tesi Crmela Mantegna

Nella presentazione dell’11° Convegno di Prevenire è possibile svoltosi a Grosseto nel Febbraio del 2004 sul tema Gli strumenti del Counseling ,troviamo una interessante definizione di Counseling che aiuta a sviluppare le ulteriori riflessioni sull’argomento che ho deciso di trattare.

“La traduzione di COUNSELING è letteralmente consulenza. COUNSELING è molto di più, significa ascoltare, supportare,sostenere, orientare,significa educazione di sé e degli altri, crescita di consapevolezza,…

“Lo scopo del convegno è quello di raccogliere le esperienze e i processi di lavoro del counselor nelle diverse situazioni di attività in cui svolge il suo compito ……: ascolto, orientamento, empatia, motivazione, percorso, analisi, emancipazione, intuizione, potenziamento e sostegno.

Se chiedi consigli la gente ti dice ciò che vuoi sentirti dire, un counselor ti dice probabilmente il contrario, e cioè: ciò che hai bisogno che ti venga detto. COUNSELING significa uscire dalla banalità che porta a dimenticare che ogni incontro con un uomo è diverso, anche se è uguale. E ti spinge ad esplorare qualcosa che è in lui ed è in te, con una parte che si dischiude a te con una sua originale novità. Scomoda perché ti forza verso altre aperture. Per dare consigli giusti bisogna innamorarsi almeno un po’: di quella parte ignota nell’altro”.

Volutamente ho scritto in grassetto alcune affermazioni della citazione che vengono ulteriormente esplicitate nel Dizionario essenziale di counseling[1]dove al lemma Counseling si legge:”Relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente,si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente(prendere decisioni,migliorare relazioni,sviluppare la consapevolezza,gestire emozioni e sentimenti,superare conflitti).

Se io dovessi tradurre in francese il termine Counselor, il soggetto che fa counseling, lo renderei con écouteur d’âmes,ovvero colui che si pone in ascolto della sua anima e delle anime dei suoi clienti,perché non è possibile innamorarsi della propria parte ignota,della parte ignota dell’altro,non è possibile realizzare i propri desideri ne’le finalità desiderate dai clienti se non si pone l’orecchio interiore in ascolto della propria anima e dell’anima dell’altro. Si tratta di diventare dei soggetti ob audientes,ubbidienti ad un messaggio intercettato dalle viscere di una misericordia che è piantata nel cuore dell’uomo ,il cuore che è il centro della vita,la memoria di ogni relazione,di ogni dialogo,di ogni ascolto.

Ciò che è ignoto non si svela ,non toglie il velo del suo segreto se non nasce un innamoramento nel profondo,se non si impara a riconoscere e a gustare il sapore di sé e il sapore dell’altro e da quel sapore partire per inventare nuovi innesti di sapori che non cancellano quello originario ,ma lo aprono a fragranze inesplorate.

“L’anima”- afferma Bousquet,”è analoga alla mano:come la mano è strumento di strumenti”[2].

Ma che cos’è la parte ignota se non l’ombra,quella zona inesplorata che chiede di essere ri--conosciuta? “…la parte più oscura del nostro essere,l’aspetto notturno della nostra personalità,che solo la carica dirompente delle emozioni può farci conoscere”[3],ciò che il poeta francese Joë Bousquet definisce come il sole sotterraneo,la luce che rimane nascosta dietro quel muro di oscurità che noi stessi abbiamo alzato ,quella luce che cerca una breccia possibile attraverso quel muro per poter uscire.

Innamorarsi della propria parte ignota è imparare a riconoscere quella corda invisibile che ci impedisce di scavare quella breccia per liberare la propria luce,per sentire il sapore della propria luce,liberarsi per aiutare,poi,gli altri a liberarsi:l’écouteur d’âmes,il counselor lavora su se stesso prima di poter lavorare sugli altri,prima di poter offrire counseling come diaconia alla persona.

Ed è un lavoro di riconoscimento di se stesso,innanzitutto,è un situarsi nel mondo in modo consapevole.”L’atto di fede in se stessi –scrive A. Carotenuto (op. cit. p. 127)è un salto di qualità formidabile,che presuppone la capacità di riconoscere che ognuno ha bisogno soprattutto di se stesso,che ognuno è la prima persona in grado di aiutarsi. E’ un passaggio psicologico molto importante per l’acquisizione di un’autonomia personale”. Il counselor deve imparare ad educarsi e ad educare aprendo cammini di libertà nella convinzione che la libertà è il trasversale assoluto in ogni percorso di maturità e di crescita.

“Essere counselor- scrive la psicologa Emanuela Mazzoni- significa anche questo; entrare in contatto con una persona tanto velocemente quanto intensamente, accendere una discussione importante, confrontarsi e poi lasciare che la persona faccia la sua scelta e trovi in se stessa le risorse per metterla a regime. Non risolvere il problema, ma insegnare a farlo, in poco tempo, con grande precisione. Evitando di condizionare esercitando pressioni reiterate nel tempo (come nella propaganda e nella pubblicità, o come insegnano le tecniche di condizionamento mentale) ma solamente offrendo una visione alternativa.”

Quando si inizia un percorso di innamoramento della parte ignota,quando si cominciano ad attraversare i sotterranei dell’anima,sembra che gli strumenti per imparare a farsi strada,ad aprirsi nuovi valichi si propongano da soli. E’ camminando che s’apre cammino- direbbe De Paoli. Ultimamente storie raccolte qua e là,autentiche perle di saggezza si stanno raccontando a me e io le sto mangiando imparando a riconoscere il sapore dei loro insegnamenti e apprendendo anche un nuovo modo di fare counseling attraverso la narrazione.

Voglio raccontare a quelle parti ignote di me stessa la storia della corda invisibile.[4]

Il counselor che sta nascendo in me mi e-duca a non burlarmi dell’asino di questa storia.

Non siamo anche noi schiavi delle nostre abitudini,o peggio ancora,schiavi delle nostre abitudini mentali? Domandiamoci quale corda invisibile ci impedisce di progredire ,di innamorarci della nostra parte ignota,di liberarla,di orientarla,di renderla autonoma.[5]

“Operare una scelta consapevole –sottolinea E.Mazzoni nell’articolo Essere counselor(vedi sito www.http:Prepos.it)- significa essere liberi dai condizionamenti. Il counselor interviene per recidere i condizionamenti che sono alcune amicizie troppo forti, giudizi stereotipati, bisogni affettivi che impastoiano la propria possibilità di vedere senza “prosciutto sugli occhi”. Il counselor con delicatezza scosta il prosciutto dagli occhi, per vedere cosa c’è oltre, poi discute di quello che si vede.

In psicologia del cambiamento si passa da una fase di immobilità, ad una di reperimento delle risorse, a quella di attivazione delle energie, infine alla presa decisionale.

Per innescare tale processo ed arrivare alla decisione c’è bisogno dell’innesco, come la dinamite ha bisogno del fiammifero. Diciamo che il counselor fa il fiammifero, cercando di fare luce sopra l’apparente confusione, aumenta la consapevolezza e poi scompare per lasciare libera la persona. Perché la crescita si stabilizzi e l’appreso diventi stabile risorsa della persona, c’è infatti bisogno che essa stessa metta in gioco qualcosa di sé .”

“La capacità di svincolarsi da legami soffocanti –chiarisce Carotenuto (op. cit. pag. 128)…nasce dalla presa di coscienza di esistere in prima persona,di essere individualmente titolare di diritti,di doveri e di potenzialità creative”.

In questo senso,il counselor non può diventare ,deve fare in modo di non diventarlo ,un’altra corda invisibile per i suoi clienti,non deve creare dipendenze di nessun genere ,ma la sua diaconia deve essere una diaconia di liberazione per se stesso e per gli altri. Egli deve imparare ad individuare i nodi invisibili che legano dentro e liberare il sapore particolare,irripetibile che ogni uomo porta in sé.

la sua prepotenza sfida la notte l’inerzia l’immobilità la monotonia dell’attesa

“Ciascun uomo – scrive lo Psicoterapeuta Vincenzo Masini - manifesta una particolare esperienza nel vivere emozioni e sentimenti,ma in tutti c’è tutto. Ciascuno vive tutte le diverse emozioni ma,per ciascuno,assumono un particolare risvolto .a seconda dello specifico vissuto che sta alla radice del suo modo di essere”[6]

Mi piace soffermarmi sull’espressione del Dottor Masini in tutti c’è tutto perché vi leggo tutte le potenzialità,le possibilità e le risorse che ogni individuo racchiude in sé . Quel tutto apre ai cambiamenti ,alle varie tappe della vita,ai ribaltamenti delle prospettive che spesso sono logorate dalla monotonia del déjà vu e del déjà fait .

C’è ancora tanto da vedere,invece,e tanto da fare per tutti,cioè per ciascuno :me inclusa.

“Sto uscendo soffertamente dal bozzolo,ma non ho ancora ali abbastanza agili per spiccare alti voli.

Non è facile raccontarsi. E’ come raccogliere il sudore dell’anima. Non è facile ricostruirsi,ristrutturarsi per non dimenticare ciò che eravamo,ciò che siamo ora,nell’incertezza di ciò che potremo diventare.(Vite nella vita).

“La capacità di guardare avanti - scrive Carotenuto – è direttamente legata alla capacità di svincolarsi dal passato”[7].

Quel passato,rivisitando ora Vite ,la mia autobiografia,è come la corda invisibile che ha tenuto insieme ogni momento del mio percorso esistenziale impedendo allo sguardo di vedere nel bozzolo la farfalla che avrebbe spiccato il volo dopo le sue metamorfosi. Siamo noi stessi a stringere il raggio e a non far ricongiungere il frammento con il tutto,a dimenticare che non si può dare frammento senza totalità e totalità senza frammento,ma che l’uno non esclude l’altro in un armonioso richiamo di reciprocità nel superamento,nella crescita,nella metamorfosi continua .

Ma perché il tutto possa esplodere dal frammento, “….affinché sia possibile tale dilatazione dell’essere,è giocoforza essere prima potati,liberati da tutto ciò che può frenare tale percorso”. (Carotenuto ibid. 83).

“L’anima ha bisogno di essere di tanto in tanto rinfrescata ” – ci ricorda sapientemente Clarissa Pinkola Espés- “….il grande lavoro che ci aspetta è quello di imparare a comprendere quanto attorno e su di noi e quanto dentro di noi deve vivere, e che cosa deve morire. Il nostro lavoro consiste nell’apprendere il ritmo di entrambe le cose,consentire a ciò che deve morire di morire,e a ciò che deve vivere di vivere”.[8]

“Il riepilogo del passato è essenziale per fare il cambio di stagione: si toglie l'inutile, si conserva ciò che ancora è buono, si aggiunge il nuovo. Ma buttare via tutto il vecchio, considerandolo inutile, può solo portare a un dispendio insensato di energie, alla disintegrazione e all'alienazione da noi stessi[9]”- mi scriveva in un suo messaggio la Psicologa Daniela Troiani.

“Dopo il percorso fatto,ho capito ,in questa stagione della mia vita ,che è importante rivisitare le varie fasi di crescita dell’io, perché la vita senza memorie sarebbe come un archivio vuoto , così come Claustrum sine armario erit sicut castrum sine armamentario un convento senza il suo archivio sarebbe come una fortezza senza il suo arsenale.

Il quaderno rosso,la vecchia agenda,i fogli sparsi ,le pagine di un antico raccoglitore come abiti tolti dallo stesso armadio e indossati tanto tempo fa mi hanno raccontato la mia vita,per fare il cambio di stagione.

L’inutile,elaborato,si è dissipato da solo. Quella inspiegabile tristezza,compagna inseparabile ma non cercata,per tante vite,è scomparsa non appena chiamata per nome,non appena scoperta,sorpresa,affrontata,capita,compresa, ,guardata,toccata ,privata della sua prepotente insorgenza ,della sua comparsa selvaggia e misteriosa,e ricondotta alle sue autentiche radici.

Ciò che era buono, invecchia di giovinezza come il vino ,per continuare nel tempo quel. Brindisi alla vita scritto quando avevo ancora 17 anni

E’ finalmente il desiderio del tutto che deve alimentare il frammento ,è il desiderio di riconoscersi nella novità del tutto e intravedere ogni possibilità di trascendersi,accettando ogni potatura,ignorando ogni rumore che possa frenare la corsa verso il tutto,verso l’armonia degli opposti. E’ disponibilità a sciogliersi come frammento nel tutto per ritrovarsi con un abito nuovo e non rattoppato.

“Nessuno cuce una toppa –leggiamo nel Vangelo di Marco(2,18-22)- di panno grezzo su un vestito vecchio;altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi,altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri,ma vino nuovo in otri nuovi”.

Assaporare la bontà della vita nuova è “Uscire da sé è aprire le porte sprangate dentro di noi, agire,essere agenti più che agite dalle situazioni,dalle emozioni,dagli altri(Vite nella Vita).

« Altre persone possono lanciarci dei richiami. L’universo ci dà dei segnali. Potrebbe darsi che questi appelli corrispondano a quello che succede dentro di noi. Dobbiamo fare piazza pulita dei lutti e delle ferite. I sogni della nostra giovinezza non invecchiano mai. Essi ci inseguono”(Intervista rivolta a Jean Monbourquette)

“Forse dovrei rovistare nel cassetto dove ho chiuso per tanto tempo i miei sogni,i miei desideri più profondi,che hanno conservato l’età in cui sono nati, non si sono mai spenti,ma non sono mai cresciuti,sono rimasti lì ,come in una lista di attesa,ad aspettare il loro turno.

Sono come bloccati in un archivio di chissà quale delle mie vite mentre la vita mi attraversava”.(Vite nella vita).

“Ciò che chiamiamo vuoti dell’essere non hanno in verità una entità ,una esistenza ontologica. Ciò che noi “vediamo” ,”sentiamo”, in realtà, è la pienezza. Noi possiamo parlare di vuoto solo se percepiamo il pieno. Il vuoto non esiste se non in stretta dipendenza del pieno.

E’ il pieno che ti fa cogliere il vuoto e non viceversa.” .(Vite nella vita).

E’l’infinito a cui anela la nostra finitezza ed ogni senso di vuoto ,quella sensazione di una mancanza avvertita dentro di noi è ,in verità,lo spazio che vuole essere riempito per gustare la pienezza. “……….dentro di noi il finito e l’infinito si richiamano ,il tempo e l’eterno non si oppongono ,ma il primo tende all’altro. Il nostro senso di inadeguatezza nasce da questo desiderio di andare oltre….La nostra vita è come un fiume in piena. A volte mi sento straripare dentro, ma in senso di costruzione di ponti nuovi che lasciano scorrere l’acqua sempre verso qualcuno. I flutti dell’acqua scorrono senza interruzione, non puoi e non devi mettere argini ,dighe che sono i veri vuoti dell’essere.

Le onde abbracciano tutto ciò che incontrano perché tutto deve essere riempito, tutto pienificato” .(Vite nella vita).

Diventa proprio necessario in alcuni momenti ripulire il fiume ,dirsi la verità,confrontarsi con se stessi,partire dal frammento,guardarsi dentro con onestà.” affacciata alla finestra della mia umanità”(Vite nella Vita) e imparare a riconoscere”…… quel vuoto che vuole essere riempito. Quella parola non detta o attesa. Quella percezione di deserto attorno a me. Quella sofferenza diffusa. Quella gioia sognata . Quella incompiutezza indefinibile. Tutto, niente. Quel poco che a volte diventa un macigno perché ti rotola continuamente indietro. Quel poco che diventa pesante perché ti fa prendere consapevolezza di tutto”.(Vite nella vita)

L’analista C.P.Estés nell’opera già citata parla di canzone della consapevolezza ,il canto dell’io ,quando scrive :

”A che cosa devo dare più morte oggi,per generare più vita?che cosa dovrebbe morire,e lo so,ma esito a permetterlo?che cosa deve morire in me perché possa amare?Quale non-bellezza temo?A che mi serve il potere del non-bello oggi?che cosa dovrebbe morire oggi?che cosa dovrebbe vivere?A quale vita temo di dar nascita?E se non ora,quando? Se cantiamo la canzone della consapevolezza,fino a sentire il bruciore della verità,gettiamo un fuoco nell’oscurità della psiche in modo da vedere che cosa stiamo facendo….che cosa stiamo veramente facendo,e non quel che ci piace pensare. Ecco come sbrogliare i propri sentimenti”(ibid. p. 153-154).

Cantare a se stessi la canzone della coscienza che guarda dentro di sé è slegare,snodare,liberare,sciogliere le proprie emozioni perché diventino sentimento,perché il sapore della consapevolezza restituisca a noi stessi ciò che veramente siamo,un frammento di eternità .

“Ora conosco la mia cura – scrive Etty Hillesum -: accoccolarmi in un angolino e ben raccolta in me stessa… riprender contatto con un frammento d’eternità”[10]

“La sorgente chiusa nell’anima vostra dovrà scaturire un giorno,e mormorare verso il mare;

Non dite “Ho trovato la verità”,ma piuttosto”Ho trovato una verità”.

La crescita dell’uomo va verso l’armonia della personalità,frammenti che si scompongono e si ricompongono,si destrutturano e si ristrutturano,sapori antichi e sapori nuovi che si miscelano.

Il Professore .Masini richiama l’importanza di porsi-“il problema di filosofia dell’educazione che sta alle spalle del concetto di armonia della personalità …. L’armonia della vita è frutto del bilanciamento dei molteplici opposti…non si oggettiva su opposti dicotomici,ma sulle sfumature delle emozioni,delle loro complementarità e delle loro simmetrie”[12].

“Nella concezione junghiana …. - si legge in Carotenuto – la relazione dialettica tra gli opposti,è la dynamis della vita psichica….Jung vede lo sviluppo psichico come un incessante alternarsi di integrazioni e scissioni di aspetti della personalità. Lo sviluppo psichico è orientato a un fine,e il principio che presiede all’evoluzione naturale della psiche è la tendenza alla totalità,una tensione a che le potenzialità creative ancora latenti giungano ad esprimersi…

nell’impossibile ambizione di compiersi come totalità e come infinito,la psiche incontra l’ombra come la parte mancante,come l’ostacolo che impedisce la chiusura del cerchio,simbolo di totalità e perfezione”.[13]

In questo senso possiamo cogliere quel camminare dell’anima su tutti i sentieri di cui Gibran ci parla , quell’aprirsi in mille petali come un fiore di loto ,quel dischiudersi ad una pienezza che si manifesta a poco a poco nell’essere umano,la cui fragranza delicata coglie tutti i nostri sensi in un’armonica sinestesia :la vista assapora l’uomo nella sua bellezza originale che lo distingue da un altro suo simile,l’udito gusta i fruscii di uno spazio abitato da qualcuno ,il tatto assaggia l’accoglienza di una carezza,il gusto ascolta il profumo di sé o dell’altro mentre si scioglie in bocca,l’olfatto sorseggia l’aroma che si lascia abbracciare .

Perché l’incontro con sé stessi e l’incontro dell’altro da sé è una accoglienza totale e totalizzante che ha bisogno di riconoscersi e di riconoscere tutti i sentieri possibili tracciati o da tracciare nella propria vita e nella vita degli altri.

La lettura profonda e ragionata del “manuale di Artigianato educativo” come definisce il Professore Masini la sua opera più volte citata ,ha provocato tutta la riflessione che ho condotto fino ad ora.

“Artigiani dell’educazione – scrive lo Psicoterapeuta V .Masini (ibid. p. 19) – sono tutti quegli uomini che,nella semplicità della vita quotidiana ,agiscono con interventi educativi rivolti al loro prossimo e trasferiscono,da una generazione all’altra,la cultura dei valori costruita dall’umanità nel corso di secoli…”.

Riflettevo,tornando verso me stessa sul fatto che siamo inclini come adulti,come educatori a pensare ad un prossimo su cui praticare un counseling di artigianato educativo,dimenticando che il primo prossimo siamo noi stessi.

Noi non siamo dei dirimpettai di noi stessi ma la persona più proxima ,più vicina da e-ducare,da far crescere in alcuni ambiti,da far diminuire in altri per sviluppare una personalità matura.

Un artigianato e-ducativo praticato innanzitutto su noi stessi nel cantiere quotidiano della nostra vita,nella ferialità della nostra esistenza è il tirocinio più serio,più onesto e maturo come premessa ad ogni nostra scelta nella vita.

L’artigiano è quell’artista che crea con strumenti semplici ,essenziali .Farsi artigiani della propria vita è imparare a riconoscere ciò che può far crescere la nostra persona e ciò che può ferire il nostro processo di umanizzazione.

Se gli strumenti proposti dalla Pedagogia dell’Artigianato sono i valori eterni che fanno l’uomo più uomo, tramandati da una generazione all’altra,la metodologia si sintetizza in un’espressione che è insieme un programma di vita ed una provocazione :Prevenire è possibile. Non si tratta di indovinare il nostro futuro,ma piuttosto di imparare a non sciupare la nostra vita ,amandola,rispettandola,potenziandola,orientandola,ribaltandola quando diventa troppo opaca e insapore.

Il professore Bruno Francisco Gnisci, studioso italo argentino ,già presidente dell’associazione medica per la prevenzione della guerra nucleare, premio Nobel per la pace nel 1985 e premio Unesco per l’educazione alla pace nel 1984, nella presentazione al testo del Dottor Masini descrive l’Artigianato educativo come “un modello con un chiaro stile di vita ed un percorso tendente alla realizzazione dell’umanità che è racchiusa in ciascuna persona…..L’obiettivo è crescere,e far crescere,nella convinzione che non ci siano patologie da rimuovere,o malattie da curare,ma processi nuovi da innescare,esperienze da vivere,nuovi punti di vista da assumere per costruire percorsi personali di piena assunzione di umanità”(ibid. 5-6).

Noi sappiamo che il termine processo deriva dal latino procèssus, participio passato di procèdere, ovvero andare avanti, indica,dunque,avanzamento,progresso,crescita,miglioramento ed è in questa direzione che si colloca la teoria e insieme prassi formativa dell’Artigianato educativo.

Dalle emozioni ai sentimenti affronta,infatti, il tema dei processi nuovi da innescare a cui accenna il Professore Gnisci per uscire dalle diverse forme di disagio, alla luce di sette personalità idealtipiche costruite intorno alle emozioni di base. Paura, rabbia, distacco, piacere, apatia, vergogna e attaccamento esprimono il punto di partenza di soggetti che, annodati dalle corde invisibili dei loro copioni fin dall'infanzia, hanno bisogno di un "artigiano dell'educazione" per raggiungere un’armonia,un bilanciamento ,un equilibrio per procèdere nel loro percorso esistenziale. La crescita,il miglioramento è possibile attraverso l'esperienza di quelle emozioni che il soggetto non conosce o che conosce poco perché stretto dal suo invisibile copione di disagio.

“Costruire percorsi personali di piena assunzione di umanità” ,per riprendere le parole dello studioso Gnisci ,significa,allora,avere a disposizione strumenti per un quotidiano artigianato educativo allo scopo di promuovere un personale o altrui equilibrio della personalità che passa attraverso la scoperta di valori non conosciuti o non frequentati che conducono ad un cammino di consapevolezza e di trasformazione ,quindi,delle emozioni sfuggenti in sentimenti stabili,forti,convintamene assunti,che entrano a far parte della coscienza della persona.

Possiamo meglio comprendere a questo punto della nostra riflessione le parole di Gibran:

“La sorgente chiusa nell’anima vostra dovrà scaturire un giorno,e mormorare verso il mare;

“ Il questionario di Artigianato educativo è un test pedagogico utilizzato negli itinerari educativi…..è uno strumento per l’auto-valutazione e per la discussione ,in gruppo,sulle personali caratteristiche e sui bisogni educativi che ciascuno manifesta nelle diverse fasi della vita ….il questionario fotografa l’orientamento dei copioni al momento della somministrazione. Si presenta…..come una pista attraverso la quale è possibile aprire un dialogo educativo tendente all’individuazione ed alla predisposizione di un piano educativo per il miglioramento di se stesi e per offrire,a chi vive una condizione di disagio,l’orientamento a cercare negli altri,specie i più lontani e differenti,le emozioni,le forme mentali ed i valori che gli mancano…La metodologia di ricerca che sta alla base del test non è la diagnostica psicologica ma l’interpretazione dei copioni….L’obiettivo non è …discriminare la “normalità”dalla “patologia”…ma di osservare l’andamento complessivo di una personalità ed individuare la sua armonia attuale e gli obiettivi educativi che deve perseguire…con il questionario …si intende…prendere in esame le disposizioni dei soggetti verso se stessi,la realtà dl mondo ed il rapporto con gli altri. Da tali disposizioni si può evincere la quantità di tratti tipici di ciascuna tipologia….La filosofia di ricerca su cui si basa il questionario….è quella della ricerca qualitativa,interpretativa,umanistica ed ermeneutica poiché intende studiare lo svolgimento dei copioni nella loro globalità.”.(V. Masini ,ibid. p. 117 - 118).

Ci sono fasi della nostra vita in cui diventa quasi un’interpellanza,una richiesta interna sostare,prendersi il tempo,un tempo per sé stessi per porsi delle domande,mettersi in discussione,dialogare con se stessi,riprendere contatto con se stessi.

Strumento di auto-valutazione il questionario di Artigianato Educativo restituisce, attraverso la sua lettura ,la nostra attuale,per così dire,postura interna nei confronti degli Altri,del Mondo e con il nostro Sé .

La v’ideata ,lo scatto fotografico può proiettarci una immagine sfuocata in qualche tratto o eccessivamente accentuata in un’altra zona,per cui diventa necessario focalizzare in maniera opportuna lo zoom per ricomporre l’insieme.

La ricerca pedagogica peculiare all’Artigianato Educativo, come viene chiaramente detto nel testo sopra citato ,mira alla qualità di un processo educativo che non discrimina la “normalità”dalla “patologia”…ma si ferma sulla “armonia attuale “del soggetto per interpretare ,per capire il suo orientamento e prevenire lo stallo di alcune abitudini mentali. Potremmo pensare ad una specie di esegesi antropologica partendo dal textus che la persona sta scrivendo in un tempo circoscritto della sua vita.

Interessante osservare come non si parli mai di disarmonia,di dissonanza anche quando gli esiti del test evidenziano zone d’ombra o picchi troppo acuminati,ma c’è una scelta linguistica di taglio strettamente e-ducativo che preferisce parlare di armonia attuale,per aprire ogni possibilità al cambiamento,alla crescita ,ad una armonia più alta,per “ …rendere più certa la localizzazione del sé interno e l’equilibrio tra le sue parti che conduce l’essere umano ad un più stabile e confidenziale contatto con se stesso”(ibid .p. 143),per favorire una conversione,un passaggio consapevole dai copioni ai sentimenti.

“L’obiettivo del programma di ricerca dell’artigianato educativo è dare risposta al perché talune costellazioni emozionali diano vita a copioni e talaltre si trasformino in sentimenti. Con la parola sentimento si intende una disposizione stabile della persona nel mantenere un contatto con se stessa . Tale contatto è ancorato al valore che la persona sente di sé,dell’altro e dell’oggetto del suo sentimento. Copioni e sentimenti sono qui considerati come l’evoluzione delle emozioni :i primi nel senso della ripetizione involontaria ed abitudinale di una concatenazione di emozioni che si attiva in eventi interni e\o esterni,i secondi come cosciente gestione del comportamento,intenzionale,volontario e deciso sulla base di valori o disvalori. Il processo educativo si colloca nello spazio intermedio tra l’espressione e il riconoscimento dei vissuti emozionali e la loro strutturazione in sentimenti,evitando la formazione di copioni non coscientemente decisi dal soggetto(o invogliandolo alla ridecisione dei suoi copioni),attraverso una intelligente comprensione di valori”.(V.Masini,ibid.p.20)

Il copione ,come ci viene descritto dal Professore Masini,è quell’unico modo di ripetere ,nel nostro vissuto una nostra emozione o un insieme di emozioni come se interpretassimo una parte,un copione che abbiamo memorizzato dentro di noi in maniera inconsapevole. Poiché la persona è portata ad una crescita integrale ,la ripetitività rappresenta comunque una limitazione,un blocco all’espansione della personalità.

“E’necessario ,–ci avverte Carotenuto- via via che ci sviluppiamo,che qualcuno ci insegni ad ascoltare la “voce interiore”;o meglio,ci “autorizzi”,ci insegni a considerare legittima la voce del Sé.[15]”

Il che vuol dire riconoscere tra i copioni non coscientemente decisi dal soggetto la propria identità,legittimarla,darle un nome,gustarla nella sua verità,restituirle il diritto di uscire dall’ombra e di diventare visibile.

“Il concetto di ombra – scrive il teologo e psicologo Canadese Jean Monbourquette –resta incomprensibile per chi ignora quello di persona…. componente essenziale della personalità…anche designata Io ideale. A partire da Jung,il termine di persona significa più precisamente l’Io sociale risultante dagli sforzi di adattamento messi in atto per conformarsi alle norme sociali,morali e educative del proprio ambiente. La persona respinge dal proprio campo di coscienza tutti gli elementi(emozioni,tratti del carattere,talenti,atteggiamenti)giudicati inaccettabili per le persone importanti del proprio ambiente. Nello stesso tempo…essa produce nell’inconscio una controparte di se stessa che Jung ha definito ombra. La persona dunque sta all’ombra come il diritto sta al rovescio. L’origine del concetto junghiano di persona è la nozione di prosopon. Questo termine designava nel teatro greco la maschera che portavano gli attori per interpretare un personaggio. La parola latina persona deriva da per-sonare,cioè risuonare attraverso…la maschera dell’attore era utilizzata al tempo stesso per far risuonare la voce e per illustrare il carattere del personaggio interpretato. Ogni prosopon rappresentava un tipo della condizione umana,come il geloso,l’avaro,il bonaccione,e così via. La maschera non esprimeva dunque il dramma personale dell’attore,ma una situazione di conflitto a carattere universale. Nemmeno la voce dell’attore tradiva le sue emozioni o i suoi sentimenti”.[16]

La lunga citazione era necessaria per comprendere tutta la problematica che sta dietro alla questione dei copioni,che ora possiamo anche chiamare prosopon per indicare quelle maschere,quei ruoli che interpretiamo in tante occasioni della nostra vita senza rendercene conto per rispondere alle richieste dell’ambiente ,al contesto in cui viviamo e che ci impediscono di riconoscere e legittimare la nostra vera identità che è “il sentimento fondamentale che la persona possiede di sé e del suo esistere corporeo e psichico”.(V. Masini ibid. p. 144).

Si può cogliere ancora meglio,partendo da questa definizione di identità del Professore Masini come la per- sona risuona autenticamente solo attraverso la sua identità,che è la consapevolezza di sé,l’esperire il sapore di sé,il ”sensus sui,termine con cui Rosmini designa il sentimento che l’io ha della sua esistenza di identità psichica e corporea,che trascende da qualunque specifico contenuto sensibile,esterno percettivo e interno emotivo”.(ibid. p. 145)

“Fintanto che le emozioni perturbano occasionalmente il vissuto dei soggetti che possiedono come forma di relativa stabilità la ricorrenza dei copioni,si verificano quei perenni attentati ai sentimenti che possiamo individuare nel loro ineluttabile esito:il disagio…L’artigianato educativo si propone di costruire consapevolezza e strumenti per lo sviluppo della affettività e per la crescita dei valori,ma anche di presentare forme personali di difesa contro gli attentati esterni ai sentimenti”(ibid .p. 143).

Può essere necessario farsi accompagnare da un artigiano dell’educazione,da un counselor per esempio in un percorso di consapevolezza e di legittimazione del sé. Il Professore Masini riconosce una grande importanza alla figura del Counselor. Dichiara in un suo scritto pubblicato sul sito dell’Università di Siena :” ….sono fortemente impegnato a diffondere la cultura del counseling come strumento efficace per riempire uno spazio, reso vuoto dai due opposti nemici della teoria rarefatta e della ovvietà insensata, che propone un processo di aiuto semplice, diretto e concreto per risolvere ed orientare i problemi della gente, per dare un senso alla vita. “

Ho avuto già occasione di parlare della figura del counselor ma ci ritorno ulteriormente in questa fase del mio lavoro che affronta la questione dei disagi provocati dalla ripetizione inconsapevole dei copioni. Mi sembra molto importante la sottolineatura del Professore Masini quando definisce lo strumento del counseling un processo di aiuto,connotandolo con tre diversi aggettivi ,semplice,diretto e concreto ,focalizzandone la finalità in termini di risoluzione ed orientamento dei problemi,ma ponendo come fondamento,credo di poter dire,la necessità di dare un senso alla vita.

Il counseling non è una forma rarefatta o ovvia di aiuto,ma un processo di aiuto,ovvero il risveglio di un dinamismo,di una energia sopita dietro le maschere,i copioni che ricoprono l’identità della persona.

Un processo di aiuto semplice ma non insensato,una relazione di aiuto diretto che valorizza il momento dell’incontro,un aiuto concreto che guarda al disagio di chi sta davanti,della persona che è hic et nunc per poter ricostruire il senso della sua vita ma a partire dalle sue stesse risorse ,spesso ignorate o messe a tacere.

“ Il Counselor,- scrive a tale proposito la psicologa Daniela Troiani - diversamente dall’amico, non conforta soltanto, ma cerca di individuare il percorso, o i percorsi possibili per quella persona specifica, sostenendola nell’individuazione della strada migliore per un’evoluzione personale e sociale soddisfacente… Il Counselor affianca … il cliente, in un momento di vulnerabilità, di confusione, quando il fardello personale sembra troppo pesante da portare da solo. Ma non toglie il fardello; semplicemente, aiuta l’altro a ridistribuirne meglio il peso sulle spalle….In questa prospettiva, il Counselor è, primariamente, colui che aiuta a individuare le risorse disponibili (inespresse o malespresse), le potenzialità alternative, colui che sostiene l’attivazione realistica di esse, in modo che la nuova azione della persona diventi funzionale alla sperimentazione di un maggiore benessere psico - emotivo e ad una più gratificante qualità della vita.…… la funzione del Counselor è soprattutto educativa, è un condurre, un camminare insieme per una parte di strada. …...La persona, rivolgendosi ad un Counselor, decide di mettersi in discussione, di mettersi a nudo di fronte ad un altro, di svelare se stessa nelle zone d’ombra, nelle parti più delicate e sensibili di sé. Così, ogniqualvolta incontro una nuova storia, un nuovo vissuto, mi viene richiesto di penetrare nel mondo dell’altro, nella sua anima; l’altro mi offre se stesso, il suo dolore, la sua vulnerabilità. E io, quell’anima dolorante, la devo maneggiare con attenzione, la devo curare, la devo accarezzare.

Dunque, la presa in carico del cliente è un impegno verso di lui, è un patto di collaborazione, finalizzato al miglioramento della sua vita, che avviene sempre in un momento in cui è presente, in fase acuta, una grande sofferenza.…… nell’intervento di Counseling “agire responsabilmente significa conoscere la concretezza dei risultati delle proprie azioni e delle proprie scelte.” (Masini, La prima regola dei Cavalieri di San Valentino, p. 51). Solo in questo modo, l’azione del Counselor non risulterà casuale, o prodotta da controtransfert incontrollati e incomprensibili, ma sarà determinata da una accurata analisi dell’interazione in atto, che servirà a definire una strategia relazionale orientata ad obiettivi specifici a breve, medio e lungo termine…………”.[17]

“Il questionario di artigianato educativo…. è lo strumento che serve al counselor per avere in mano le caratteristiche principali di una persona senza averla mai conosciuta direttamente. Il grafico a sette assi che risulta dal questionario indica quale combinazione specifica di caratteristiche ha sviluppato quella persona nella sua vita fino ad oggi. Ad esempio ci può dire che una persona è molto responsabile, talvolta fin troppo perchè non si lascia mai andare, o che è estremamente sensibile e chiusa in se stessa tanto da avere timore di esprimersi, o che quella persona è così visibile e coinvolgente che tutti la stanno sempre a sentire e diventa facilmente l’anima della festa.

Certo è importante sapere che ciò non significa che può bastare un questionario per capire la complessità e le sfumature che animano una persona, ma è comunque una buone dose di indizi per capire come condurre il colloquio e da dove partire.

Adesso che ho il grafico posso già cominciare a rivolgermi a quella persona timida cercando di incoraggiarla, o a quella persona controllata con quiete e tranquillità e alla sballona con una certa serietà e rigore. …”(E.Mazzoni articolo cit.).

Il Questionario di Artigianato Educativo analizza i copioni del disagio, descritti attraverso sette tipologie di personalità avaro, ruminante, delirante, sballone, apatico, invisibile,che corrispondono a sette emozioni di base,paura,rabbia.distacco-sorpresa,piacere,quiete,vergogna,attaccamento.

Il test costruisce la mappa dei bisogni educativi ed individua il percorso educativo più idoneo per il soggetto.

Il lavoro sul questionario di Artigianato Educativo prevede una fase di somministrazione,una fase di compilazione ,una fase di raccolta e tabulazione dei risultati ,una fase di elaborazione dei dati attraverso il grafico a radar,usando un foglio di lavoro Excel,una lettura del grafo,una mappa,una cartina,una rappresentazione grafica,uno schizzo d’anima ,mi piace chiamarlo in quanto abbozzo di un’autobiografia, costruito su sette assi corrispondenti alle sette tipologie dei copioni precedentemente detti .

Per dare una idea meno teorica e meno generalizzata , riporto il lavoro fatto sul questionario che ho compilato personalmente circa un anno fa.

La tabella 1 raccoglie i punteggi riportati in ciascuna delle sette tipologie previste dal questionario di Artigianato Educativo.[20]

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Altri)

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Mondo)

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Sé)

Nel rivedere gli scatti d’anima catturati dai grafi precedenti ,rivivo quella stessa emozione di paura ma anche di curiosità, (adesso so che è tipica del delirante) che provai quando circa un anno fa li vidi proiettati per la prima volta sulla parete della stanza dove si svolgono le lezioni della scuola di counseling. La mia mente si era messa immediatamente in viaggio ma non sapevo ancora dare un nome a quella mia consueta istanza di spaziare,a quel forte desiderio di investigare,di andare oltre,di capire,di partire continuamente con il pensiero.

Conservo alcuni appunti della lettura che fece il Professore Masini del mio grafo :”Manca lo sballone. Tutto nella testa. Una intensa vita mentale. Controllo esagerato sulla vita emozionale . Ruminante con il Mondo,affettuosa con gli Altri. Nel rapporto con il Sé non si vuole bene,non si concede nessuna forma di piacere”.

E poi concluse con un counseling che vado interpretando strada facendo:”Spiega le ali al vento!Respira ! Lasciati andare!”

Ho somministrato e analizzato diversi questionari ma non avevo ancora fatto una lettura puntuale del mio.

Non è facile leggere negli schizzi disegnati dalla propria anima come non è facile scrivere la propria autobiografia.

“Raccontarsi non è un semplice parlare di sé,ma un ritorno in sé per parlare del sé. E’ ritornare in se stessi,come il figliol prodigo per poter ritornare a casa,nella propria interiorità,riaprire le porte di ogni stanza e rivisitare ogni angolo della propria vita,riappropriarsi dei propri ricordi,delle gioie come dei dolori:RIABBRACCIARSI.”(Vite nella vita).

Provo a leggere il mio questionario con una distanza emotiva che mi permetta di essere più obiettiva possibile,anche più concreta e in una prospettiva di auto-analisi e di auto-counseling.

Condivido pienamente quanto afferma la Dottoressa D. Troiani a proposito della formazione del counselor :” la consapevolezza di sé aiuta il Counselor a tenere il polso della sua situazione emotiva sia rispetto al ruolo che vuole assumere, sia rispetto alla persona con la quale si trova a lavorare…… essere Counselor ……… punto di arrivo di un percorso di formazione, che fornisca competenze scientifiche, ma anche aiuta a divenire coscienti del tragitto esistenziale svolto, dei propri punti di forza e delle proprie debolezze…… la presa di coscienza di sé, in sede di formazione, consente di comprendere , nel concreto, il lavoro, che, in seguito, dovrà essere svolto con e per i clienti; in più, la consapevolezza di sé permette di conoscere, e quindi neutralizzare gli effetti negativi, delle trappole emotive e degli attentati relazionali, di cui si è facili prede. Per esempio, una persona che intenda svolgere la professione di Counselor deve sapere di essere vulnerabile alle parti scisse di un Sé delirante; in caso contrario, confonderà per emozione e valutazione oggettiva il prodotto di un delirio, dovuto al confronto con un cliente, che presenta un Sé disperso….. D’altronde, non si può riconoscere un delirio all’interno di una dinamica di Counseling, se non lo si sa riconoscere nella propria vita quotidiana……………… l’agire responsabile all’interno di una dinamica di Counseling non è molto diverso dall’agire responsabilmente nella nostra vita quotidiana; nei fatti, come si vede, le due cose sono inscindibili, dal momento che solo chi è responsabile verso se stesso, può esserlo verso gli altri.”(Articolo citato-Riflessioni sul 13°Convegno).

“Solo chi è responsabile verso se stesso, può esserlo verso gli altri”,mi sembra il filo conduttore delle riflessioni della Psicologa D.Troiani la quale costruisce il suo discorso intorno ad un campo semantico e lessicale fondato sul termine consapevolezza di sé che trova poi dei richiami nelle espressioni divenire coscienti,presa di coscienza di sé,sapere,agire responsabile,agire responsabilmente.

Che cos’è la con-sapevolezza se non la “sapevolezza”,il sapore provato,sentito,percepito di sé?

Essere res- ponsabili verso se stessi e verso gli altri,essere attenti con se stessi e con gli altri, aver cura di sé e di un altro da me, è imparare ad essere soggetti “sapevoli che sanno riconoscere ciò che può far crescere e ciò che può,invece,bloccare,impedire un avanzamento.

La consapevolezza non è un voler dominare o possedere la vita,dirigerne il corso a nostro piacimento,ma è piuttosto non lasciarsi sfuggire il timone e andare allo sbaraglio,è darle un senso sempre più alto,è restituire vita alla vita.

Con la” sapevolezza “dei sapori provati tenterò di fare l’esegesi del mio questionario in un incrocio di dati del test con riferimenti alla mia autobiografia.

Il punteggio totale del mio questionario piuttosto basso esprime una fase di cambiamento, dolorosa ,ma importante e ricca di significato .Ma ogni cambiamento,poiché segna un passaggio da una fase ad un’altra della vita porta in sé il senso di una perdita e la perdita è la lacerazione di un legame,è il sapore dolce/amaro del distacco .Non è facile lasciare il vecchio,il già conosciuto,esperito ed aprirsi, prepararsi al nuovo che viene.

Con il nuovo appare alla coscienza una sapevolezza mai percepita fino ad ora. La nuova verità si scioglie dentro di noi ma non sappiamo ancora darle un nome. Non è facile situarsi in una dimensione di qualcosa che c’è già ma che non è ancora. Ma è proprio in questa istanza di apparente incertezza,in questo gioco di illusoria sospensione tra il possibile e il reale che si gioca la nostra esistenza che è spinta a superarsi,a trascendersi proprio all’interno del limite che separa ciò che è stato da ciò che sta nascendo e che ancora non è ma che trova fondamento in quel sentimento sui,in quel principio di identità che si rivela a poco a poco.

“Le porte si aprono dentro di me sbattendo come se ci fosse vento o perché, forse, si aprono tutte insieme e non faccio in tempo a passare da una all'altra.

Corro, corro sempre….. Vorrei restare un po’ più vicina a me stessa, farmi un po’ di compagnia, ritrovarmi, mettere un po’ d’ordine nella mia vita…….. in questo momento percepisco tutto il risveglio del mio essere. Non è facile farsi carico,controllare, questa percezione a 50 anni.

Che cosa fare ? ….Ci sono attimi di paura, di turbamento, di emozioni che si erano assopite da tempo, che credevamo morte per sempre. Non è facile far uscire da me tutto questo, ma non voglio interrompere questo cammino di verità …………….”. (Vite nella Vita- )

Carotenuto , a proposito delle varie fasi della vita ,partendo dallo scritto di Jung Gli stadi della vita scrive che nella prima metà della vita l’uomo cerca il suo posto nel mondo ,mentre::”Il passaggio dalla prima alla seconda metà della vita coincide con un momento di fondamentale importanza per l’esistenza del singolo,un passaggio verso una nuova fase dello sviluppo psicologico. Tale passaggio coincide con una fase di crisi,dovuta alla percezione,più o meno conscia,della fine di un ciclo dell’esistenza. Come era avvenuto nel passaggio dall’età adolescenziale all’età adulta,ancora una volta l’individuo entra in crisi… la causa di tale crisi è nella modificazione profonda dell’atteggiamento psicologico;lo sradicamento di talune convinzioni,che lasciano il posto a una posizione di maggiore autonomia e unicità,crea comunque un momento di vuoto in cui l’individuo avverte come incerto e fragile il proprio futuro. Il passaggio alla seconda metà della vita si apre con un primo tentativo di bilancio e, soprattutto,con il bisogno di conoscere la propria più intima natura.”[21].

“la sfida di quest’età - scrive Monbourquette –è esplorare in sé un mondo di possibilità incolte. La crisi di mezza età esige lo sfruttamento del potenziale nascosto nella propria ombra,senza il quale il raggiungimento del pieno sviluppo spirituale risulta compromesso”.[22]

In questo confronto con la mezza età,come si evince dal questionario in esame, il sapore del delirante è sicuramente quello che predomina sugli altri,distacco nel sé molto forte e di poco inferiore nelle altre due regioni psicologiche,gli Altri e il Mondo,. La forza della libertà è trainante.

I sapori della paura-controllo e della rabbia si miscelano con l’aroma più forte rappresentato dall’emozione del distacco.

“Le diverse emozioni di base corrispondono a diversi movimenti - movimenti dell’io - :….la paura a chiudersi nelle proprie difese e a mettere le mani avanti,la rabbia corrisponde al movimento di caricarsi e andare contro;il distacco corrisponde al movimento di separazione e di espansione”. - (Masini ibid.p.47)-

“……impossibile fermarsi. Bisogna scendere nelle profondità per poi risalire. La risalita è dolorosissima quanto la discesa perché comporta delle nuove scelte,delle nuove decisioni, soluzioni. E’ come una adolescenza dei 50 anni. Mi sto chiedendo se è un processo biologico e psicologico proprio di questa età. . Credi di aver raggiunto un equilibrio in tutte le cose ,di avere ormai pianificato la tua vita .

Invece,ti accorgi che stai vivendo una nuova stagione della vita con tutti i cambiamenti che essa comporta…… ho fretta di uscire da questa fase, proprio perché non sono più una adolescente. I miei ritmi di vita hanno bisogno di essere più cadenzati. Pur rifiutando ogni tipo di pianificazione esterna, devo pianificare il più velocemente possibile la mia vita interiore.

In qualche modo devo potermi incamminare su una strada che non interrompa completamente quella precedente.

C’è stata una rottura, una frana che la sta sbarrando ,ma in questo momento, io non riesco né a tornare indietro né ad andare avanti. Non voglio restare ferma. Voglio camminare, andare verso la luce ,verso la vita, verso la mia missione, conoscere la mia vocazione ,il mio progetto di vita : ma voglio essere nel progetto di vita che il Signore ha tracciato per me. In questo momento, mi sento un po’ lontana da Lui. Voglio conoscere meglio me stessa per conoscere meglio Lui.”( Vite nella Vita)

Appena percettibile il gusto per la svagatezza,il desiderio di una qualche distrazione di un giusto rilassamento,di un po’ di abbandono ;di poco più alti i valori dell’apatico e dell’invisibile,non c’è una autentica pacificazione interna che renda più sensibili e più legati nei rapporti.

“Ho ripreso in mano Monte Cinque di Paulo Coelo.“ A volte era necessario lottare con Dio…”(p. 205) “I codardi …desiderano …che la nuova situazione torni rapidamente a essere quella di prima………….i valorosi………..a costo di grande sofferenza interiore,abbandonano tutto,compreso Dio, e vanno avanti……..per tornare al Suo amore, giacché capivano finalmente che la tragedia non era una punizione ma una sfida,Elia rivide a uno a uno tutti i suoi passi…………..non aveva mai avuto l’opportunità di vedere che cosa accadeva nei cammini che aveva rifiutato di percorrere. Perché aveva paura di perdere la fede,la dedizione, la volontà…..(p.206)…ma il Signore lo aveva condotto sull’abisso dell’inevitabile per dimostrargli che l’uomo deve scegliere e non accettare il proprio destino(p. 207).

“ Abbiamo smesso di riflettere sulla vita, e abbiamo deciso di viverla”(p. 223)

“E’ sempre necessario sapere quando si conclude una tappa della vita. Se tu insisti a rimanere in quella stessa tappa oltre il necessario, perdi la gioia e il significato di tutto il resto. E rischi di essere rimproverato da Dio. Il Signore è duro…”(p. 235).

Cerco in queste citazioni una chiave di lettura del mio attuale percorso. Vivo “Il tempo della paura e dell’attesa” (p. 208)che per me inizia ora : è il tempo per capire cosa ,dove ,come ricostruire. La prova più dura è avere questa sensazione di abbandonare Dio, di non conservare un cuore puro nutrendo pensieri ,sentimenti, desideri che non conoscevo più o che forse allontanavo, che avevo ormai dimenticato .IL SIGNORE E’ DAVVERO DURO se è proprio Lui che mi chiede tutto questo perché è come se mi facesse demolire in un attimo quanto ho costruito con fatica forse per 20 anni. Sono le prove del deserto ,le tentazioni ? L’ABISSO DELL’INEVITABILE’? E’ proprio necessario che io veda cosa poteva accadere nei cammini che ad un certo punto mi sono rifiutata di percorrere?Questa lotta con Dio in cui mi sento senza di Lui mi lascia senza forze anche se sento che è come se Lui mi chiedesse che cosa voglio fare di questa mia vita.” (Vite nella Vita)

La paura,il distacco,la rabbia attraversano questa fase di cambiamento.

”Per paura –scrive il Prof.Masini,ibid .p. 49 -..si intende la modalità emotiva innescata dalla percezione di un pericolo. Antecedenti di tale stato emotivo possono essere le memorie di dolore connesse a quel pericolo(definito come tale dalla possibilità di nuocere)…tale “emozione di paura “si configura come … controllo sull’esterno,controllo su di sé…La paura può mostrarsi con connotati positivi o negativi. Se l’emozione si elicita nelle sue caratteristiche positive,l’attenzione si trasforma in cura,…padronanza di sé…Se tale emozione non si esprime in comportamento agito ma rimane all’interno del vissuto e non evolve,diventa inquietudine,ansia…,agitazione,…stress.

“Dall’elaborazione della paura –ci sottolinea Carotenuto in Vivere la distanza, ibid. p.161- nasce il coraggio della soluzione…Il coraggio …nasce proprio dalla conoscenza della paura e dalla capacità di dominarla,mantenendo entro gli argini del controllo razionale la sua carica eversiva,ma comunque vitale” ,ibid. p. 161,” In questo risiede il coraggio di vivere:nel percepire il malessere,nell’accoglierlo come voce che suggerisce il nuovo,nel prestarsi al cambiamento,nel perseguire una strada significativa”. (ibid. p. 169)

Il rapporto con gli Altri è sbilanciato tra il controllo e il distacco, la paura di non poter governare tutto sta portando ad una dissociazione,ad una perdita di contatto ,all’assenza di ogni desiderio di piacere,di pace.

“….ci sono momenti in cui non so nemmeno se sto mollando, perché non so che cosa devo mollare, Mi chiedo se sto camminando, se il mio può ritenersi un percorso o una immaginazione, quando sono dentro o fuori di me. Non lo so, non lo so.

O ,forse ,togliere …togliere… da me le ancore dei ricordi…delle emozioni nuove…dei desideri fugaci,,, dei ritorni lucidi alla vita

l’anima è come scollata dall’essere in questa dolorosa ricerca della identità” (Vite nella Vita)

“Alla base di un copione centrato sul distacco- scrive Masini(ibid. p. 53)- c’è un modo di auto-percepirsi mentalizzato,da cui discende il fastidio per le limitazioni,il rifiuto delle consuetudini prive di significato,l’allontanamento dal ritualismo,il senso di superiorità,il disgusto…,la dissociazione”.

L’attaccamento,l’amore è il collante fra i due poli ,tra le due emozioni che stanno lottando tra di loro,il distacco e la paura.

“L’attaccamento prende la forma di bisogno(contrariamente al desiderio di piacere)perché il soggetto. che lo sperimenta. sente la necessità di una presenza altrui al suo fianco…L’adesivo ( copione centrato sull’emozione primaria dell’attaccamento) tende ad attaccarsi agli altri per saziare il suo bisogno affettivo,vuole essere riconosciuto e preso in considerazione,per superare la sensazione di solitudine e separatezza che lo caratterizza”(Masini,ibid.p.55).

Il valore totale più alto nel rapporto con il Mondo fa pensare ad un travisamento degli ambiti. L’emozione primaria della rabbia è dominante nutrita da una ricca attività mentale che non trova sbocchi e lo si coglie dai bassi valori degli altri assi.

A proposito di questa emozione di base,il Dottor Masini scrive che :”Il termine più pertinente sarebbe carica interiore”(ibid .p .5). la formazione di questa emozione primaria scaturisce dall’aver trovato un ostacolo che impedisce l’andare verso la meta…la rabbia consiste nell’atto ripetuto di caricarsi interiormente:ripetere cioè dentro di sé la tensione facendola crescere progressivamente. Questo processo di accrescimento energetico interno assegna il nome al ruminante. La carica che si accresce nell’individuo è prodotta dal bisogno di avere maggiori energie a disposizione per raggiungere lo scopo:raggiungere l’appagamento ,essere coccolati…,farsi vedere,esprimere un bisogno…Tale carica si trasforma in rabbia quando l’ostacolo permane e il bisogno viene frustrato…”(ibid .p. 69)

“Stamani , un collega,in un tono quasi di rimprovero mi faceva notare che sono molto cambiata. Che dirgli? Mi rendo conto che a pochi è dato di cogliere che la nostra identità vera non può rispondere alle attese degli altri, che ognuno di noi ha il diritto di incontrare se stesso, di riconoscersi per quello che è, di vivere ciò che sente dentro di sé, di lasciare volare la farfalla dopo le varie fasi di metamorfosi, di crescita.

Mi fa un certo effetto accorgermi come gli altri rimangano quasi sconvolti nel vedere alterata l’immagine che si sono fatta di me,convincendo anche me stessa che ero proprio come mi volevano loro.

“Proprio tu, il pilastro di questo ufficio,dici le parolacce ?!” Replicava scandalizzata un’altra collega dopo una conversazione piuttosto accesa.

Non amo le parolacce,detesto la volgarità convinta da sempre che la bellezza salverà il mondo,ma in quel momento,quel vaff… era uscito dalle mie viscere,dal mio stomaco,dal più profondo di me stessa ed era il rifiuto di ogni forma di ipocrisia,di pianificazione,di tutti i luoghi comuni,del baratto della propria dignità e integralità umana con i compromessi.

Non sono e non voglio essere il pilastro inamovibile,senz’anima che gli altri hanno plasmato di me, a mia insaputa,modellandolo a loro piacimento,magari piallando le sfumature che non rispondevano alle loro aspettative . Vaff… Non c’è niente di me in questo pilastro vuoto,privo di un profilo umano che mi distingua per quella che sono,così come sono .

In questo mio non riconoscermi in quel pilastro muto e senza vita,mi accorgo di essere caduta in un losco imbroglio.

“La condizione dell’imbrogliato – scrive il Dr Vincenzo Masini(Dalle emozioni ai sentimenti,p.245) è una sospensione della chiarezza e del contatto con la realtà intima dei suoi veri bisogni. La frattura tra il sé e l’anima è determinata dalla incapacità di riconoscere con trasparenza ciò che l’interiorità chiede e desidera, da quanto viene detto,interpretando,da chi agisce nell’imbroglio. L’imbrogliato ottiene così un’immagine falsificata di sé e dei suoi bisogni,del suo dialogo interno e delle sue aspettative. La stessa voce interiore appare falsa alla superficie della coscienza e viene fatta tacere.”. Vaff…..per tutte le volte in cui ho messo la museruola alla mia bocca che voleva chiamare imbroglio ciò che era imbroglio,manipolazione , ma che era fatto passare per stima,riconoscimento,professionalità,attenzione ,riguardo , solo per raggiungere uno scopo. Merde ! sono stata imbrogliata ,ma ora ho capito .“L’uscita dall’imbroglio –prosegue il Dr Masini- è liberazione trasparente ed in equivoca attraverso la quale si restituisce respiro all’interiorità. L’antidoto è dunque l’aria,trasparente e rarefatta”. La parolaccia è uscita dal mio stomaco senza toccare la mia interiorità . E’ come se quella parolaccia fosse lo stesso imbroglio che,entrato in me in maniera subdola ,non avesse mai avuto alcun contatto con la mia anima. Insieme alla parolaccia lo stomaco ha vomitato anche l’imbroglio. “(.Vite nella Vita)

Il punteggio più basso nel test si segnala nella zona del SÉ. Nessun amore per sé,per la vita,lieve contatto con se stessa,

distacco del delirante,intensa attività mentale,controllo,rabbia. Un triangolo,un frammento di vita.

Mi sento un animaletto da cortile,un pollo che non è riuscito nemmeno a scavalcare una staccionata .

Spesso,forse, ingoio il desiderio ferito di andare più a fondo nella conversazione con gli altri,forse ingoio il bisogno di un'accoglienza "accogliente”,la rinuncia consapevole a qualcosa che mi piace fare,la percezione di un invito occulto a mettermi da parte per non invadere certi territori ,la frustrazione costante di essere frenata da un contesto culturale dove viene promossa la mediocrità mentre io continuo a riempirmi la bocca nel dire che i laureati dovrebbero riconoscersi come una classe di intellettuali.

Ho mangiato spesso la verità di me stessa,la mia identità che sto cercando faticosamente di ricostruire,di riconoscere alla ricerca del mio branco,del mio gruppo.

Un senso di insoddisfazione profonda mi abita in questo momento come se avessi bloccato qualcosa dentro di me,come se avessi spento una energia che si era accesa.

La comunicazione non può essere affidata alla fragilità delle parole che dicono solo una minima parte di qualcosa.

Nei momenti di cambiamento,sembra che tutto diventi ingombrante, perché tutto è messo in discussione. Si giunge ad una essenzialità che non è ancora un riconoscere delle priorità,ma piuttosto un mettere da parte,un distaccarsi da tutto per paura di non saper controllare il nuovo che si sta affacciando alla nostra coscienza.

Il cambiamento è esodo da noi stessi e non è mai indolore uscire dalle nostre certezze,lo abbiamo già detto, anche se abbiamo,alla fine,capito che sono copioni imparati a memoria senza alcun coinvolgimento della nostra coscienza.

Uscire da sé è crescere . E crescere è rimettersi in cammino. Ma,non c’è crescita senza cambiamento e non si dà cambiamento senza crescita. La crescita porta in sé il segno della crisi[23],della separazione,del distacco,del passaggio.

Ogni crescita è una nuova creazione,una nascita nuova, una luce nuova,una chiarezza nuova dentro di noi .

Il riconoscimento dei copioni,la loro ripetizione sulla scena della nostra vita è indicativa della ricerca di nuove strade che si stanno già aprendo dentro di noi.

E’ importante confrontarsi con se stessi e cogliere che al centro di ogni processo di crescita e cambiamento sta l’amore per la verità e una grande onestà. Impegnarsi a crescere è impegnarsi per la vita partendo dal frammento.

D’altronde,scrive il Professore Masini :”…l’artigianato educativo non investiga le cause,tendendo a rimuovere processi di…patologia,ma cerca di aggiungere le virtù e i valori che sono carenti all’interno di quella persona concreta”.(ibid. p. 190).

“Se nel cambiamento – ci ricorda il Professore Duccio Demetrio – non esiste anche un miglioramento di sé….in termini di ampliamento delle proprie prospettive esistenziali,un miglioramento nel rapporto relazionale con gli altri,un miglioramento nel nostro modo di imparare ad essere di più al mondo… se non c’è miglioramento forse non c’è esperienza educativa propriamente detta”.[24]

L’aggiunta,l’integrazione di quelle virtù e di quei valori carenti nella persona, di cui parla il Dottor Masini,esprime l’autentico processo educativo,ovvero quel processo attivo che,a differenza di una inducazione,non induce nessun oggetto educativo dall’esterno che possa in qualche modo essere da ostacolo ad una crescita consapevole,ma pro-voca ,stimola,richiama alla coscienza risorse assopite. In questo senso,quando parliamo di aggiungere,non intendiamo travasare,ma risvegliare cellule di vita attraverso una relazione di aiuto opportuna ,un accompagnamento all’interno di una relazione.

“Il processo educativo- come già ricordato precedentemente - si colloca nello spazio intermedio tra l’espressione e il riconoscimento dei vissuti emozionali e la loro strutturazione in sentimenti,evitando la formazione di copioni non coscientemente decisi dal soggetto(o invogliandolo alla ridecisione dei suoi copioni),attraverso una intelligente comprensione di valori”.(V.Masini,ibid.p.20).

Nel frammento,nello schizzo,nello scatto d’anima restituito dal test in esame c’è una vita che vuole esplodere ,ma perché possa esplodere, bisogna far crescere alcune virtù e alcuni valori.”la dimensione della paura,delle difese e del controllo trova la sua affinità elettiva nella realizzazione contemporanea della pace e della calma insieme a quella del piacere e dello slancio…L’isolamento e la mentalizzazione in una espansione diuturna,superba e in espansione trovano compimento nella umiltà della concretezza e nell’accettazione di essere amati ed avvolti dalla stabile fedeltà dell’attaccamento…L’energia di attivazione,che sospinge incessantemente verso l’azione,verso il superamento degli ostacoli ed il conflitto contro chi si oppone a tali azioni,trova la corretta canalizzazione nell’impegno concreto della difesa degli oppressi e si spegne nell’incontro con chi possiede la calma e la pace interiore”.(ibid .p. 190)

Tuttavia, l’impegno al cambiamento,alla crescita,l’espressione e il riconoscimento dei vissuti emozionali e la loro ristrutturazione in sentimenti,la ridecisione ai copioni,la com – prensione ,l’assunzione consapevole delle virtù e dei valori,il processo di mutamento da innescare e delineato precedentemente “…implica lavoro - scrive il Professore Duccio Demetrio –implica una nostra intenzionalità migliorativa. Non si migliora spontaneamente…Deve esserci…un percorso in qualche modo ordinato e teleologico,mirante ad un fine,ad una prospettiva che sia non soltanto di modesta gratificazione per sé…Miglioramento come non semplicemente accrescimento,ma …come …inquietudine che ci fa spostare in qualche modo le mete,o soltanto i passi che muoviamo nel corso della giornata o nel corso della ricerca”.(ibid. 48-49).

“Ho fatto un sogno che mi ha al tempo stesso spaventato e incoraggiato. Stava calando la notte e mi trovavo in un posto sconosciuto. Avanzavo a fatica contro un vento molto forte. Una nebbia densa ricopriva tutto. Nelle mani a coppa tenevo una luce fioca che minacciava di spegnersi da un momento all’altro. La mia vita dipendeva da quella luce fioca che proteggevo gelosamente. Improvvisamente ebbi l’impressione che qualcosa avanzasse dietro di me. Mi voltai e vidi la forma gigantesca di un essere che mi seguiva. Ma,in quello stesso istante,mi resi conto che,nonostante il terrore,dovevo proteggere la mia luce attraverso le tenebre e contro il vento. Al risveglio mi accorsi che la forma mostruosa era la mia ombra formata dalla fiammella che tenevo accesa nel mezzo della tormenta. Sapevo anche che quella fragile luce era la mia coscienza,l’unica luce che possedevo. Confrontata alla potenza delle tenebre era una luce,la mia unica luce”.[25]

Ma ,“La nascita della coscienza,scrive Carotenuto, non è un traguardo attingibile una volta per tutte,ma un movimento di annessione continua di contenuti psichici profondi alla luce della conoscenza,un divenire che genera continue resurrezioni e metamorfosi della personalità… Ogni passo compiuto è una conquista di spazi sconosciuti da annettere alla coscienza,e ogni nuova conoscenza del proprio mondo interiore genera un mondo di rigenerazione,nuove immagini di cui la coscienza può arricchirsi…per ognuno di noi il cammino verso l’autocoscienza si configura come un terreno fecondo di resurrezioni,perché,nel momento in cui ci interroghiamo,lasciamo il luogo angusto delle nostre paralisi e navighiamo verso orizzonti aperti”.[26]

Questo sguardo su di me,queste riflessioni sono come uno sfondare il soffitto della mia anima sia per entrarci che per uscirne,sia per ritrovarmi che per trascendermi in un unico abbraccio di me stessa ,di un altro da me verso il Totalmente Altro.

Ma non provo il gusto di una deliranza di testa,che si auto-compiace delle sue capriole mentali,ma assaporo il dondolio dolce,pacato della vita che si specchia nell’armonia di quel frammento di cielo che è dentro di me.

Non è per niente facile cogliere il senso profondo del segreto che la volpe svela al Piccolo Principe al momento del loro distacco nell’omonimo romanzo dello scrittore francese Saint - Exupéry :“Non si vede bene che con il cuore l’essenziale è invisibile agli occhi”.

Fa trasalire scoprire che l’essenziale non è ciò che vediamo con gli occhi,non è ciò che resta dopo aver messo da parte quanto ci sembrava di troppo,superfluo,inutile.

L’essenzialità conduce ad uno sguardo più profondo che si ferma all’essenza,che va verso il semplice,il simplex[27],che mette insieme,allaccia per tendere all’unità,che piega ogni cosa verso l’unum,verso l’unità,per ricomporre l’armonia della personalità.

Il padre passionista Luigi Alunno parla della beatitudine dell’uomo semplice. “Fare oggi un discorso sulla semplicità è rischiare il ridicolo. All’uomo d’oggi mancano tante virtù…e penso che quella della semplicità sia al vertice della scala delle carenze….ma non potrebbe essere nell’assenza della semplicità del cuore una delle cause dell’incapacità dell’uomo di oggi di godere questa vita che pure gli offre tanto?...non ci può essere felicità senza semplicità. La prima beatitudine,quella dei poveri di spirito,va letta,se si vuole capirla pienamente,non solo nel suo aspetto negativo di svuotamento interiore da ogni bene terreno,ma anche,anzi soprattutto,nel suo aspetto positivo di ricchezza,che è dono che scende dall’alto su chi si è fatto povero dentro:è il dono della semplicità. Il vero povero di spirito… non può essere che un uomo semplice,che non complica nulla….,che va all’essenziale,al vero,all’autentico. E ‘ chiaro che,parlando di semplicità come valore sommo,non intendo parlare di semplicioneria,di rinunzia all’uso del proprio cervello”.[28]

Il religioso per fondare le sue affermazioni cita Fénelon:”C’è una semplicità che è un difetto,e c’è una semplicità che è una virtù stupenda. Spesso la semplicità è mancanza di discernimento,incapacità di prestare attenzione alle persone….La semplicità come virtù,invece ,è tutt’altro che banale:è veramente qualcosa di sublime… la semplicità è la linearità dell’anima che rinunzia radicalmente a ogni inutile ritorno su se stessa e sulle proprie azioni. E’ diversa dalla sincerità:questa è una virtù antecedente la semplicità. Molte persone sono sincere,ma non sono semplici… La semplicità si pone nel mezzo tra la leggerezza da una parte e l’eccessivo controllo dall’altra. L’anima non è trascinata dalle cose esteriori,così da non riuscire più a riflettere quanto è necessario, e insieme sa evitare i ripiegamenti su se stessa suscitati all’infinito da un amor proprio inquieto e geloso della propria perfezione. La vera semplicità è questa libertà di un’anima che mentre cammina sa vedere quello che ha immediatamente davanti a sé,ma non perde tempo a ragionare troppo sui propri passi, a studiarli, a guardare continuamente il cammino percorso.”

La limpidezza dell’anima è ,allora ,l’abbandono consapevole di quei ritorni e ripiegamenti su se stessa,sui suoi copioni possiamo dire,per procedere verso l’unità,verso la semplicità nell’accezione indicata in nota,una semplice cura ma non una cura semplice,una terapia di artigianato educativo che fontalmente mira a far nascere in ognuno il sapore della persona essenziale(ibid. p. 191,che,uscita dai suoi copioni” ha raggiunto la capacità di auto-conoscenza e di riflessività mediante l’apertura al coglimento empatico”e “può utilizzare il proprio se stesso trovato,per regalare ad altri la comprensione delle emozioni,dei sentimenti,dei copioni e dei valori”.(ibid.p.192).

“Il momento in cui sentiamo il desiderio di raccontarci è segno inequivocabile di una nuova tappa della nostra maturità. Poco importa che ciò accada a vent’anni piuttosto che a ottanta. E’ l’evento che conta, che sancisce la transizione a un altro modo di essere e di pensare E’la comparsa di un bisogno che cerca di farsi spazio tra gli altri pensieri,che cerca di rubare un po’ di tempo per occuparsi di se stessi”.[29]

Molto probabilmente,non sarei entrata in autobiografia se non avessi fatto il percorso tracciato fino ad ora .

Scrivere la propria autobiografia non è un semplice narrare di sé,non è una biografia di se stessi assimilabile ad una specie di curriculum vitae. Non ci si siede alla propria scrivania e si scrive l’autobiografia come qualsiasi altra forma di composizione.

Quando il Professore Masini ci chiese di scrivere la nostra autobiografia, dopo qualche giorno ero pronta a spedirgliela,ma lui mi scrisse questo messaggio che per me fu illuminante :” Vada piano con l'autobiografia. La faccia , la tenga, la rilegga. e poi tra un pò, la invii”

Ed è un ingresso graduale,senza frette. All’inizio si rimane,per così dire, nell’anti- vestibolo perché non si vuole attraversare la porta principale,quella che apre l’ingresso alle stanze più interne della memoria.

Si gira intorno,attardandosi nell’anticamera spinti ,da una parte ,dal desiderio di oltrepassare quella soglia e ,dall’altra ,trattenuti dalla paura di incontrarsi.,di ritrovarsi davanti a noi stessi.

Entrare in autobiografia è un atto consapevole,segna la scelta di un appuntamento con se stessi,per mettersi in atteggiamento di un ascolto attento ,per predisporsi ad una rilettura ,ad una ermeneutica di noi stessi.

Entrare in autobiografia è superare la paura del tempo, perché l’atto autobiografico è sempre al presente.

S. Agostino, nel suo interrogarsi sul tempo , scrive:” « …Futuro e passato non esistono…Impropriamente si dice :”Tre sono i tempi .il passato,il presente e il futuro”. Più esatto,sarebbe dire:”Tre sono i tempi:il presente del passato,il presente del presente,il presente del futuro” .Queste ultime tre forme esistono nell’anima,ne’ vedo possibilità altrove :il presente del passato è la memoria,il presente del presente è l’intuizione diretta,il presente del futuro è l’attesa.”.[30]

Lo stesso poeta Gibran non si allontana da S. Agostino quando,interrogato sul tempo,risponde :” Vorreste misurare il tempo, l'incommensurabile e l'immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva e
vederlo fluire.

Ma l'eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo
E sa che l'oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio.
Chi di voi non sente che la sua forza d'amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere, e non passa da pensiero d'amore a pensiero d'amore, né da atto d'amore ad atto d'amore?
E non è forse il tempo, così come l'amore, indiviso e immoto?

Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l'attesa”.[31]

Entrare in autobiografia è entrare in un presente che è passato,presente e futuro perché la vita è senza tempo,è al di sopra del tempo,è la vita,semplicemente la vita che cresce ,che avanza,che ricorda,che vive l’oggi,che spera aprendosi al futuro.

Assumere il tempo ,passato,presente,futuro,come presente è imparare a ricomporlo come cosmos, a vedervi un’armonia anche negli opposti irragionevoli,a rintracciare quel kairos, quell’ora stellare, come la definisce Rahner,quel tempo favorevole che ci apre a una vita completamente nuova.

Entrare in autobiografia non è un esercizio di scrittura semplice,lo abbiamo già detto,le parole non bastano e non traducono se prima non riusciamo a stabilire un contatto con noi stessi al punto da sentire ,da sperimentare il sapore di noi stessi e,una volta gustato questo sapore, inventare nuove espressioni per esprimerlo. “ Moltissimi – scrive a tal proposito il sociologo ed esperto in metodologie autobiografiche Duccio D.– hanno…potuto provare la segreta passione,a volte l’ebbrezza,del vedere dalla propria vita generarsi parole,e le parole restituire questa vita,resa ancora più limpida,più vita”.[32]

E’ la sapevolezza che ,in una fase della mia ri - flessione,è risuonata dentro di me in tutta la sua novità pregnante.

Non è facile dire che scrivere l’autobiografia è un entrare in una nuova forma di scrittura perché si esperimenta ciò che dice Kahlil Gibran in un suo aforisma nel libro La Tempesta Sabbia e schiuma:” Tutte le nostre parole non sono che briciole cadute dal banchetto dello spirito.”[33]

E’ una scrittura d’anima. E’ uno scritto creativo,libero,spontaneo,inventivo,ma profondamente teleologico,perché porta in sé una finalità di crescita della coscienza,crescita della persona nella sua totalità.” A chi discende nello stesso fiume – scrive Eraclito nel De rerum naturae - sopraggiungono acque sempre nuove” . Scrivere la propria autobiografia è immergersi nelle acque della propria anima e scoprire rigagnoli di vita sempre nuovi.

“Per quanto tu possa camminare,- ricorda ancora Eraclito- e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lógos.”. Ma è proprio la forza di questo limite che conduce l’uomo a cercare,ad esplorare, a viaggiare ,a trascendersi.

In questo andare nelle profondità di un Logos che si rivela come novità inesauribile,perché “È proprio dell'anima - ci istruisce Eraclito- un lógos che accresce se stesso”,lo scritto autobiografico costruisce la sua narrazione artigianale che non rispetta regole,che mescola i generi,ne inventa di nuovi,crea un interlocutore a cui invia lettere per raccontare,passa dalla prosa alla poesia ,dalle riflessioni personali alle citazioni commentate,si sposta da una fase all’altra della vita senza alcun apparente collegamento che non sia quello di una unità interna ,di un tempo interno. E’ un alpinismo d’anima. E’ un io in movimento,che,mentre assume consapevolmente i suoi cambiamenti ,continua la sua espansione in avanti. E ai movimenti dell’io si accompagna il movimento di un pensiero che si fa parola scritta interiormente prima di essere tradotta in scrittura autobiografica. E non esiste in tutto questo tempo di estasi ,di uscita da sé, alcuna attenzione,nessuna cura ,nessuna scelta di stile,perché ciò che importa è dirsi la verità,quella verità che restituisce a se stessi e che fa scoprire quei sapori nascosti di sè.

Lo psicanalista Carotenuto,portando ad esempio il caso del poeta francese Joë Bousquet ,riconosce :” l’intima connessione tra processo di individuazione e linguaggio “ ed osserva “come la trasformazione della personalità possa passare anche attraverso lo strumento linguistico e la sua modificazione. Non è un caso che Joë Bousquet,dopo l’incidente,rielabori completamente il suo linguaggio e comprenda le immense potenzialità liberatorie della parola,quando la si faccia oggetto di una ricerca particolare, L’atto di scrivere assume valenze rituali,diviene il rito per eccellenza della iniziazione al mistero della propria esistenza,e dell’esistenza dell’uomo in generale”[34].

Scoprire le immense potenzialità liberatorie della parola, è come trasferire alla parola il sudore dell’anima,tutti i suoi gesti,i suoi atteggiamenti,i suoi pensieri più reconditi,i suoi dialoghi più sinceri con la vita che scorre dentro. Ma perché la parola possa liberare è indispensabile liberarla .

Liberare la parola,liberare la scrittura è educere il discorso interiore,lasciargli dire il non detto,il taciuto,il sommerso,riconoscergli il diritto di portar fuori tutte le emozioni, di chiamarle per nome,fargli riconoscere tutti i copioni verbali,i luoghi comuni,le frasi fatte,le abitudini mentali,le corde invisibili che continuano a legarlo,le parole indotte e soffertamene mentalizzate che lo chiudono in una paura da controllo , che lo caricano di rabbia, o lo costringono ad un distacco di difesa,bloccandolo nel suo incontro con la verità.

Perché la scrittura tradisce e traduce anche essa dei copioni,dei campi semantici ripetutamente rivisitati dalla stessa sintassi esistenziale.

Perché,finalmente,anche la scrittura porta le tracce di un vissuto,anche le nostre parole recano l’impronta di un nostro modo di vivere. Liberare la scrittura,liberare la parola diventa,allora,un impegno di crescita e una scelta etica di restituire alle nostre parole quella verità a cui da sempre sono chiamate perché in ciò sta la loro ragione di essere.

Ma non si dà parola libera e liberante,non può esserci scrittura autobiografica autentica se non si sciolgono i nodi invisibili che legano il discorso interiore.

L’ AUTÒS BÍOS GRAPÉIN diventa,in tal senso, una parola liberata e liberante in ragione del fatto che è la vita stessa che scrive di sé lasciandosi possedere dalla verità ,facendosi cercatrice di verità , non segno di copioni che rotola all’infinito su se stessa il macigno della sua ripetitività e fissità,[35] ma segno e simbolo di sentimenti aperto al futuro.

“Le parole acquistano allora il sapore di una verità – prosegue Carotenuto - che si rivela e che impone a colui che se ne fa tramite un impegno coerente e totale…quando sopraggiunge una illuminazione interiore che fa luce sui meccanismi più riposti della nostra psiche,è difficile continuare a barare. La parola non può più servire la menzogna,essa deve aderire alla verità. Non si può più perdere tempo in frasi vuote,non è più possibile mentire…ognuno di noi avverte la menzogna,il momento in cui le parole ci servono a nascondere anziché a svelare il nostro pensiero. Ci ascoltiamo con freddezza e distacco,come se a parlare fosse un altro,ed effettivamente sentiamo che quelle parole non ci appartengono,anzi ci separano ulteriormente da noi stessi. Solo se,nel parlare,attingiamo alla nostra esperienza intima,possiamo sentire veramente nostre le parole con cui ci rivolgiamo agli altri,parole destinate a tradurre e non a tradire….La nostra parola non ha senso …se non acconsente a misurarsi con la drammatica prova della discesa nel sottosuolo, solo così potrà essere feconda,carica di significato. Una simile capacità non è acquisibile con una tecnica,l’unico vero manuale sarà sempre il travaglio interiore che la parola traduce in messaggio di speranza… Chi parla col cuore non può barare:si può comunicare veramente all’altro solo ciò che è stato tradotto dal proprio silenzio.”(ibid. 175-176).

Quando si entra in autobiografia,proprio perché si entra nel sottosuolo,non esistono tecniche per scrivere di sé, l’unico vero manuale sarà sempre il travaglio interiore che la parola traduce in messaggio di speranza,come scrive Carotenuto.

La scrittura autobiografica è finalmente una scrittura autoanalitica e “L’autoanalisi – come osserva Duccio Demetrio – ha bisogno di nutrirsi di parole che non l’assopiscano nell’uso trito di termini consueti. Le parole dell’autoanalisi sono parole essenziali,vanno aperte con lentezza affinché rivelino altro ancora da quello che,al primo momento,paiono comunicare….Le parole sono vere e proprie chiavi esistenziali per aprire le serrature dei loro scrigni; sono parole per pensare di più…”[36]

Quando la parola mi prende io vivo nello stupore di potere prendere la parola”. (Vite nella Vita )

Io non so se si possa dare un nome ad una autobiografia,ma, nella libertà del mio artigianato narrativo, posso dire che,come accade per il nome che ognuno di noi porta e che costituisce una missione,dare un nome alla autobiografia è scoprire il motivo stesso per cui si entra in autobiografia. E’ un uscire da una kronos grapein ,da un semplice esercizio diaristico che scandisce solo il fluire del tempo,ed un entrare in un tempo nuovo,in una kairos grapein; è un passare da una kronos logia ad una kairos logia, da un pensiero,da un discorso sul tempo che passa ad una riflessione sul tempo che viene sempre come stagione favorevole,come novità di vita. Ha un senso,allora, chiamare per nome la propria vita,la propria autobiografia.

Vite nella Vita ,la mia autobiografia,la sua missione è il suo nome,il suo senso è nel suo nome,la sua vocazione è nel suo nome,la sua lettura,il suo stile narrativo sta nella scelta artigianale,ma non banale, del suo nome.

Ma perché non parlare di un titolo? Solo alle persone si dà un nome. Ma è proprio in ragione di questo nome che una autobiografia può diventare storia di una vita e chi la racconta ,mentre la scrive,diventa per la prima volta samaritano di se stesso,scopre in se stesso il primo prossimo più vicino,si mette in ascolto di sé,sfonda il tetto della propria anima per calarsi giù,fascia le sue ferite con amore ,comincia a re cordàre, a ritornare al cuore,laddove la vita riprende il suo sapore,inizia a narrare a se stesso di sé come medicina di sapienza per rimettersi in cammino ,riprendendo in mano la propria vita.

Ma ,quando tutto questo avviene,quando la cura sortisce il suo effetto,è un nuovo nome,una identità rinnovata che si assume,quando si esce,per così dire,dall’autobiografia,quando si esce da una kronos grapein per fare l’ingresso in un kairos grapein, l’autobiografia si dà un nuovo nome,perché è una nuova vita che si profila all’orizzonte.

Si sperimenta, allora, come la lunga lettera che scriviamo a noi stessi attraverso l’autobiografia, produca in noi un cambiamento di marcia,una conversione che,mentre ci fa posizionare consapevolmente in senso discorsivo,ci situa in maniera nuova nel nostro rapporto con noi stessi,con il Mondo e con gli altri.

Ci rendiamo conto ,allora,che ,in un certo senso,stiamo nascendo a noi stessi e diventa chiaro ciò che scrive Carotenuto:“ Se il senso di identità deriva dalla memoria,costituitasi negli anni attraverso la continuità degli affetti e delle esperienze che ci determinano,l’individuazione rappresenta il momento,nello sviluppo di ogni uomo,che implica il riconoscimento dell’estraneità:l’attenzione non è più centrata su ciò che ci rende coerenti rispetto al passato,ma su ciò che ci differenzia. E’ il punto a partire dal quale,sentiamo di poter riscrivere la nostra vita,in una chiave del tutto nuova e personale”.[37]

Ma quell’estraneità è quella distanza, oserei dire contemplativa ,che ti fa cogliere ,senza poter tradurre adeguatamente a parole,l’unicità e irripetibilità del proprio essere,”… una bellezza interna,una forza che dà luce al nostro sguardo,una veridicità che ci rende unici”(ibid.p.15)

“Mia cara Amica,ho cominciato a scrivere la mia autobiografia per far uscire tutto ,per esorcizzare il silenzio,anzi i silenzi di tante vite Raccontarsi non è un semplice parlare di sé,ma un ritorno in sé per parlare del sé.

E’ ritornare in se stessi,come il figliol prodigo per poter ritornare a casa,nella propria interiorità,riaprire le porte di ogni stanza e rivisitare ogni angolo della propria vita,riappropriarsi dei propri ricordi,delle gioie come dei dolori:RIABBRACCIARSI.

Mi piace tanto scrivere. Ho scritto ad ogni fase della vita. Quando frequentavo le scuole superiori scrivevo anche lettere per le amiche sia di classe o no quando scoppiavano liti tra di loro per dare consigli.

Questo viaggio dentro di me,mia cara amica,nel mezzo del cammin di nostra vita, è uno sguardo dell’anima che abbraccia tutta la mia vita nelle stanze della memoria ….

Ho ritrovato un’agenda di più di trent’anni fa che mi era stata regalata da una mia compagna di scuola per i miei 17 anni .

Questo navigare tra età diverse della mia vita,questo andare e venire mi aiuta ad incontrarmi con me stessa. … Sto cercando tutto quello che ho scritto per capire,per mettermi in ascolto di me stessa,per mettere ordine in me stessa,per ricostruire la mia vera identità……

Dopo questo viaggio dentro di me,mia cara amica,l’incontro con la vita, la vita di tutte le mie vite,è come sradicare con lo sguardo dell’anima la perenne armonia dell’universo.

La gioia,la tristezza camminano insieme,attraversano la vita ma senza dominare l’una sull’altra.

In questo nostro alpinismo d’anima,ho capito che ogni tappa della scalata offre una parte importante del panorama umano sia quando si sale spediti verso la cima, che quando si scivola indietro a valle.

Ai piedi della montagna c’è tanto da vedere prima di cominciare la salita,bisogna solo avere occhi per scavare dentro le rocce,orecchie per penetrare le voci lontane di arcani silenzi,mani per tendere corde .

Ogni piccola,a volte impercettibile, altezza ne richiama un’altra più elevata.

Durante la scalata ho rivisto la mia vita alla luce della Parola viva di Dio che stava entrando non tanto nella mia mente ,ma nelle profondità del mio cuore.

Ho rivisto quella che ho creduto fosse fede autentica, adesione sincera,pura,totale.

All’improvviso, ho colto di essere rimasta alle vesti lacerate senza arrivare al cuore.

Credo di aver vissuto una fede troppo raffinata senza conoscere una autentica umiltà di cuore.

Quando non riuscivo ad andare ne’avanti ne’indietro,ho vissuto giorni di profonda ,intima umiliazione ,di deserto totale, di paura, di abbandono, di ripiegamento su tutta la mia fragilità umana.

Ma proprio in quei giorni , l’umiltà e l’orgoglio mi sono apparsi la stessa cosa perché non avevo veramente conosciuti né l’uno né l’altro, veramente, fino ad ora.

L’umiltà vissuta fino a quel momento era forse una copertura sottile di un orgoglio più profondo ,mentre l’orgoglio era l’ostentazione profonda di sentirmi umile.

E’ come aver sfidato Dio, è come se gli avessi detto per tutto questo tempo di aver raggiunto la pienezza dell’abbassamento totale e l’annullamento di ogni residuo di orgoglio.

Mi sono sentita ferita nella mia presunta stabilità umana ma mentre la ferita sanguinava, cominciavo per la prima volta a piangere dentro perché Lui non c’era più con me, in me, anzi, sicuramente ,ero io che non ero più con il Signore.

Benedico il Signore per avermi condotto nel deserto :vivere è vivere nella sua grazia,che è verità totale,amore totale.

Benedico il Signore per averti messo sulla mia strada come un angelo che Lui mi ha mandato per accompagnarmi verso la Sua Luce.

In altri istanti si entra nell’insondabile mistero della vita che ti guarda mentre tu la guardi con ritrovato stupore.

E alla fine scopri che “Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”…. L’esemplarità ,la voglio chiamare con questo nome per non farmi ancora più male, della mia esistenza è di aver vissuto situazioni da adulta quando ero ancora troppo giovane e di vivere emozioni e ricerche da adolescente ora che sono adulta. Comincia a 50 anni, il grande viaggio dentro di me .

Ho scoperto il mio corpo completamente dimenticato, i miei desideri nascosti,le rinunce, l’inducazione ricevuta.

Sono andata in tilt quando mi sono resa conto di tutto il tempo che era passato,di quello che non avevo fatto e che non potevo più fare,e quando mi sono chiesta e ora che faccio? che posso fare?ho capito che c’era qualcosa al mio motore che non andava più,che qualcosa si era rotto.

Gli ADULTI-GUIDA che incontriamo lungo il nostro cammino(inviati dal Signore non per caso ,perché arrivano negli snodi cruciali della nostra esistenza e bisogna saperli riconoscere)agiscono come integratori umani sviluppando quelle parti di noi stessi che non erano mai cresciuti per tanti motivi

Il nostro fare anima mi ha fatto uscire da me,dalle mie chiusure,dai miei silenzi atavici,ancestrali,mi ha fatto camminare dentro di me senza paura per imparare a camminare nella vita.

L’essere in un percorso fa entrare in una specie di fretta esistenziale per cui le tappe evolutive ,benché appartenenti a fasi precedenti della vita,si bruciano con una rapidità maggiore per quella presa di coscienza, quel contatto consapevole con quelle “quote di immaturità” sommerse.

Adesso, tu non sei più “il genitore spirituale”, ma sei l’amica, la sorella di cui intercetto i messaggi profondi dell’anima e a cui invio i messaggi profondi della mia anima.

Io credo che stiamo uscendo da noi stesse un po’ alla volta ; la nostra vera identità sta risorgendo dalle profondità più recondite del nostro essere; graduatim, dolorosamente, faticosamente ,ma realmente .

I viaggi personali delle nostre anime stanno scavando ,dissodando ,setacciando, tracciando il nostro vero volto.

Non perdiamo di vista,tuttavia, la tensione verso il futuro, cadendo con tutta la desolazione possibile nella inconcludente tentazione di rimpiangere quel passato che non può tornare più.

Mentre ci stiamo guardando con gli occhi dell’anima; mentre ci stiamo ascoltando con il grande orecchio dell’anima,alla ricerca e alla individuazione di noi stesse, ci stiamo anche chiedendo che cosa fare ora.

Ora che abbiamo confessato a noi stesse i desideri nascosti, le cose che avremmo voluto fare, le “INDUCAZIONI” ricevute, le ombre ereditate dalle nostre famiglie :che cosa vogliamo fare ora della nostra vita? che cosa possiamo fare?

Questa domanda brucia costantemente dentro di noi. E’ un interrogativo al quale forse non riusciremo a rispondere se cerchiamo una visibilità.

La vita reale, autentica, totale, creativa ,bella, infinita ,eterna , sempre nuova è dentro di noi .

Mi viene da pensare a Marta e a Maria : Maria ha scelto la parte migliore che non le verrà mai tolta.

A mano a mano che la vita, anche quella che avrei potuto vivere diversamente(ma anche a riguardo dobbiamo tenere il giudizio sospeso perché non possiamo sapere fino in fondo) ,ritorna a me ricostruita dai miei ricordi, dai miei sogni notturni, dalle mie intuizioni, sento che LA VITA VERA È DENTRO DI NOI E NESSUNO PUÒ TOGLIERCELA.

E’ quella profondità di sentimenti, di emozioni, sogni, desideri, creazioni, fantasie.

E’ anche quella sensazione di essere fuori dal corpo o di non sentire una parte di esso perché comunque sto vivendo.

Quante persone sono? Sono sempre io? o mi confronto con una infinità del mio essere?

Mia carissima amica le difficoltà del momento risuonano dentro di noi come un’aria ormai nota quasi a dirci che questo momento è come un’eredità genetica: è il lamento di generazioni che forse si sono piante addosso invece di esplorare dentro il dolore stesso in tutte le sue espressioni. Ed in questo lamento è mancato il coraggio di osare la gioia, quella gioia profonda che nessuno può toglierci ,la gioia della vita, del dono della vita.

In questo lamento atavico chiuso alla speranza e che ha ormai forse perduto anche la memoria delle proprie radici c’è quella chiave che ha chiuso tante volte le porte del nostro CUORE che è il centro della vita.

Mia carissima sorella, dobbiamo uscire fuori da questa trappola che non è dentro di noi ma fuori di noi: dentro di noi la vita zampilla continuamente perché è una vita amata da Dio.

Ti abbraccio con tutta me stessa e più di me stessa mentre continuo con te questo cammino verso la vita, attraversando la vita, quella di ieri, quella di oggi e quella che il Signore vorrà. Tua sorella”(Vite nella Vita)

“L’autobiografia – scrive il Dottor Masini – può essere base per ricominciare poiché,attraverso il racconto di se stessi e la percepita comprensione da parte dell’altro,si può fondare un percorso di incoraggiamento a riprendere”.[38]

Non è per sbaglio che ho scritto Vita nelle Vite,ma,consapevolmente ho spostato i termini,perché,uscendo dall’autobiografia precedente ,ho cominciato a scrivere,attraverso il percorso intrapreso e descritto fino ad ora,una nuova autobiografia implicita, con un nuovo nome,perché comincia una nuova vita.

Mi piace riportare dalla mia autobiografia, in questa fase della riflessione,un sogno che feci circa un anno fa e che sottoposi al Professore Masini.

“…questa notte ho fatto un sogno,a dire il vero, sono brandelli ,piccoli frammenti di sogni sommariamente rammendati nel tentativo di ricomporne il tessuto sfilacciato .

A me piace parlare di alpinismo d’anima perché percorrere le stanze della propria casa interiore ,anche se sembra andare giù fino al fondo più profondo, in verità è una salita perché ci avviciniamo alla luce sempre di più, alla verità del nostro essere.

Ero in un palazzo dove mi aspettavo di trovare uffici ma ogni stanza era stata messa a disposizione per altre attività :in una si teneva un corso di chitarra, in un’altra un corso di danza e c’era una pianista ad un bel pianoforte con la testa armoniosamente inclinata quasi a seguire il movimento delle note, in un’altra si aspettava un certo professore che come prima attività insegnava inglese .Io guardavo con un grande desiderio di fare tutte queste cose.

Prima di questo sogno accompagnavo ,attraversando un pantano ,una parente con il suo bambino ,vedevo un escargot e glielo mostravo. Era buio e mi accompagnava scalza una persona che io conoscevo per evitare che andassi sola ad accompagnare la parente.

E’ un momento di bilanci e cambiamenti. Ho bisogno di riaccendere la mia vita incontrandomi con me stessa.

Ho scritto ad un esperto(il prof. Masini) per raccontargli questo mio sogno e mi ha risposto così :”

“Non c'è dubbio che lei guardi a me come al portatore di una lingua diversa. La trasformazione del suo edificio interiore è la necessità di cambiare uso delle sue stanze che vogliono musica, danza e un cedimento _ ripiegamento della testa - verso quella inclinazione malinconica negata a se (non so perché).

L'inglese è diverso dalle altre lingue (non necessariamente meglio), ha un'aria più moderna e sintetica, efficiente, operativa. Ed è vero che più si agisce più è possibile concedersi pause malinconiche. C'è un passaggio però tra malinconia ed armonia che è da chiarire: non si capisce perché si debba sempre pensare all'armonia sotto forma di sentimentalismo e non di scatenata e scanzonata solarità”

Mi viene in mente…. una mia “antica”poesia che ho ritrovato in quello che oggi chiamo “Il quaderno rosso” perché porta una copertina rossa ma ,rileggerlo,ha fatto su di me l’effetto non del rosso di una copertina ma mi ha risvegliato dentro un pianto silenzioso che nessuno ha forse mai sentito.

Dalle stanze della memoria adesso affiora tutta una vita non vissuta e i sogni,come scrivevo tanto tempo fa,diventano la biografia illusoria della realtà.

Vivere è l’eccedenza di cambiamento in noi. Vivere è la restituzione a noi stesse di ciò che noi siamo,nella verità,nella totalità.

Sono rimasti alcuni sogni nel cassetto :la musica,la danza. Ma ciò che importa adesso è lasciarsi attraversare dentro dalla sinfonia della vita .La musica è in ogni cosa. Un inno esce dal mondo,scriveva V.Hugo.

Vorrei raggiungere l’anima di quella ragazza che sono stata per dirle che l’aver affidato ai sogni la sua vita interiore,le sue emozioni,i suoi sentimenti l’ha salvata dallo spegnimento della sua luce più profonda perché ha conservato,comunque,un contatto forte,doloroso ma vivo con il suo sé.”(Vite nella Vita).

Sono entrata nel mio edificio interiore,mentre scrivevo la mia autobiografia,ho aperto le stanze della mia vita per abitarle con passi nuovi,i passi della vita . Scrivere di sé è un viaggio che apre scenari nuovi.

“Io sono un viaggiatore – scrive il poeta libanese Gibran- e un navigatore,e ogni giorno scopro una nuova regione della mia anima”.[39]

“…l’autobiografia… è il viaggio di formazione forse più importante che ci è dato intraprendere …l’espressione più elevata della coscienza e della consapevolezza”.[40]

Si sperimenta quell’eccedenza di vita,un desiderio di vivere di cui parla Ciantar nel testo già citato :”…la scrittura autobiografica,mentre ci accompagna nel ricordo di noi,anche come discesa nella nostra interiorità,nello stesso tempo ci mette ancora di più in contatto col mondo,fino a produrre passione di vita ulteriore”.(ibid. p. 9)

“ Il cambiamento è il risultato di un’espansione del sé nelle aree psichiche in cui il sé era rattrappito o meno evoluto;ovvero nella conoscenza e nel gusto di emozioni e sentimenti ignoti,o noti solo in parte. O,ancora meglio,la crescita è il risultato dello sforzo per riempire le carenze di vissuti antitesi ai consueti copioni…. La mancanza è la pista per l’artigianato educativo:partendo da ciò che manca è possibile pensare un itinerario educativo tendente alla crescita in tali dimensioni valoriali…L’equilibrio della personalità va di pari passo con la sua crescita,nelle direzioni in cui è carente”.[41]

La Teoria pedagogica dell’Artigianato Educativo ,a cui fa riferimento la citazione,ha orientato la riflessione sviluppata in questo lavoro e fonda lo spostamento ,descritto nel paragrafo precedente,da un artigianato narrativo che ha caratterizzato la mia scrittura autobiografica ad una autoanalisi discorsiva che ha consentito il riconoscimento di “quelle aree psichiche in cui il sé era rattrappito” e di partire dal frammento,come ho in precedenza evidenziato,per lavorare su ciò che mancava.

E’ stato necessario riconoscere i copioni che nella psicoterapia transazionale di Berne [42] costituiscono –il tentativo di ripetere”un dramma trasferale,spesso diviso in atti,esattamente come i copioni teatrali,che sono derivati….da drammi primari dell’infanzia”. [43]

“Il copione di ciascuno – ci aiuta a capire il Professor Masini commentando la teoria di Berne- è giocato in diversi stati dell’Io(Io bambino,Io genitore,Io Adulto),con particolari sequenze che si modellano ,ad esempio,nei processi di vittima,salvatore,persecutore,in quelli del bambino ribelle,bambino adattato,bambino libero o del genitore normativo e genitore affettivo. Il copione personale,fino a quando non venga rideciso,è ripetuto nell’intero corso della vita esprimendosi anche in processi di azione danneggiata: il soggetto che agisce come la madre in certe circostanze o il soggetto che agisce come se la madre lo osservasse,criticasse,correggesse o minacciasse,in certe altre”.

Più avanti,il Professore esplicita la sua interpretazione di copione affermando :”Il nostro modo di usare l’espressione copione è più generico: non indica necessariamente un processo di conflitto interno tra stati dell’Io ,ma una particolare introiezione di modalità che sono servite nel passato al bambino a proteggersi,a richiedere attaccamento, a ribellarsi,a distanziarsi, a stare in pace, a nascondersi o a sperimentare piacere…gli stati dell’Io sono l’impalcatura e gli attrezzi con cui il copione agisce le sue acrobazie. L’artigianato educativo non descrive i multipli processi di introiezione,né individua luoghi interni in cui l’introiezione si colloca,perché si dedica al contenuto specifico di ciascun copione(singolo,associato o multiplo)considerando gli schemi attivati nel sé come proprietà naturali derivate dalle emozioni prototipiche”.(ibid.p.184).

E’ possibile ,attraverso gli atti linguistici,mi riferisco alla scrittura autobiografica ,rinvenire dei copioni ,delle modalità che sono servite nel passato al bambino , è possibile riconoscere e dare un nome a quelle emozioni di base che hanno determinato i movimenti ,le transazioni dei diversi stati dell’io,tuttavia, un simile percorso richiede una grande integrità a livello discorsivo,una integrità che è sinonimo di libertà da quelle corde invisibili più volte ricordate.

Tra le righe,guidati dalla passione per la vita che scaturisce uscendo dall’autobiografia nel senso già precedentemente espresso, non è difficile riconoscere l’impronta grafica di un genogramma [44]familiare che ci ha timbrati,ma a mano a mano ,come in un palinsesto grafico/esistenziale ,ritroviamo anche il nostro authos grafein,la nostra identità.

La storia di ogni uomo si intreccia con altre storie . Ognuno di noi nasce in una famiglia e nasce in una cultura ed entrambe raccolgono l’eredità di altre generazioni,una eredità che interessa la genetica,la storia,le emozioni ed altri fattori.,ma questo non significa che la persona non abbia la possibilità di diventare se stesso.

Durante la rilettura analitica della narrazione ,anche se artigianale ,della nostra autobiografia,si fa esperienza della possibilità di dare un senso a ciò che è avvenuto “prima”, contestualizzando e legittimando le decisioni prese e, contemporaneamente, cominciando ad intravedere, ad aprire nuovi spazi relazionali, cognitivi ed affettivi, più adeguati a ciò che oggi siamo. Si entra in quello stato d’animo pennellato in maniera esemplare da Gibran,quando scrive :”Era solo ieri che pensavo di essere un frammento tremante e senza ritmo nella sfera della vita. Adesso so di essere io la sfera,e tutta la vita si muove dentro di me in ritmici frammenti”.[45]

L’avventura della scrittura autobiografica, quando ci lasciamo guidare dall’amore per la verità e da una grande onestà verso noi stessi,ci introduce ad una scrittura analitica che ci porta a “sentire” i sapori di cui siamo fatti,il sapore delle nostre emozioni,il sapore dei sentimenti,il sapore della ripetizione dei copioni che gustiamo come limitante poiché porta in sé quella sofferenza nascosta di intravedere delle risorse che non riusciamo ad utilizzare più per impedimenti che ci siamo creati da soli nel tempo che per ragioni oggettive.

La costruzione narrativa delle nostre emozioni diventa un processo psicoterapeutico capace di elicitare cambiamenti fisici e mentali.

Il lavoro autobiografico,se fatto con serietà,diventa una psicoterapia implicita che consente all’io di muoversi in zone psicologiche scarsamente esplorate o mai visitate.

A distanza di un anno circa ho compilato il questionario di artigianato educativo ed ho sperimentato quanto afferma il Dottor Masini :”… il processo di cambiamento è una dinamica sempre attiva nelle persone,anche se il suo articolarsi varia secondo i tipi oltre che delle circostanze”(ibid. p.121).

“La crescita personale non avviene necessariamente nella direzione che risolve qualche stabile problema di fondo;prima di realizzare il cambiamento centrale per la propria esistenza sono indispensabili altri passi che,in seguito,faciliteranno la soluzione del problema centrale”.(ibid.p.123).

I dati che sto per riportare relativi al secondo questionario confermano come la crescita sia un insieme di cambiamenti ,di movimenti dell’io,di una espansione graduale della coscienza. I grafi riportano degli scatti d’anima,come mi piace chiamarli,che sono indicativi di un processo evolutivo in cui è necessario imparare a cogliere anche piccoli spostamenti che sono,comunque,segnali di ripresa,finestre che aprono nuovi scenari esistenziali.

La tabella 1 raccoglie i punteggi riportati in ciascuna delle sette tipologie previste dal questionario di Artigianato Educativo.[46]

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Altri)

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Mondo)

Radar .Visualizza i cambiamenti dei valori in relazione a un punto centrale(Ambito Sé)

Come si può evincere dalla Tavola 5 il punteggio totale del questionario n. 2 è aumentato di valore.

Tale dato,tuttavia,può apparire irrilevante se confrontato con il totale del questionario n. 1 perché,comunque,segnala in entrambi i casi un risultato medio basso. Se ,al contrario,leggiamo i risultati parziali del questionario n. 2 all’interno delle tre zone psicologiche ,possiamo osservare un sensibile movimento dell’io psicologico.

Laddove emergono dei vuoti evidenziati in rosso nel questionario n. 1,già non appaiono più nel questionario n .2.

A tale proposito il Dottor Masini osserva nel testo più volte citato:”La prima e più importante interpretazione del questionario non avviene sulla base della diagnosi della personalità del soggetto,ma attraverso l’osservazione di ciò che non c’è….l’artigiano dell’educazione,che analizza il questionario,deve osservare dove sono i punteggi bassi del perimetro del totale del grafo. Tali punteggi indicano le mancanze specifiche di ciascuno nel vivere emozioni di base e nel trasformare i sentimenti con esse correlate in vissuti valoriali. La mancanza è la pista per l’artigianato educativo :partendo da ciò che manca è possibile pensare un itinerario educativo tendente alla crescita in tali dimensioni valoriali….L’equilibrio della personalità va di pari passo con la sua crescita,nelle direzioni in cui è carente”.(ibid.p.125).

Gli esiti del questionario n. 1 evidenziano dei vuoti soprattutto nella regione psicologica del Sé : nemmeno un segnale che faccia pensare a qualche espressione di piacere,è assente qualsiasi forma di pacificazione interna , manca il contatto con il sé,non c’è espressione alcuna di autostima.

Le carenze sull’asse dell’Adesivo “ fanno pensare ad una chiusura relazionale a causa di qualche problema. Il primo consiglio di artigianato educativo è quello di spingere a dedicare maggiore attenzione al rapporto col gli altri evitando di chiudersi nella solitudine”. (ibid. p. 126).

Il “basso punteggio nella tipologia dello Sballone implica un eccessivo autocontrollo e la scarsa capacità nel lasciarsi andare a cogliere il gusto della vita. Un simile soggetto avrà bisogno di essere entusiasmato,acceso,commosso,trascinato e forse coinvolto in emozioni intense e piacevoli per far sì che diventi meno ottuso e sordo verso il gusto del vivere”. (ibid. p. 126).

“Il basso punteggio nel tipo Apatico descrive un soggetto che non sa spegnersi e non sa stare in pace con se stesso. Forse per eccesso di carica ruminante,forse per ansia,tale persona si mantiene sempre accesa ed impegnata con la strategia di allontanare un temuto contatto con se stesso…l’artigianato educativo per queste persone passa attraverso la scelta di fare silenzio interiore e di costringersi a stare fermi,da soli o con altri,tenendosi con tutte le forze impegnati nel non fare. Spegnendo,al contempo,tutte le tendenze che si accendono dentro”(ibid. p. 126).

Il basso punteggio dell’Invisibile è mancanza di “capacità di umiltà e… sopportazione del dolore e della sofferenza. Un basso punteggio richiede ….l’aprirsi verso le esperienze dell’ascolto attivo”(ibid . p. 127).

“ Il cambiamento – afferma il Professore Masini – è il risultato di un’espansione del sé nelle aree psichiche in cui il sé era rattrappito o meno evoluto;ovvero nella conoscenza e nel gusto di emozioni e sentimenti ignoti,o solo noti in parte. O,ancora meglio,la crescita è il risultato dello sforzo per riempire le carenze di vissuti antitetici ai consueti copioni”.(ibid. p. 125)

Più avanti lo Psicoterapeuta afferma che l’ingresso in ambiti tipologicamente lontani al proprio copione di base è indicativo di un cammino di crescita.(ibid. p. 126)

Queste indicazioni mi aiutano a cogliere nel questionario n. 2 i cambiamenti che sono avvenuti in me nell’arco di un anno circa lavorando da artigiana dell’ e – educazione su me stessa.

Osservando nell’insieme la tabella del secondo questionario,si può notare che diminuisce il valore totale dell’Avaro e il valore parziale di tale aspetto della personalità nei confronti degli Altri,ma aumenta nel Sé. Il totale del Ruminante aumenta di una unità ma sale nei confronti degli Altri. E’ il picco più evidente.

Il calo più forte si evidenzia nel valore sia totale che parziale del Delirante .Aumentano sia la tipologia dello Sballone che dell’Apatico .Si raddoppia il valore dell’Invisibile. Sensibile crescita dell’Adesivo.

In questa fase di dopo confronto con la mezza età,come si evince dal questionario in esame, il sapore del delirante non è più quello che predomina sugli altri,mentre l’attaccamento attraversa con il valore più alto le tre zone psicologiche compreso il sé che nel questionario precedente segnalava un vuoto,una mancanza.

E’ proprio in questa differenza di valori DELIRANTE/ ADESIVO tra il primo e il secondo questionario che si può apporre lo zoom del cambiamento determinato da diversi fattori fra i quali la frequenza di un gruppo di interlocutori diversi(i docenti e i counselor della scuola di Roma). Il cambiamento di gruppo costituisce sul piano sociale,culturale,umano,esistenziale,spirituale e psicologico una messa in discussione di scelte e comportamenti anchilosati dalle abitudini e dalla routine. Nuove transazioni,nuovi scambi sociali diventano occasione di una nuova presa di coscienza. Se il gruppo,come nel mio caso,condivide anche gli stessi interessi,pur nella diversità delle esperienze,si verifica una crescita collettiva alimentata da contatti telefonici, telematici,scambi di auguri,condivisioni di esperienze positive e non,di progetti e altro.

La diminuzione del Delirante,come si può osservare nel secondo questionario, fa crescere anche l’Invisibile,l’Apatico,che era totalmente assente nel sé,lo Sballone,tutte tipologie presenti nel gruppo di counselor di cui faccio parte. La caduta di valore sull’asse del Delirante non è una perdita di libertà,emozione di base che accompagna tale tipologia,ma la libertà si libera della sua componente di orgoglio e si arricchisce di umiltà che non è negazione di sé ma ascolto accogliente,attento,concentrato e premuroso verso se stessi,gli altri e il mondo.

Se la fase precedente era attraversata dalla paura,dal distacco e dalla rabbia,la fase attuale è segnata da un forte attaccamento,e dalla rabbia che va vista come energia positiva,desiderio di cambiamento,impegno nel nuovo,comportamento agito,confronto con la paura ,superamento dell’ansia,elaborazione dei ricordi,coraggio nuovo di affrontare la vita,di andare avanti,di accogliere il cambiamento.

Sono,in questo momento,una conferma per me le affermazioni, già citate,ma che desidero sottolineare ancora ,di Andrea Ciantar quando scrive :”…la scrittura autobiografica,mentre ci accompagna nel ricordo di noi,anche come discesa nella nostra interiorità,nello stesso tempo ci mette ancora di più in contatto col mondo,fino a produrre passione di vita ulteriore”.[47]

La narrazione autobiografica contribuisce sensibilmente al cambiamento ,a svolte importanti,perché durante la discesa nelle stanze della memoria,l’incontro autentico con noi stessi non determina un ripiegamento ma ,al contrario,accende il desiderio di far vivere quei driver[48]in attesa dentro di noi.

“E’il processo di crescita della nostra coscienza – ci illumina Carotenuto – che dirige e allarga la ricerca di nuove verità,in grado di offrire nuove prospettive di pensiero capaci di far vibrare la nostra anima”.[49]

Più avanti lo Psicoterapeuta spiega che“…la verità è il risultato di continue verifiche,ricerche,approfondimenti;ogni meta raggiunta è solo una tappa nella soluzione di un problema,il punto di partenza di nuovi percorsi di ricerca”.

L’espansione della nostra coscienza va di pari passo con la nostra voglia di vivere e l’una alimenta l’altra perché,a mano a mano che le piccole e grandi verità quotidiane appaiono alla nostra coscienza,si manifesta sempre più evidente che la scelta più importante e decisiva diventa la scelta della vita ,una scelta di libertà,una scelta etica,la scelta etica prioritaria,l’analogatus princeps,potremmo dire,il principio fondante a cui si rapportano tutte le altre scelte.

Ma è necessario un contesto educante con figure e strumenti idonei affinché il soggetto possa diventare capace di contenere in sé e mantenere fede nel tempo a questa scelta di fondo,sviluppando la grandezza di diventare se stesso e non ciò che gli altri vogliono farne.

La grande sfida si gioca proprio su questa possibilità di vivere la propria vita piuttosto che quella che stanno confezionando per noi,perché,nel momento in cui la coscienza apre le sue porte che sono state sprangate per tanto tempo,se non trova un setting esistenziale in grado di ricostruire tutto un vissuto umano lacerato,non è per niente facile ricominciare,anche se non è impossibile,poiché “Lavorando su stesso,l’individuo trasforma la materia grezza di cui è composto in una pietra preziosa,in gioiello: questo è il discorso della psiche. Il risultato di tale sforzo di autoconoscenza non è che un andare alle fonti del Sé, giacché io riuscirò a diventare me stesso,solo nella misura in cui verrò nutrito dall’interno – è questa la vera forza dell’io.”.(Carotenuto ibid.p.59).

Un discorso esaltante,ma soprattutto colmo di speranza,aperto all’avvenire,al futuro,alla vita nuova che viene sempre se impariamo a riconoscerla e ad accoglierla.

“Il riepilogo del passato è essenziale per fare il cambio di stagione: si toglie l'inutile, si conserva ciò che è ancora buono, si aggiunge il nuovo. Ma buttare via tutto il vecchio, considerandolo inutile, può solo portare a un dispendio insensato di energie, alla disintegrazione e all'alienazione da noi stessi”[50]

“Dopo il percorso fatto…ho capito ,in questa stagione della mia vita ,che è importante rivisitare le varie fasi di crescita dell’io, perché la vita senza memorie sarebbe come un archivio vuoto , così come Claustrum sine armario erit sicut castrum sine armamentario, un convento senza il suo archivio sarebbe come una fortezza senza il suo arsenale.

Il quaderno rosso,la vecchia agenda,i fogli sparsi ,le pagine di un antico raccoglitore come abiti tolti dallo stesso armadio e indossati tanto tempo fa ,mi hanno raccontato la mia vita,per fare il cambio di stagione.

Ciò che era buono, invecchia di giovinezza come il vino ,per continuare nel tempo quel. Brindisi alla vita scritto quando avevo ancora 17 anni.

Ho ripreso volutamente tale citazione già fatta in precedenza per rafforzarne l’importanza e la centralità all’interno di tutto il percorso fatto fino a questo momento.

L’autobiografia diventa l’occasione per fare il cambio di stagione. Cambiare richiede cor – aggio ,ovvero la capacità di agire con il cuore,ascoltando,riconoscendo e accogliendo le istanze più profonde.

E’ come aprire le ali tra la memoria e la speranza. Ma per poter volare su due ali decidendosi per il nuovo orizzonte che si apre davanti a noi,è necessario liberare la scrittura e liberarla vuol dire è edu -carla,lasciarle dire il non detto,il taciuto,il sommerso,tirar fuori tutte le emozioni,farle chiamare per nome,farle riconoscere tutti i copioni verbali,i luoghi comuni,le frasi fatte,le abitudini mentali,le invisibili corde che continuano a legarla,le parole indotte e solamente mentalizzate che la chiudono in una deliranza di difesa,bloccandola nel suo incontro con la verità. Perché la scrittura tradisce e traduce anche essa dei copioni,dei campi semantici ripetutamente rivisitati dalla stessa sintassi esistenziale,perché,alla fine,anche la scrittura porta le tracce di un vissuto.

Ed allora,bisogna restituirle un avvenire,aprirla alla speranza di passare anch’essa dal racconto al passato di emozioni già vissute al racconto pensato,consapevole dei sentimenti del presente.

Entrare in autobiografia è accorgersi di entrare in un processo di trasformazione linguistica perché a mano a mano che il racconto di sé assottiglia il legame con ciò che siamo stati ,ci accorgiamo di avere davanti a noi una persona con un abito nuovo,o meglio con i suoi veri abiti.

Ci accorgiamo che siamo rimasti per tanto tempo uomini del passato perché non abbiamo saputo o non abbiamo voluto leggere i segni della vita. Come i discepoli di Emmaus (Luca 24.21) mentre la vita sta camminando insieme con noi,continuiamo ad incarnare la sintassi del passato :”Noi speravamo”...

Ma,la cosa più drammatica è che nel vivere dei copioni,finiamo per rimanere legati anche al passato degli altri non solo al nostro passato ,mentre dentro di noi la nostra vita aspetta di essere vissuta.

Ed è questa vita ,questa eccedenza di vita che comincia a zampillare dentro quando si esce dall’autobiografia. Ed è allora che avviene il cambio di stagione,l’inizio del cambiamento. E’ il saper riconoscere i segni della vita nuova che comincia ed incominciare a scrivere una nuova auto – bio – grafia.

“Per cominciare a guarire – scrive la Pinkola –dite la verità sulla vostra ferita, e così avrete una visione veritiera del rimedio cui ricorrere. Non buttate nel vuoto,tanto per riempirlo,le cose più facili o disponibili. Adottate la medicina giusta,la riconoscerete perché rende la vita più forte e non più debole”.[51]

Siamo partiti per la nostra riflessione da una teoria pedagogica che è quella dell’ Artigianato Educativo di Prepos che affonda le sue radici nel modello transteorico ma ne allarga e arricchisce la riflessione e le applicazioni.

Si parte sempre da una teoria,o se ne inventa una nuova,per sviluppare ,proporre o intraprendere un percorso.

Abbiamo avuto modo di ripercorrere i fondamenti epistemologici dell’Artigianato Educativo creato dallo Psicoterapeuta Vincenzo Masini.

Abbiamo imparato a conoscere,ad utilizzare ed interpretare il Questionario,uno degli strumenti di questa teoria pedagogica.

Siamo entrati in autobiografia e abbiamo fatto una rilettura della stessa guidati da questa teoria che ci ha insegnato a dire la verità sulle nostre ferite,che è il passo più importante per cominciare a guarire.

Riconoscenti verso il maestro che ci ha trasmesso il suo insegnamento e che ci ha permesso di imparare a chiamare per nome le nostre ferite,a ribaltare tutto in positivo,non vogliamo tenere per noi quanto abbiamo ricevuto,quanto abbiamo pensato,traducendo in proposta operativa una forma di counseling autobiografico che fa espressamente riferimento all’Artigianato Educativo.

Alla voce Narrazione/Narratività nel Dizionario essenziale di Counseling già citato ,leggiamo:”Modello di intervento centrato sul racconto di sé,utilizzato in più ambienti” e viene fatto espressamente riferimento all’autobiografia.

Partendo da tale definizione e coniugandola con la definizione di counseling che troviamo nello stesso dizionario di Prepos,ovvero,:”Relazione d’aiuto che muove dall’analisi dei problemi del cliente,si propone di costruire una nuova visione di tali problemi e di attuare un piano di azione per realizzare le finalità desiderate dal cliente(prendere decisioni,migliorare relazioni,sviluppare la consapevolezza,gestire emozioni e sentimenti,superare conflitti)”,possiamo legittimamente pensare ad una relazione d’aiuto ,ad un modello di counseling dunque,centrato sul racconto di sé,ovvero sull’autobiografia,come luogo di auto-analisi da cui partire per realizzare le finalità desiderate dal cliente.

Pensare ad una figura di counselor autobiografico significa fornire a tale profilo professionale una formazione mirata che privilegi ,laddove si presenta l’esigenza di instaurare una relazione di aiuto,l’approccio pedagogico della narrazione di sé,la scrittura della personale storia di vita, come prima forma di ascolto del cliente.

Poiché l’entrare in autobiografia comporta un contatto profondo con il sé al punto di sentire il gusto di sé,delle proprie emozioni,dei propri ricordi,è necessario per il counselor porsi in un atteggiamento di ascolto passivo,ovvero un ascolto di accoglienza di ogni atteggiamento che il cliente può esprimere durante il racconto scritto della propria vita,un ascolto che sa interpretare ma senza giudicare ,un ascolto che raccoglie indizi ma non interrompe il flusso di pensieri che la scrittura autobiografica innesca. E’ un ascolto empatico, che non impone direttive ma pone l’altro nella condizione di esplorarsi per trovare la sua verità.

E’ il momento dell’auto-analisi in cui il counselor non può e non deve entrare perché non si tratta dei propri ricordi ed ogni intromissione potrebbe interrompere e compromettere un contatto importante con il sè.

Il cliente deve decidere liberamente di entrare in autobiografia,a partire dal momento in cui il counselor glielo propone con alcune indicazioni preliminari,prendersi del tempo,non aver fretta,sentirsi liberi da ogni vincolo.

Il setting autobiografico ,in un certo senso,si va costruendo proprio attraverso quel colloquio profondo che la persona impara a trattenere con la sua memoria che non è semplicemente un archivio di dati appartenenti al passato,ma il sacrario di alcuni frammenti della propria vita,un luogo che va visitato con rispetto ,ma senza paura ,per poter fare il cambio di stagione,per crescere,perché la parola chiave che alimenta dall’interno ogni narrazione di sé è crescere. E’ attorno al campo semantico di questa espressione che un’autentica autobiografia nasce ed è anche a partire da questo termine che si costruisce tutta l’azione del counselor sia nella fase di ascolto passivo,nel senso precedentemente indicato,sia nella fase di ascolto attivo che coincide con il momento in cui il cliente decide di condividere la narrazione della storia della sua vita con chi ha scelto come suo accompagnatore in un momento difficile della sua esistenza.

Sia l’ascolto passivo che l’ascolto attivo sono atteggiamenti pedagogici di apertura comunicativa che devono essere strutturati per poter instaurare delle dinamiche relazionali di aiuto finalizzate alla crescita della persona e per questo volte a cambiare,migliorare un suo modo di essere.

Il momento in cui il cliente consegna la sua autobiografia al counselor è come una consegna della propria vita,della propria intimità e la risposta empatica del counselor deve essere immediata e non può essere se non quella di un amico che accoglie le confidenze di chi ha riposto ogni fiducia in lui,con un valore aggiunto che è rappresentato dal suo counseling.

E’ questo il momento in cui il counselor può somministrare al cliente il questionario di artigianato educativo per poter effettuare una lettura incrociata con le informazioni autobiografiche,prima di accompagnare il cliente in una lettura più profonda della sua autobiografia.

L’azione del counselor non è tanto quella di fare l’analisi testuale dell’autobiografia ,né tanto meno di dare delle risposte, quanto di sollecitare delle domande nel cliente perché porsi delle domande porta già in sé la consapevolezza di un problema,di una circostanza,di un evento e conduce ad una crescita della coscienza.

Raccontarsi è già un chiedersi, perché ricordare è pensare ,è ritornare sugli eventi,sulle situazioni,è guardare le proprie ferite con uno sguardo nuovo,senza allontanarle,ma imparando a curarle,chiamandole per nome,riconoscendole.

Il recupero dei ricordi raccontati ad un altro da me segna il momento di una nuova presa di coscienza ,di una rinnovata consapevolezza di sé, della propria identità, della propria vita , del proprio passato.

Il counselor ,che ha già letto l’autobiografia, ora sa,conosce la storia di vita tracciata in quella autobiografia in cui il cliente è,in un certo senso,uscito da sé per incontrare se stesso.,

Il counselor sente ,ora,il sapore di quella vita narrata e da quel sapore particolare,unico,originale e irripetibile scaturito dalla sintassi esistenziale che le parole hanno tessuto nell’autobiografia,da quel sapore deve partire nel suo incontro con il cliente a lettura avvenuta dell’autobiografia. Potrebbe trattarsi del sapore di una ferita personale,o di una ferita familiare,o altro,incistata in un campo semantico ricorrente che il counselor deve saper riconoscere e sul quale deve ,in qualche modo,porre l’attenzione del cliente. Il counselor potrebbe esordire con “Raccontami la tua vita” per rinvenire quel campo semantico che più di tutti porta il dolore di una ferita. L’intensità del dolore tradotta in una parola è,in apparenza,un mezzo semplice di comunicazione tra il cliente e il counselor,ma questa semplice parola può essere carica di numerosi messaggi sotterranei che è necessario decodificare. Il counselor deve essere in grado di far cogliere al suo cliente come il recupero dei ricordi accresca la capacità dell’Io di entrare nelle stanze della memoria e di rivisitare ,affrontandole, emozioni,eventi,circostanze,situazioni rimosse. Il valore terapeutico di questa rivisitazione di un passato lontano o recente attraverso la scrittura risiede proprio nella possibilità di liberare, attraverso le parole, delle verità taciute e di restituire a queste verità la loro autentica identità,i loro reali contorni,il loro giusto peso,la loro reale misura. L’azione del counselor diventa un’azione transferale perché egli deve essere capace di trasferire un’esperienza emozionale correttiva,per cui se il cliente nella narrazione di sé si sente ancora il bambino succube di un padre padrone,egli deve imparare a discriminare tra passato e presente,non è più il bambino di un tempo ma l’uomo di oggi.

La descrizione che il cliente fa del suo dolore,delle sue ferite nell’autobiografia ,rappresenta un punto di appoggio nell’anamnesi in assenza di segni fisici oggettivi. E’,allora,il dolore e il ricordo che ne conserva il cliente che costituiscono la pietra angolare non solo per suggerire una diagnosi ,ma anche per valutare l’ efficacia di eventuali trattamenti da proporre per guarire le ferite del passato. In tal senso,la scrittura autobiografica diventa un percorso terapeutico che permette di riconoscere e trasformare i copioni della nostra sofferenza che si ripetono,a volte,per generazioni,sciogliendo i nodi di quelle corde invisibili che ci tengono legati interiormente ,per far volare finalmente l’aquila che c’è in noi. Se ri – cordare nel suo significato etimologico significa riportare al cuore,al centro della vita dunque,cambiare vuol dire avere il cor – aggio,ovvero la capacità di agire ,cioè di trasformare il ricordo in una risorsa di vita nuova attingendo sempre dal cuore,cioè dalla vita.

Il counselor autobiografico deve saper che ogni autobiografia è caratterizzata da una storia dominante,da un tema centrale che rappresenta il centro della vita mentale di una persona e che può costituire la chiave per comprendere la sofferenza di una persona . Ed è proprio la ridondanza di questo tema che può essere quella corda invisibile che blocca la crescita di quel soggetto,che gli impedisce di continuare a scrivere la sua storia,di dare un futuro alla sua vita,di fargli spiccare il volo.

Tale ridondanza deve essere recepita dal cliente perché possa svilupparsi in esso una maggiore sapevolezza, ovvero affinché egli possa riconoscere consapevolmente i diversi sapori di se stesso e lavorare per dare una fragranza nuova alla sua vita.

Risulta ,allora, benefico narrare e raccontare la propria esistenza, soprattutto nelle situazioni in cui il contatto con se stessi appare sfaldato, e diventa,pertanto,urgente ed indispensabile ricostruire la propria identità attraverso il recupero dei ricordi raccontati dalle parole che rivelano quanto il linguaggio sia produttore di cambiamento.

La funzione del Counselor consiste nell’accompagnare e orientare il soggetto per arrivare a chiarificare e comprendere i problemi, che emergono dalla scrittura autobiografica ,ma egli non effettua interventi terapeutici, offre esclusivamente un aiuto nella ricerca di una soluzione. Egli fa comprendere come l’avventura analitica , attraverso la narrazione di sé ,inizia da quel “sentire”; da quel senso di ripetizione e di limitazione che in un determinato momento della nostra vita ci coglie; dalla sofferenza di vederci come dei sopravvissuti,delle persone agite piuttosto che agenti.

Il counselor deve far prender coscienza al cliente del fatto che, durante l’implicito percorso analitico proprio dell’autobiografia, si sperimenta la possibilità di dare un senso a ciò che è avvenuto “prima”, contestualizzando e legittimando le decisioni prese e, contemporaneamente, ci si permette di intravedere, di aprire spazi relazionali, cognitivi ed affettivi, più adeguati a ciò che oggi siamo.

L’autobiografia proprio perchè manifesta ,attraverso le parole usate,segnali di copione ,si rivela per il counselor uno strumento rivelatore de i contenuti del Copione di vita che caratterizza un determinato soggetto. Da questo copione egli deve partire per tessere una relazione di aiuto da artigiano dell’educazione tendendo a sviluppare autonomia nel cliente e liberandolo da ogni forma di dipendenza,ma mai sostituendosi a lui,decidendo per lui,ma piuttosto risvegliando in lui ciò che egli è. Il counselor non insegna ma lo conduce alla soglia della sua mente come scrive Gibran a proposito dell’insegnamento :

“Nessuno può insegnarvi nulla,se non ciò che in dormiveglia giace nell’alba della vostra conoscenza. Il maestro che cammina all’ombra del tempio,tra i discepoli,non dà la sua scienza,ma il suo amore e la sua fede. E se egli è saggio non vi invita a entrare nella casa della sua scienza,ma vi conduce alla soglia della vostra mente….Giacché la visione di un uomo non impresta le sue ali a un altro uomo. E come Dio vi conosce da soli,così tra voi ognuno deve essere solo a conoscere Dio,e da solo comprenderà la terra”.[52]

Al termine di questo lavoro che considero un lavoro fatto,innanzitutto,su me stessa,partendo dalla mia autobiografia,sento di dire grazie al Professore Masini che ha risvegliato in me la voglia di ricominciare in una fase della mia vita in cui ,nel fare il riepilogo del passato,mi stava sfuggendo che la vita ricomincia sempre,che è possibile ribaltare tutto in positivo ed aprirsi al nuovo,al cambiamento.

Questo lavoro coincide con un percorso di vita. Un Counselor non può e non deve prepararsi sul sentito dire o sulla pelle degli altri,ma deve cominciare a riconoscere il sapore di sé,crescere in ciò che ho chiamato sapevolezza ,la consapevolezza del sapore di sé.

A tale proposito scrive il Professore Masini ,parlando della necessità del medico di raccontare la sua storia di vita per una maggiore apertura verso la storia del paziente,:”Spesso fino a quando non si abbia avuto la possibilità di raccontarsi non si possiede la capacità di ascoltare un racconto”.[53]

La narrazione di sé,attraverso l’autobiografia,diventa il momento di verità più importante e più significativo per la crescita della coscienza,per la crescita della persona nella sua totalità,perché è la verità che ci rende liberi,come ci ricorda s. Paolo.

La libertà è una conquista quotidiana mai conclusa, perché a mano a mano che la nostra coscienza si allarga,una nuova verità si fa strada dentro di noi ed ogni nuova verità scioglie quelle corde invisibili che giacciono dentro di noi.

Questo lavoro appartiene alla conquista di un frammento di libertà e di un frammento di verità,per questo non può considerarsi concluso,ma è solo un inizio che,comunque,porta in sé il desiderio di andare avanti,di camminare,di scoprire nuovi orizzonti e nuove prospettive,di condividere con altri il percorso fatto.

La proposta avanzata di pensare ad una figura di counselor , formato alla Scuola psico -pedagogica dell’Artigianato Educativo fondata dallo Psicoterapeuta Prof. Masini ,che si occupi in modo particolare dello scritto autobiografico come strumento di indagine e di intervento in una relazione di aiuto,nasce dalla personale esperienza sulla ricaduta positiva in termini di crescita e cambiamento a cui conduce la narrazione di sé.

“L’autobiografia ,- scrive il Professore Masini nel testo citato –può essere base per ricominciare poiché,attraverso il racconto di se stessi e la percepita comprensione da parte dell’altro,si può fondare un percorso di incoraggiamento a riprendere”(224),di motivazione a ricominciare in vista di un cambiamento che chiede decisione e mantenimento della decisione presa.

Anche per il counselor,come per il medico, soggetto cui si riferisce nel testo in esame lo psicoterapeuta,la principale risorsa per incoraggiare nasce dal parlare di sé al cliente. Partire da alcuni aspetti della propria autobiografia per confrontarsi con la storia di vita del cliente è partire dalla verità .

Se in questo momento avessi un cliente vicino a me con una storia di vita molto pesante,gli direi che uscendo dalla mia autobiografia,ho cominciato a scriverne una nuova perché la mia vita ha avuto una svolta e mi sto ritrovando a fare anche cose mai fatte,perché non è la vita che ci tradisce tante volte ,ma siamo noi che non sappiamo vedere il suo arrivo continuo , sempre nuovo e promettente anche nelle situazioni più difficili,anche nei momenti di disagio che sono,invece,il tempo della prima autentica presa di coscienza di noi stessi,del mondo e degli altri. “Non si vede bene che con il cuore,l’essenziale è invisibile agli occhi” scrive il poeta francese A. de St-Exupéry per ricordarci che bisogna imparare a guardare dentro di noi e non fuori di noi.

L’essenziale è imparare a vedere, con occhi nuovi,il tutto nel frammento perché“in tutti c’è tutto”[54],è imparare ad innamorarsi della propria parte ignota,è saper leggere nelle dissonanze della vita un’armonia nuova che si sta componendo,in ogni forma di disagio una breccia che ci conduce ad una crescita della coscienza,in ogni emozione primaria l’embrione di sentimenti più maturi e consapevoli,in ogni copione la possibilità ,come per un palinsesto,di ritrovare la nostra vera identità. Bisogna imparare a girare il caleidoscopio della vita,il kalos(bellezza) eidos (immagine)skopein (guardare)per sentire il sapore di nuove combinazioni di luce che la vita proietta dentro di noi.

Ø Agostino S., Le Confessioni,XI,20,Fabbri Editori,I Classici dello Spirito,Milano,1997

Ø Carotenuto A. I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione, Milano,Tascabili Bompiani 2001

Ø Carotenuto A. ,Integrazione della personalità, ,Tascabili Bompiani ,Bologna 2002

Ø Dizionario essenziale di Counseling ,a cura dello staff di Prevenire è Possibile,Litograf Editor s.r.l.,Cerbara,Città di Castello Febbraio n.2006

Ø Duccio.D. ,Scritture erranti. L’autobiografia come viaggio del sé nel mondo. Intervista a cura di A.Ciantar, Edup,Roma 2003

Ø Duccio D.,Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé,p. 225,Raffaello Cortina Editore ,Milano 2003

Ø Duccio D.,Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé,p.21,R. Cortina Editore,Milano,1996

Ø Gibran G. K,La Tempesta Sabbia e schiuma, Baldini Castaldi Dalai Editori S.P.A,2005

Ø Masini V., Medicina narrativa,comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico-paziente, Milano,Franco Angeli ,2005

Ø Monbourquette J., I lati nascosti della personalità. Come riconoscerli e accettarli, Milano, Paoline, 2001

Ø C.Pinkola Espés, Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna selvaggia, Piacenza, Ed. Frassinelli 2004

Ø Troiani D., La formazione del counselor: responsabilità verso se stesso e verso gli altri. Riflessioni sul Convegno. 13° Convegno di Prepos,12 febbraio 2006.

[1] Dizionario essenziale di Counseling ,a cura dello staff di Prevenire è Possibile,Litograf Editor s.r.l.,Cerbara,Città di Castello Febbraio n2006

[2] J.Bousquet,Da uno sguardo un altro. p. 68,Rimini, Panozzo Editore,1987. Così commenta A.Carotenuto l’affermazione di Bousquet.”Così come le mani sono gli strumenti attraverso cui l’uomo si accosta agli oggetti per conoscerli e trasformarli,forgiandoli a sua immagine,l’anima è lo strumento mediante il quale possiamo accedere a una comprensione “interiore”della realtà”(ibid.,141)

[3]A. Carotenuto I sotterranei dell’anima. Tra i mostri della follia e gli dèi della creazione. p. 110, Milano,Tascabili Bompiani 2001

[4] Un contadino si recava al mercato con tre dei suoi asini per vendere il suo raccolto. La città era lontana e ci volevano diversi giorni per raggiungerla. La prima sera, si fermò per riposarsi non lontano dalla casa di un vecchio eremita. Nel momento di legare il suo ultimo asino,si accorse che gli mancava una corda.

“Se io non lego il mio asino,si disse,domani se ne sarà scappato verso la montagna!”.

Salì in groppa al suo asino dopo aver ben legato gli alti due e si diresse verso la casa del vecchio eremita. Quando arrivò,chiese al vegliardo se poteva dargli una corda .Il vecchio da tanto tempo aveva fatto voto di povertà e non possedeva nemmeno una corda,tuttavia,rivolgendosi al contadino,gli disse:”Ritorna alla tua tenda e come le altre volte fai il gesto di passare una corda attorno al collo del tuo asino e non dimenticare di far finta di legarlo ad un albero” .

Perso per perso,il contadino fece esattamente ciò che gli aveva consigliato l’eremita .Il giorno dopo,non appena si svegliò,il primo sguardo del contadino fu per il suo asino. Era sempre là ! Dopo aver caricato i tre asini,decise di mettersi in cammino,ma nonostante tutti i tentativi per tirare il suo asino,spingerlo,non approdò a nulla. L’asino rifiutava di spostarsi. Disperato,ritornò dall’eremita e gi raccontò la sua disavventura. "Hai tolto la corda?" gli chiese il vegliardo. "Ma non c’è nessuna corda!"rispose il contadino .

[5] “Questo discorso porta ognuno di noi a chiedersi quale sia la propria immobilità,la propria zona d’ombra. spesso noi stessi siamo gli artefici della nostra immobilità,secondo le circostanze che ci siamo procurati…..In molti casi è necessario un intervento tempestivo,senza il quale si rischia di rimanere immobili per anni….Ognuno darà un nome alla propria “immobilità” . “…per ognuno di noi il cammino verso l’autocoscienza si configura come un terreno fecondo di resurrezioni ,perché, nel momento in cui ci interroghiamo,lasciamo il luogo angusto delle nostre paralisi e navighiamo verso orizzonti aperti “A. Carotenuto(ibid. 130,131,153)

[6] V. Masini, Dalle emozioni ai sentimenti,p. 59,Terni,Prevenire è possibile,2001

[7] A .Carotenuto, Attraversare la vita,p. 2, Milano, Bonpiani, 2001

[8] C.Pinkola Espés, Donne che corrono coi lupi. l mito della donna selvaggia, p. 36;33, Piacenza,Ed. Frassinelli 2004

[9] Daniela Troiani,corrispondenza personale con la scrivente.

[10] E.Hillesum,Diario 1941-1943,p.61,Milano,Adelphi,1992

[11] G. K. Gibran, Il Profeta,p. 71,Parma,U. Guanda Ed.,1988

[12] op. cit. p. 121

[13] A.Carotenuto,Le lacrime del male,p.98,Milano,Tascabili Bompiani,2002

[14] Il termine screenshot (dall'inglese screen: schermo e shot: scatto fotografico, quindi: fotografia dello schermo) indica una foto che riprende, in istantanea, ciò che appare sullo schermo di un monitor, di un televisore o di un qualunque dispositivo video.In italiano, il termine screenshot trova l'equivalenza in cattura dello schermo e, in ambito colloquiale, in cattura, schermata o, meno frequentemente e meno appropriata videata. Nell'ambito dell'informatica, lo screenshot è il risultato della cattura (istantanea) di ciò che è visualizzato sul monitor del computer. Va precisato che, nella terminologia inglese, lo screenshot indica solo il processo che cattura l'area dello schermo e che la memorizza nel buffer di sistema, in modo da poterla trasferire (incollare) in un documento (ad esempio, un documento di Paint). Nella terminologia italiana, invece, lo screenshot ha un significato più esteso, che comprende la memorizzazione della cattura dello schermo direttamente in un file (in inglese, tecnicamente detto screen dump) o la composizione di un filmato da una sequenza di catture dello schermo (in inglese, tecnicamente detto screen capture.

[15] A. Carotenuto,Vivere la distanza,p. 157,Milano,Studi Bompiani, 2002

[16] J. Monbourquette,I lati nascosti della personalità. Come riconoscerli e accettarli,p. 55 -56,Milano,Paoline,2001

[17] D.Troiani, La formazione del counselor: responsabilita’ verso se stesso e verso gli altri.Riflessioni sul Convegno. 13° Convegno di Prepos,12 febbario 2006

[18] Un grafico radar è un grafico che ha un asse per ciascun punto della serie di dati. Gli assi si estendono dal centro del grafico. Un grafico a radar mette a confronto i valori aggregati di varie serie di dati (serie di dati: Dati correlati tracciati in un grafico. Ogni serie di dati in un grafico è visualizzata con un colore o un motivo univoco ed è rappresentata nella legenda del grafico. In un grafico, è possibile tracciare una o più serie di dati. Questo tipo di grafico consente di visualizzare le variazioni nei valori rispetto a un punto centrale. Può essere visualizzato con indicatori di dati per ciascuna coordinata . Presenta un asse separato per ciascuna categoria e gli assi si estendono a partire dal centro. Il valore dei punti dati è tracciato sull'asse appropriato. Se tutti i punti dati di una serie avessero identico valore, si otterrebbe un cerchio perfetto.

[19] Dal greco gráphō, scrivere. Primo elemento di parole composte della terminologia scientifica che significa scrittura

[20] ibid. cap. 3,p. 117-140

[21] A.Carotenuto,Vivere la distanza,op.cit.p.17-128

[22] J.Monbourquette,I lati nascosti della personalità. op. cit. p. 29

[23] dal greco krisis,”separazione,scelta,giudizio”,da krino “io giudico”,Rapido mutamento, Zingarelli ,Vocabolario della lingua italiana

[24] D. Demetrio ,Scritture erranti. L’autobiografia come viaggio del sé nel mondo. Intervista a cura di A. Ciantar, p. 47,Edup ,Roma 2003

[25] C.G.Jung,Ricordi,sogni,riflessioni,trad.it.Rizzoli,Milano,1992

[26] I Sotterranei dell’anima,op.cit,p.152-153

[27] simplex,dal latino sem (uno) e plex da plectere(mettere insieme,allacciare) o da plicare(piegare)

[28] L. Alunno, Ha un senso la vita ?,p. 161,Edizioni Eco,Pescara,1987

[29] D.Demetrio,Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé,p.21,R. Cortina Editore,Milano,1996

[30] S. Agostino, Le Confessioni,XI,20,Fabbri Editori,I Classici dello Spirito,Milano,1997

[31] G.KahllL Gibran,Op.Cit.

[32] D. Demetrio,Scritture erranti. L’autobiografia come viaggio del sé nel mondo. Intervista a cura di Andrea Ciantar,

p. 11,Edup, Roma,2003

[33] G.Kahlil Gibran,La Tempesta Sabbia e schiuma,p..59,Baldini Castaldi Dalai Editori S.P.A,2005

[34] A. Carotenuto, I sotterranei dell’anima,op. cit. p. 175

[35] “…mi sono cercata l’indirizzo di posta elettronica di Paolo Coelho e gli ho scritto :” Mi ha talmente colpito la lettura del suo romanzo “Veronica decide di morire” che mi è stato regalato da una amica, che io l’ho sognata,ma nel sogno,lei era un medico e mi diceva che avevo come una pietra alle labbra e mi era stato amputato anche un piede.

Sto ancora cercando di decifrare la simbologia nascosta. Lei scrive nel suo romanzo che Il vero io è ciò che tu sei,non quello che gli altri hanno fatto di te ».Io sono alla ricerca della mia identità più profonda e credo che il personaggio di Veronica mi parla molto”.

Ed ecco la risposta di Paolo Coelho :”Dear Ms…thank you for your kind email. It's very important to know what the reader feels towards my work. I've got great respect for your opinion and I'm grateful for that.May love always be your guide in every moment of your life.Paulo Coelho.

Credo di aver capito il significato del sogno che ho raccontato a Paolo Coelho, proprio a partire dalla frase del suo romanzo Il vero io è ciò che tu sei,non quello che gli altri hanno fatto di te . La pietra sulle labbra è stato il macigno che ha coperto le mie parole per tanto tempo,il linguaggio della mia anima,ciò che nella parte più profonda del mio essere giaceva e che voleva emergere,tutte le verità nascoste che non venivano fuori perché non avrebbero consentito al copione di me ,che piaceva agli altri .di essere recitato,tutte le proibizioni,i divieti di una inducazione familiare e di contesto che mi ha amputato un piede come nel sogno,mi ha impedito di camminare eretta,mi ha resa claudicante nella vita,in bilico,incerta,insicura,catturata dalla paura di cadere”(Vite nella Vita).

[36] D. Demetrio,Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé,p. 225,Raffaello Cortina Editore ,Milano 2003

[37] A .Carotenuto,Attraversare la vita,p.14,op.cit.

[38] V. Masini, Medicina narrativa. Comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico -paziente,p.224,franco Angeli,Milano 2005

[39] K.Gibran ,La tempesta. Sabbia e schiuma,op. cit. p. 78

[40] D. Demetrio L’autobiografia come cura del sé,op.cit.p.145;210

[41] V. Masini,Dalle emozioni ai sentimenti,op.cit.,p.125

[42] L’Analisi Transazionale (AT) è una teoria della personalità elaborata da Eric Berne negli anni 50 il cui scopo è indagare le transazioni,ovvero,gli scambi,le relazioni tra i soggetti. Lo studio delle transazioni ha permesso a Berne di individuare elementi profondi della personalità denominati “Stati dell’Io”che rappresentano l’insieme di pensieri, comportamenti, azioni con cui il soggetto entra in relazione con l’ambiente esterno.. Esistono fondamentalmente 3 Stati dell’Io, il Genitore, il Bambino e l’Adulto. Ciascuno di essi prevale in situazioni ed interazioni diverse. Lo stato dell’Io Genitore comprende quei fenomeni di origine introiettiva, per cui la persona rivive come propri modi di essere di figure genitoriali, per come sono state vissute nell’infanzia; lo stato dell’Io Bambino comprende vissuti e comportamenti derivanti dal riemergere di esperienze infantili avute in prima persona dal soggetto; infine lo stato dell’Io Adulto corrisponde alle esperienze riguardanti il qui – ed - ora vissute in un modo non contaminato da reazioni arcaiche. Nell’elaborare una teorizzazione della personalità patologica Berne pone come fondamento il concetto di copione concepito come un progetto di vita elaborato difensivamente in epoca infantile in risposta a traumi (ingiunzioni) reali o fantasticati proveniente dall’ambiente genitoriale. Questa teoria ha il suo nucleo portante nell'ipotesi che ogni essere umano si trova inconsapevolmente ad agire con una ripetitività coattiva le cui modalità si sono andate formando nell'infanzia; quanto più difficile e disconfermante è stato il rapporto tra l'individuo e l'ambiente dei suoi primi anni di vita, tanto più ristretto e castrante sarà il suo copione. Il nostro copione è dunque quell'unico modo di esprimerci con cui tendiamo a recitare la nostra vita e anche se tale modalità non è necessariamente negativa, sarà comunque, per ogni individuo, un impoverimento rispetto alle sue potenzialità inutilizzate. L'A.T. utilizza non solo l'analisi del copione di vita, ma anche l'analisi della specifica struttura della personalità, l'analisi delle transazioni (cioè di tutto quello che le persone si fanno e si dicono), l'analisi dei giochi (intesi come ulteriori transazioni che comportano un premio o una penalità finale). Il nostro copione, tragedia, commedia o farsa che sia, inizia con la nascita e verrà mano a mano determinato essenzialmente dalle transazioni che avvengono tra i genitori e il bambino, il quale crescendo imparerà a interpretare un ruolo particolare: la vittima, il salvatore, la fata, l'eroe, la principessina o il cattivo ecc., scegliendo nel contempo altre persone per i ruoli complementari. L'A.T. va a modificare l'azione limitante dei copioni sull'identità e sull'autonomia dell'individuo aiutando la persona prima a riconoscere il proprio copione e poi a cambiarlo, diventando gradualmente capace di una sua propria scelta, realmente autonoma e responsabile. Non sarà necessario rinnegare il nostro copione, quella modalità, quell'aspetto che fa pur sempre parte di noi e che ci ha aiutato a crescere, ma sarà utile allargare il ventaglio delle nostre possibilità e consapevolezza.

[43] E.Berne,Intuizione e stati dell’io,p.149,Astrolabio,Roma,1992

[44] Il genogramma è una specifica “versione” dell’albero genealogico utilizzato dai terapeuti familiari; può essere definito come la rappresentazione grafica della struttura di una famiglia accompagnata dalle verbalizzazioni che colui che compila il genogramma fa rispetto alle relazioni tra i soggetti rappresentati, alla comunicazione tra essi, alle somiglianze o differenze, ai miti o ai rituali che caratterizzano parti del del sistema rappresentato (o il sistema intero). Alla semplice descrizione dei legami di parentela si aggiunge, dunque, l’analisi degli elementi relazionali, emotivi e affettivi. In base alla teoria di riferimento di chi utilizza questo strumento, in base dunque all’epistemologia in cui si inserisce questa tecnica, il genogramma può focalizzarsi su alcuni elementi piuttosto che su altri; tra i rami dell'albero pare celarsi il segreto o la spiegazione di un comportamento.

[45] Gibran K.,La tempesta. Sabbia e schiuma, op. cit. p .47

[46] ibid. cap. 3,p. 117-140

[47] D. Demetrio ,Scritture erranti,op .cit. p. 9

[48] “HARDWARE ALLA RICERCA DEI SUOI DRIVER O DELLA VITA SEPARATA...

Siccome la memoria dell’hard disk del mio PC è di appena di 32,O MB, sono stata costretta a disinstallare non solo Norton ma anche altri programmi che ne rallentavano l’esecuzione. Dopo questa operazione, nel riavviare il computer è apparsa una finestra che mi segnalava che la CAMERA andava alla ricerca dei suoi driver. Dopo averci riflettuto un po’, mi sono ricordata di aver disinstallato tutti i driver che si collegavano alla web cam senza però togliere lo spinotto che collegava quest’ultima al computer. E’ stato un attimo ma dentro di me ho avuto l’immagine della vita umana quando cieca annaspa nel buio cercando qualcosa a cui aggrapparsi, della vita quando si trova separata dai suoi punti di riferimento, da tutti i suoi agganci forti. Mi ricordo che ero per strada qualche tempo fa e vidi un signore che una macchina aveva sfiorato ferendolo non gravemente al volto :barcollava come un ubriaco agitando le braccia nel vuoto ,lo spavento dell’urto gli aveva tolto ogni presenza a se stesso. E mi ricordo anche dello smarrimento momentaneo in cui mi ritrovai dopo un tamponamento a catena: è una sensazione di vuoto, di distacco, sei come una periferica esterna, un hardware privato dei suoi driver. A volte capita di essere tamponati dalla vita e di girare a vuoto. A volte capita di perdere dei driver di attracco e di annaspare nell’oscurità. Ma chi separa questi driver da noi per liberare spazio di memoria ? La finestra che si è aperta sul mio PC portava questo messaggio :”Saranno cercati nuovi driver per Camera. Un driver di periferica è un programma che permette a una periferica hardware di funzionare”“Saranno cercati nuovi driver” Ma chi cerca questi driver ? Dove sono questi driver se non nella vita stessa? Dentro di noi sussulta una vita nascosta, sotterranea, sconosciuta, che vuole emergere, che desidera incendiare come un fuoco dirompente, che preme, che bussa, che respira, che spezza il cordone ombelicale perché vuole uscire: perché vuole vivere. Dentro di noi è una esplosione incessante di vita, un oceano di vita. La ricerca dei driver non si allontana da noi stessi. Nella nostra vita c’è la memoria della vita stessa. Nella nostra vita ci sono le tracce della vita stessa. Quell’annaspare nel vuoto come ciechi è una cecità sulla cecità, è un non voler vedere mentre si è capaci di vedere. ” Un driver di periferica è un programma che permette a una periferica hardware di funzionare”. Una risorsa nascosta di vita dentro la vita stessa è un alito di vita che permette a una vita momentaneamente separata di poter vivere. Che cosa stiamo cercando? Quali driver? Quali palpiti? Quali desideri? Quali rinunce? Quali ideali? Quali progetti? quale io ? quali frammenti?Ho davanti agli occhi dell’anima l’immagine di me stessa che guarda dentro me stessa come la web cam che guardava dentro il PC. Noi abbiamo la pessima abitudine di cercare fuori di noi perché ci fa male, ci disturba quel monito antico e sempre nuovo del Conosci te stesso. Che cos’è questo conoscere se non il fare esperienza del proprio in -sé, il frugare dentro di sé, il vivere il proprio in -sé, lo svelamento delle zone più vere, più intime rassegnate ad un oscuro silenzio, come se non avessero voce per parlare, quasi fossero separate da noi, come se avessero firmato la resa. Paradossalmente, siamo noi stessi a disinstallare driver vitali, a bloccare, a sospendere, a spegnere la vita. Permettiamo, diamo la possibilità alla vita di vivere! “(VITE NELLA VITA)

[49] A. Carotenuto ,Integrazione della personalità, ,Tascabili Bompiani ,Bologna 2002,p. 6

[50]Troiani Daniela, Corrispondenza personale con la scrivente

[51] C.Pinkola Espès,op.cit.p.185

[52] G.Kahlil G.,op.cit.p.73

[53] V. Masini, Medicina narrativa.comunicazione empatica ed interazione dinamica nella relazione medico - paziente,

p. 31,Milano,Franco Angeli ,2005

[54] V. Masini, Dalle emozioni ai sentimenti,p. 59,Terni,Prevenire è possibile,2001

CARMELA	Avaro	Ruminante	Delirante	sballone	apatico	invisibile	adesivo	Tot
altri	5	1	5	1	2	1	4	19
mondo	3	7	5	2	3	3	2	25
se	4	3	7	0	0	1	0	15
totali	12	11	17	3	5	5	6	59

ESITI QUESTIONARIO N. 1
CARMELA	Avaro	Ruminante	Delirante	sballone	apatico	invisibile	adesivo	Tot
altri	5	1	5	1	2	1	4	19
mondo	3	7	5	2	3	3	2	25
se	4	3	7	0	0	1	0	15
totali	12	11	17	3	5	5	6	59
ESITI QUESTIONARIO N. 2
altri	1	5	1	2	3	5	6	23
mondo	3	4	1	2	3	4	4	21
sé	6	3	4	2	1	1	4	21
totale	10	12	6	6	7	10	14	65