha un ruolo da protagonista nella motivazione e nella ricompensa, poiché aumenta prima e durante un’attività piacevole spingendo le persone a ripetere quell’attività, di solito fondamentale per la sopravvivenza della specie.
I percorsi dopaminergici collegano il sistema limbico, che si occupa delle emozioni, con l’ippocampo, che invece è responsabile della memoria. In questo modo, le attività piacevoli sono collegate a ricordi intensi e allettanti. Il problema insorge quando il ricordo e il desiderio di ripetere l’attività piacevole prendono il sopravvento sulla vita di una persona. La dopamina sale oltre i limiti, rompendo i freni inibitori: la funzionalità dei lobi frontali, responsabili del controllo e della forza di volontà, è ridotta in chi soffre di dipendenza. Il meccanismo è simile in tutte le forme di dipendenza e abuso, anche per chi mangia senza riuscire a fermarsi.  Il counseling alimentare ha come obiettivo quello di rieducare il paziente all' intuitive eating cioè al meccanismo spontaneo e innato, che tutti possiedono, di regolazione del comportamento alimentare (Schwarts 1996). Gli individui che si alimentano in base a questo principio, tendono a mantenere un peso corporeo adeguato per la loro struttura fisica in quanto sono in maggiore sintonia con le necessità del loro corpo. L'intuitive eating (Carper at al 2000) si basa principalmente su quattro cardini:

 -capacità di riconoscere quando si ha fame e quando si è sazi

- permesso incondizionato di mangiare ciò che si desidera quando si è affamati

-mangiare per ragioni fisiche piuttosto che emotive

-basarsi sui segnali interni di fame e sazietà per stabilire quando e quanto mangiare

Precoce invecchiamento ed inestetismi sono connessi alla mancata educazione a riconoscere il gusto e il sapore dei cibi semplici e all’eccesso di complessità degli ingredienti e dei processi di trasformazione in cibi “appetitosi”(fast foodjunk food)  che inducono dipendenza.

 

La sessualità

La sessualità è il luogo delle scissioni e delle associazioni mentali. Il corpo attraversato dalle pulsioni si trasforma esteticamente proponendosi come oggetto della fusione con l’altro. I disturbi della sessualità dipendono dalla disarticolazione della fisiologia sessuale rispetto al suo naturale processo. L’esercizio della sessualità si esplica attraverso:

Atto sessuale, il cui significato è la soddisfazione unilaterale mediante autoerotismo e masturbazione, concessione volontaria dell’altro per la soddisfazione propria, mercenarismo e prostituzione a pagamento, sogni erotici, stupro.[3]

Rapporto sessuale: soddisfazione occasionale di entrambi senza compromissione e senza impegno. Il rapporto sessuale è dunque vissuto come occasione e ragione di incontro tra maschio e femmina. E' la femmina che lo determina perché è l'arbitro del sesso. Il rapporto sessuale senza empatizzazione del vissuto altrui è una situazione contingente che può scivolare nel sadismo, nell’inquinamento anche perverso e nell’orgasmo di morte. La sola dimensione biologica del sesso non è possibile nell'uomo perché le componenti affettive del rapporto non possono essere depotenziate in ragione dei livelli evolutivi nell’umano.

Rapporto amoroso: nell’attuale evoluzione dell’essere umano solo il rapporto amoroso può essere considerato il luogo dell'autentico godere. Il sentimento d’amore che contraddistingue il rapporto amoroso è determinato dal fatto che il sentimento d’amore implica il "dare il meglio di sé".

L’atto sessuale e il rapporto sessuale possono avvenire all’interno del rapporto amoroso con queste connotazioni:

1) senza eccitazione ma in presenza di rapporto amoroso ha senso anche la concessione volontaria all’altro e la sperimentazione del piacere come feed back

2) se in entrambi esiste il desiderio c’è un feed back permanente e si realizza l’erotismo giacché l’affettività e il piacere entrano in sinergia.

3) Nel rapporto amoroso non c’è occasionalità ma sviluppo e possibilità del godere in progressione. Ciò dipende dal fatto che per il maschio la maggior intensità emozionale è prima del rapporto, per la femmina è dopo. Il rapporto amoroso tende a far sì che il dopo dell’una si prolunghi fino a diventare il prima dell’altro.

4) Il tempo e la durata dell’attrazione non sono eterni, anche se l’investimento nel rapporto richiede una sicura restituzione da parte dell’altro. La durata fisiologica di ogni ciclo di rapporto amoroso varia a seconda delle affinità[4] relazionali tra i partner da un minimo di alcuni rapporti sessuali a numerose decine[5].

E’ sovente attribuito un gran valore ai processi visivi che veicolano eccitazione estetica per ribaltare la scarsa soddisfazione nella vita sessuale. Tali lamentele colpevolizzano il partner riguardo all’intensità dei rapporti (per le donne) e alla frequenza (per gli uomini).

Una vita sessuale appagante è invece frutto del rinnovato riconoscimento nel tempo delle affinità fisiognomiche e posturali del partner ovvero di quei tratti e di quelle forme che hanno acceso il rapporto amoroso. Le modificazioni estetiche omologate sulla base delle mode hanno spesso solo la funzione di corroborante per il narcisismo o per l’eccitazione proiettiva temporanea, ma non per la riproposizione dei cicli di rapporto amoroso.

Infatti il fallimento e la delusione sono processi di scissione conseguenti a fallite associazioni fusionali con l’altro e conducono alla caduta del sé ideale, al logoramento interiore ed al logoramento fisico, spesso contenuto poi attraverso la ricerca di modificazione corporee che trasformino l’identità somatica della persona.

Tanto più elevata è l’illusione tanto più profonda è la delusione, sia nell’investimento del rapporto che nella modificazione corporea richiesta.

L’osservazione dei disturbi nella sfera della sessualità (impotenza, eiaculazione precoce o ritardata, vaginismo, anorgasmia) può spiegare i fenomeni di precoce invecchiamento per incapacità di costruire una sessualità “inesigente” (termine introdotto da Kaplan come base per le terapie dei disturbi sessuali) che tenga conto delle differenze tra i due sessi. La sincronizzazione degli emisferi richiede l’abbassamento delle aspettative eccitatorie e la creazione di una situazione inesigente. Il corpo del partner non avrà più bisogno di essere un oggetto pulsionale, con le caratteristiche estetiche stimolanti le proiezioni, ma sarà accettato nella sua naturale armonia.

 

Un modello attuale di fisiognomica

Il compito di una nuova scienza fisiognomica è quello di individuare i tratti e le componenti espressive del volto e del corpo che restituiscono e conservano l’armonia psicofisica della persona al fine di rinforzarne l’identità e dare un progressivo compimento alla forma estetica trasmutante  nel corso della vita. La bellezza delle età non è frutto di un generico e generale ringiovanimento ma di un lavoro mirato ad impedire i dismorfismi causati da copioni di comportamento, cattive abitudini e divaricazione dalla realizzazione delle personale identità psicofisica.

L’osservazione dell’immagine del paziente può consentire al clinico di individuare le zone maggiormente critiche su cui hanno inciso i processi d’invecchiamento.

Nell’incontro con le persone siamo sempre di fronte ad un doppio livello di intuizione e percezione, che collega tratti ricorrenti depositati in memoria inconscia con i processi empatici di coglimento del vissuto della persona.

I criteri tradizionali della fisiognomica nella percezione del viso si articolano nella lettura orizzontale: area frontale (in alto dall'attaccatura dei capelli fino alle sopracciglia), in essa si localizza solitamente l’espressione della paura, della preoccupazione, dell’ansia dello stupore e più in generale corrisponde alle forme di controllo del sé e tutta l’area della riflessività e della cognizione; area mediana (occhi e naso, area mascellare e guance) corrisponde all’emozionalità (pigmentazione, arrossamento, taglio degli occhi…); area orale (bocca, mento, parte inferiore mascella, mandibola e prima parte del collo) sono infine connessa all’attivazione dinamica (rughe della bocca, posizione della mandibola). Una fronte corrucciata denota dunque concentrazione interna, se è connessa ad una mandibola serrata ed a sopracciglia tese la persona sta vivendo un momento di rabbia. Conseguentemente, in una logica diacronica d’indagine sulla personalità, sarà frequente notare mascelle forti e definite in questa tipologia. Nella lettura verticale si osserva la relazione tra le due parti del volto le cui espressioni spiegano i conflitti interni nella persona ed i diversi gradi di disarmonia che la caratterizzano.

Il principale modello di riferimento per la lettura psicologica delle espressioni facciali è quello di P. Ekman che ha raccolto una grande quantità di dati sul movimento rapido dei muscoli facciali, scoprendone la straordinaria complessità che può far si che sul volto, nel giro di pochi secondi, possano comparire delle ‘microemozioni’ che la maggior parte degli osservatori non riescono nemmeno a cogliere, data la durata molto breve della loro apparizione. 

Le espressioni del volto sono complesse e ambigue in quanto provengono da un sistema duplice, volontario e involontario, capace di mentire (mediante dissimulazione o attiva falsificazione) e di dire la verità, spesso contemporaneamente. Le espressioni autentiche sono quelle in cui il movimento dei muscoli facciali è automatico, quelle false compaiono attraverso il controllo volontario che consente di inibire la mimica autentica e assumere al suo posto un'espressione non realmente sentita.

Le tipologie di Paul Ekman riferite alle emozioni di base, descrivono le espressioni facciali universali delle emozioni e sono alla base dell’analisi dei copioni e cioè della modificazione dei tratti del volto e del corpo a seguito della stabilizzazione di un tratto emozionale in una configurazione umorale stabile.

La tabella precedente ripropone le emozioni di base di Ekman rilette attraverso la configurazione degli idealtipi di Prepos (Masini V, 2009) mentre quella successiva mostra i tratti fisiognomici stabilizzati dal permanere di un umore. I termini linguistici con cui sono descritti gli idealtipi nel modello di Prepos hanno la funzione di proteggere da etichettature diagnostiche.

 

 

 

La Postura e la struttura corporea[6]

Il busto, le spalle, le gambe, lo sviluppo muscolare (per tipologia dei muscoli e per aree di sviluppo) l’andatura (dinamismo) è tutti aspetti che rimandano agli atteggiamenti interni. Le spalle, la regione del busto, del torace e del dorso fino alle cosce comprese ed al bacino sono zone significative per individuare i tratti degli avari e dei ruminanti. Spalle aperte, cariche e dense, con dorsali e trapezio solitamente sviluppati nei ruminanti e busto solido e compatto. Più impettiti ma comunque solidi gli avari, militareschi nei loro movimenti rigidi e contratti.

Toraci invece incassati e spalle magre e quadrate, tendenze alla cifosi e braccia ossute sono invece ricorrenti nei deliranti e negli invisibili, quest'ultimi a differenza dei primi hanno di solito gambe robuste e solide. Per gli apatici è ricorrente una leggera lordosi, muscolatura scarsa e morbida, con gambe però solide. Atletici e armonici gli emozionali  e gli adesivi, più sviluppati però negli arti che nel busto e nel torace o nel bacino i primi, più centrati sull’addome e sul bacino i secondi, di solito in leggero sovrappeso.

La bioenergetica di A. Lowen propone  una profonda correlazione tra struttura somatica e struttura psichica. “La bioenergetica si basa sulla semplice proposizione che ogni persona è il proprio corpo… La mente, lo spirito e l’anima sono aspetti del corpo vivente. Un corpo morto non ha mente, ha perduto lo spirito ed è stato abbandonato dall’anima” (1 – pag. 44).

Nelle osservazioni di Lowen è possibile rintracciare lo stesso processo di fissazione che si individua nei volti. Le principali tipologie sono:

 

1. L’appeso. Spalle sollevate, petto che si gonfia e respira con affanno, capo portato avanti come per affrontare una minaccia, avanzamento con passi leggero, sollevato da terra, piedi rigidi e freddi al tatto, occhi sgranati (aperti), collo incassato e corto, pancia in dentro, pelvi inclinata in avanti, contratta. Gli individui con questa fissità hanno una profonda tristezza e l’ansia di stare in piedi da soli per questo tendono ad aggrapparsi ad un rapporto.

2. Il giogo. E’ visibilmente compresso e schiacciato da un peso, leggermente incurvato in avanti e muscolarmente contratto, come se davvero trascinasse un aratro. Il volto è solitamente contratto e crucciato al contempo sottomesso ed accomodante verso la sua oppressione. Il bacino è rigido e contratto.

3. Il capestro. La struttura assomiglia a quella di un impiccato, il capo pende di lato come se la connessione con il resto del corpo fosse interrotta. La bipolarità tra le basi di controllo e di attivazione ne fa un modello complesso e di non  chiara esplicazione, quasi riconducibile a modelli di personalità patologici (personalità schizoidi e borderline).

4. Il sinuoso. Seduttivo e narcisista, è armonico ed elegante nei movimenti, apparentemente passivo ma in realtà intenzionale ed opportunista. Ha una postura abbastanza corretta ed una muscolatura equilibrata, longilinea e sviluppata omogeneamente, con le spalle aperte e il collo eretto e fiero. I piedi leggeri e quasi sollevati da terra in punta di piedi, come un ballerino.

5. La mollica. Muscolarmente scarico, il bacino è buttato in avanti e le spalle sono aperte. Le gambe ben sviluppate ed i movimenti sono lenti e controllati. E’ affettivamente avvolgente tanto spesso da essere manipolante ed invischiante, anche se passivo. Dà la sensazione di essere proteso verso il basso e legato a dei fili impiastricciati.

6. La gobba. Una massa di tessuto che si accumula appena sotto la settima vertebra, all’articolazione fra colonna cervicale, dorsale e spalle. In quel punto scorrerebbero i sentimenti di collera diretti fuori, verso le braccia e in alto nella testa. (Negli animali la collera si manifesta nel rizzarsi del pelo lungo la spina dorsale e nell’arcuarsi della schiena). “Ritengo che implichi un conflitto tra atteggiamento di sottomissione e violenti sentimenti di rabbia per la frustrazione sessuale” (1 - 167).

7. Il piedistallo. La persona è sollevata da terra e presenta gambe strutturate e immobili che servono di base alla parte superiore del corpo. “I catatonici assumo pose statuarie” (1 – 208). Chi assume tale posizione “non ha paura di cadere, dunque non ha nemmeno paura di mollare. Quando la pressione diventa insopportabile abbandona la situazione. Lascia che crolli il rapporto prima che sia il suo corpo a crollare…. (chi sta in piedi con le ginocchia rigide) è molto insicuro ed ha bisogno di una base rigida”.

 

Tali tipologie corrispondono a 7 caratteri: il fallico-narcisistico, lo psicopatico, lo schizofrenico, il carattere isterico, lo schizoide, il passivo-femminile, il masochista e il carattere orale.

 

Le prime tecniche di counseling relazionale nella medicina antiaging

Al di là della più che legittima volontà di rallentare l’invecchiamento o migliorare il proprio aspetto o il proprio look, ciò che conta è rendere il medico consapevole del fatto che la richiesta di modificare l’immagine può nascondere problemi psicologici di risentimento autoaggressivo e/o  autodistruttivo, una volontà di negazione della propria identità o una confusione interiore che ha fatto perdere il contatto con se stessi.

In tali casi la modificazione dell’immagine può essere pericolosa ed occorre sostenere psicologicamente ed orientare costruttivamente il paziente verso le correzioni a lui più adeguate.

Compito del counseling antiaging, è quello, non solo di insegnare a “conoscere” e “accettare” le strutture fisiche ereditate, per proteggerle e gestirle secondo regole d’igiene di vita (alimentare, fisica, psicologica e comportamentale, cosmetologia) ma di armonizzare la corrispondenza tra struttura corporea e maturazione psicologica ed esistenziale della persona. Ciò vale sia per i giovani che richiedono insensate modificazioni dell’aspetto corporeo sia per gli anziani che non accettano di invecchiare.

Rispetto al mondo giovanile può essere utile l’osservazione degli interventi corporei che i giovani hanno già compiuto su di sé (tatuaggi, piercing, ecc.) che sono indubitabili tracce di una ricerca di modificazione estetica spesso non ben meditate.

Rispetto al mondo degli adulti, o anziani, occorre tener presente che la “memoria corporea” è una traccia più stabile dell’identità psicologica e spirituale della persona. Rughe, solchi della pelle, struttura muscolare, postura e andatura non sono necessariamente frutto di un “programma” genetico ma possono anche segnare la strada percorsa (in questo senso anche cicatrici e altri segni apparentemente contingenziali hanno significati rilevanti soprattutto se analizzati in una prospettiva diacronica). Esse connotano l’esteriorità e rendono più accessibili le valenze interiori. Spesso la paura di invecchiare è legata a disarmonia nello sviluppo della propria personalità ed al permanere invariato di problemi psicologici insoluti di tipo famigliare (contrasti, conti in sospeso, obblighi, sensi di colpa) o relazionale (mancate realizzazioni professionali, insuccessi, perdite di ruolo) oppure esistenziale (mancato accertamento della propria identità, culto giornalistico, confusione interiore). Dal punto di vista teorico è difficile tracciare un confine o una regola, è però possibile valutare la condizione psicologica del paziente e investigare la sua richiesta tenendo presente che esistono antidoti psicologici alla non accettazione del sé ed alla non accettazione dell’invecchiamento.

Le due forme di non accettazione possono essere prodotte da ridotta realizzazione personale o da proiezioni non realizzate. In tal caso si può far pensare a quello che penserebbero amici e colleghi del proprio cambiamento, costruendo un dialogo motivazionale per stimolare altri tipi di azioni di continuo miglioramento. Un secondo campo di non accettazione è quello dovuto all’esaurimento emotivo con caduta di senso della vita e rifiuto di se stessi. In tali casi il paziente ha bisogno di entrare in contatto relazionale profondo con interlocutori capaci di comprendere e condividere la propria personale esperienza di vita e dare maggior struttura alla propria personalità. Piuttosto che cambiare immagine egli ha bisogno di cambiare i suoi riferimenti sociali ed esistenziali.

Un terzo campo, sempre seguendo la logica precedente, è quello dei problemi di depersonalizzazione. In questo caso può essere utile aiutare l’incontro con la struttura dell’identità profonda del paziente invitandolo a concentrarsi di più sulla sua storia personale, a scrivere la sua autobiografia o a  contattare vecchi amici per riprendere contatto con sogni ed ideali dimenticati.

Il medico che si occupa di antiaging può tener presente che laddove il paziente presenti forti processi proiettivi (rabbia ed ansia anche generalizzata) egli deve essere ascoltato ed indotto a spegnere la sua tensione interna attraverso la comprensione del medico. La frase più chiara in tali casi è ““Io la capisco!”

Laddove la richiesta di modificazione scaturisca da processi di negazione o rimozione (chiusura in se stesso, rassegnazione eccessiva, pallore da panico) il paziente deve essere consolato mediante narrazioni. Se si compara la sua storia a quella di qualcun altro che ha risolto i suoi problemi in altro modo il paziente può essere consolato e ridecidersi rispetto alla scelta.

Nel caso di forte confusione interiore esito di scissioni, il paziente deve essere aiutato a riprendere contatto con se stesso. In tal caso il medico deve far ricorso a riflessioni che lo riportano alla sua storia: “Lei è una persona che… si ricorda quando…”

La comprensione della storia del paziente è indispensabile per l’orientamento verso scelte estetiche o di stile di vita specialmente di fronte ad interventi chirurgici che hanno l’obbligo di ottenere il risultato atteso. Le tecniche di counseling sono indispensabili sia per la chirurgia estetica che per il training dell’invecchiamento di successo. Esse riguardano il rapporto tra immagine corporea e struttura di personalità in senso sincronico (la corrispondenza dell’immagine con i meccanismi di proiezione del sé delle persone) e diacronico (la corrispondenza della struttura corporea alla maturazione psicologica ed esistenziale della persona).

Ogni persona presenta un mix di caratteristiche di negazioni, scissioni o proiezioni che possono essere riconosciute nelle forme che presentano, giacché si costituiscono nei tipi prima descritti (le scissioni o le iperassociazioni sono tipiche dell’avaro, le proiezioni del ruminante, l’intererazione tra scissioni e proiezioni nel delirante, le negazioni nell’emozionale, tutte e tre le componenti bloccano l’apatico, la scissione e la negazione inibiscono l’invisibile e la proiezione e la negazione rendono dipendente dagli altri l’adesivo).

L’individuazione dei bisogni profondi del paziente, le tecniche di counseling possono indirizzare il paziente verso idonei interventi correttivi estetici con il fine di favorire il suo spostamento emotivo verso una maggiore armonia con se stesso accompagnando il suo equilibrio interiore con l’equilibrio estetico.

 

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[1] Un buon addestramento al mantenimento della coscienza anche nel sonno può proprio avvenire in questi stati crepuscolari che consentono la manipolazione dei sogni.

[2] A) I sogni di impotenza caratterizzano le prime fasi dell’esperienza della coscienza latente del sognare. Sono sogni in cui si cerca di scappare ma i piedi non si muovono da terra, si cerca di dare un pugno ma le mani non hanno forza, si cerca di proteggersi ma le difese o i nascondigli non reggono, ecc. Questi sono in genere i primi sogni, tipici dell’infanzia, di cui si ha ricordo.

B) I sogni fobici. Il più comune è quello di cadere da grandi altezze, oppure di ritrovarsi nudi in mezzo alla gente oppure sono animati da presenze inquietanti. Sono sogni che hanno a che fare con un senso di insufficienza del proprio Io. Compaiono nell’adolescenza ed a volte permangono per l’intera vita se non vengono trattati inserendo in essi qualche simbolo del senso di realtà.

C) Uno tra i primi sogni di potenza che compare nel vissuto onirico sano è quello di volare. Nei sogni di potenza il senso del tempo si stabilizza e diventa possibile raccontare i sogni con  logica temporale.

D) I sogni più evoluti e maturi sono quelli funzionali agli obiettivi concreti della vita. Se il livello di coscienza mantiene una certa densità nel corso del sogno è possibile utilizzarlo per sviluppare capacità mentali e di apprendimento (predisporsi a certe attività, imparare una lingua straniera, ecc.).

E) Sognare le persone defunte rappresenta uno stadio evoluto del sognare poiché presenta allucinazioni visive ed uditive estremamente forti e vivide. Tali sogni corrispondono ad uno stadio di buona organizzazione degli immaginari che contrastano l’angoscia di morte.

 

[3] 1. autoerotismo e masturbazione. L’autoerotismo è una pratica spontanea di contatto con se stessi senza i processi eccitatori proiettivi tipici della masturbazione (che può diventare patologica e compulsiva).

2. Concessione volontaria dell’altro per la soddisfazione propria. Implica una mancata percezione del vissuto dell’altro che si concede fino alla assenza di comprensione della non partecipazione dell’altro al rapporto. Implica una sessualità egocentrica e infantile per eccesso di appagamento narcisistico nell’atto sessuale.

3. Mercenarismo e prostituzione a pagamento. La prostituzione è un atto sessuale qualsiasi, esercitato dietro un compenso anche non pecuniario. Può essere femminile, maschile, transessuale, offerta dal servizio di assistenti sessuali  per i disabili o connessa con attività di accompagnamento (escort) o di massaggio o di eccitazione mediante spogliarelli. Le motivazioni che sottintende sono: la necessità di cambiare occasionalmente il partner per aumentare un desiderio sessuale calante in ragione della saturazione ferormonale prodotta dalla fedeltà sessuale e il rituale di scarico del senso di colpa attraverso l’esborso di denaro.

4. Sogni erotici. L’attività onirica connessa all’erotismo produce fantasie erotiche in situazioni di stress o per assenza o per ripetitività dei rapporti. Sogni e fantasie erotiche riguardano immaginari narcisistici diversi per il maschio e per la femmina. I maschi hanno sogni più genitalizzanti, le femmine sognano di essere intensamente desiderate.

5. Stupro nelle sue complesse realizzazioni metagiuridiche ovvero come atto sessuale esercitato mediante dominanza non richiesta sull’altro. Si può considerare stupro ogni tipo di attività sessuale forzata, anche non ottenuta mediante esplicito esercizio di violenza fisica.

Queste cinque tipologie di atto sessuale avvengono laddove non si realizzi empatizzazione reciproca dei vissuti, siano essi solitari (nella masturbazione o nei sogni erotici) oppure relazionali. Spesso il rapporto sessuale non è altro che la somma di due atti sessuali.

[4] L’affinità è biologica, psicologica ed esistenziale (sentimenti e valori, sensibilità e apertura empatica al vissuto dell'altro). Tutte le dimensioni delle affinità possono essere esplorate. Quella biologica ha a che fare con la scelta (in genere operata dalla femmina) del partner i cui geni migliorano la specie; tale scelta ha un riscontro psicologico nel processo di infatuazione. Quella psicologica riguarda la affidabilità e la sicurezza nella gestione e nella durata sia del rapporto che della difesa della prole prodotta dal rapporto. Quella esistenziale riguarda la sintonia profonda tra i partner che non ha però intensità pulsionale superiore alle due precedenti che sono quelle maggiormente determinanti la realizzazione del rapporto.

[5] L’attività sessuale sarebbe più sostenuta nei primi due anni di vita della coppia (con una media di 13 rapporti al mese) per poi stabilizzarsi intorno ai nove rapporti mensili a partire dai cinque anni di relazione. Tali medie variano in funzione del ciclo di vita della coppia: convivenza,matrimonio, nascita dei figli, educazione dei figli, ecc. strutturano la coppia indipendentemente dall’esercizio della sessualità. La ricomprensione dei bisogni sessuali del partner può avvenire solo se la coppia è cosciente del ciclo libidico che sta vivendo e comprende l’andamento ondulatorio delle diverse fasi di avvicinamento ed allontanamento sessuale. Senza prendere in considerazione tali cicli ed il loro allentamento specie nella vita della coppia anziana la crisi sessuale e della relazione amorosa è inevitabile.

[6] La storia della fisionomica offre molteplici contributi dalle tipologie di  Kretschmer (tipo Astenico - detto anche leptosomico - con struttura corporea delicata, longilinea; tipo Picnico con forme rotonde, ampio  addome, media statura, collo corto, associabile al ciclotimico; tipo Atletico con equilibrate proporzioni fra tronco e arti, spalle larghe e buona muscolatura), al lavoro di Sheldon (da i foglietti embrionali dell'endoderma, dell'ectoderma, del mesoderma, originano le strutture dei tipi endomorfico, ectomorfico e mesomorfico) fino agli studi di .Nicola Pende (1880 – 1970), di Achille De Giovanni (1838- 1916) e Giacinto Viola (1870-1943) che propongono quattro biotipi: longilineo tonico-stenico, longilineo atonico-astenico, brevilineo tonico-stenico, brevilineo atonico-astenico. Martiny (1910) distingue quattro tipi embriologici: endoblastico, mesoblastico, cordoblastico, ectoblastico, che si agganciano alla antica tipologia di Ippocrate (460-370 a.C.), del Linfatico, Sanguigno, Nervoso/ Melanconico e Bilioso a cui anche i più recenti studiosi di fisiognomica  (Bichat , Jean Noel Halle, Claude Sigaud F. Thomas, L. Rostan, Mac Auliffe e Thooris, Corman, Barke, Burgsch, Saltikow, Nicolaeff,  Ignatoff) fanno costante riferimento.

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