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LA RELAZIONE MATERNA AFFETTIVA, CONSAPEVOLE E SPIRITUALE

 

 

 24° Convegno Nazionale di Prepos

Novacana 11 e 12 febbraio 2017

 

 

DALL’ATTACCAMENTO ALLA AFFETTIVITÀ

DALL’AFFETTIVITÀ ALLA CONSAPEVOLEZZA

DALLA CONSAPEVOLEZZA ALL’AMOR SUBLIME

 

 

 

EVA

 

L’Eva mitondriale, detta anche Eva africana, progenitrice della nostra specie e chiamata mitocondriale per il corredo genetico presente nei mitocondri trasmessi, viene datata con la tecnica dell’orologio molecolare fra i 99.000 e i 200.000 anni fa. La sua comparsa sarebbe dunque antidiluviana (la glaciazione Wurm sarebbe compresa tra i 110mila anni e i 20mila anni fa con il conseguente innalzamento del livello degli oceani di 150 metri)[1].

L’Eva mitocondriale ha un significato molto più ampio di quello genetico perché investe la prima ed indubitabile relazione interumana: quella tra madre e figlio. Tutte le altre relazioni, la paternità, la fraternità, la parentela, ecc., sono espressioni culturali ed implicano un precedente sviluppo della coscienza che consenta il riconoscimento di tali relazioni. La relazione con la madre, invece, avviene attraverso un rapporto che precede, e determina, lo sviluppo della coscienza umana.  

La datazione dello sviluppo coscienziale della nostra specie è altamente problematico e può essere avvenuto circa 40mila anni fa mentre lo sviluppo cognitivo è molto più antico come mostrano reperti di utensili in pietra risalenti all’Africa Pliocenica di 3.3 milioni di anni fa. La relazione indubitabile con la madre è la condizione attraverso cui si sviluppa la coscienza, ovvero la sensazione della propria esistenza come individui, ed avviene probabilmente nel paleolitico quando l’Eva mitondriale scopre di amare il figlio anche dopo la fase dell’allattamento.

L’innesco dell'affettività materna ha prodotto il conseguente sviluppo della coscienza del “tu” e dell’”io” e un salto evolutivo senza precedenti.

Lo sguardo materno, empatizzato dal cucciolo di essere umano, ha prodotto la proprietà fondamentale della coscienza, quella di vedersi dall’esterno senza perdersi e cioè la sensazione di esistere. L’affettività supera la simbiosi e va verso l’autoriflessività perché consente la separazione senza l’angoscia. Lo sguardo materno è la base sicura per il sé del cucciolo che, in assenza di tale contatto affettivo, può inibire la sua futura consapevolezza manifestando in futuro criticità emozionali evitanti o dipendenze o sensi di colpa dirompenti e dissocianti.

L’assenza di consapevolezza, qui intesa al suo primo livello come un semplice automonitoraggio dei propri vissuti, è infatti tipica:

1)             degli adulti chiusi, silenziosi ed introversi che non sanno fa percepire la loro presenza agli altri, che non comprendono emozioni e sentimenti mostrandosi opachi a se stessi ed agli altri e privi di manifestazioni affettive (attaccamento evitante della madre).

2)             di adulti dipendenti e ansiosi incapaci di percepire sazietà affettiva e di reggere distacchi prolungati, convinzione di non essere amabili ed incapacità di lasciarsi voler bene (attaccamento imprevedibile, insicuro, ansioso e ambivalente).

3)             di adulti spaventati, dissociati, paranoici o borderline che non hanno ricevuto chiari segnali di accettazione e che manifestano confusione nei loro atteggiamenti perché non sanno se sbagliano o dove sbagliano ed attribuiscono a se stessi la colpa di essere sbagliati (attaccamento disorganizzato).

Tali condizioni peraltro sono sempre state tipiche degli umani primitivi dell’antichità, ma anche della contemporaneità indipendentemente dal sesso, etnia, cultura, istruzione, religione o classe sociale. I principali residui primitivi generati dall’attaccamento insicuro sono diffidenza, impeto d’ira, amor proprio, dispetto, indifferenza, estraniazione e collusione, tratti di personalità che possono diventare psicopatologie se le persone non diventano consapevoli dei loro copioni e li superano attraverso un riesame delle relazioni primitive che li hanno determinati.

L’attaccamento insicuro fornito al cucciolo dal caregiver inibisce lo sviluppo dell’affettività e l’estensione della coscienza. Questo accade nelle madri o i caregiver anaffettivi a seguito degli archetipi ambivalenti che sono stati installati in loro: la supermamma, la madre simbiotica, la madre complice, la madre innamorata incestuosa, la madre dominante, la madre distaccata, la madre iperprotettiva, la madre rivale, ecc. a seconda delle convinzioni, delle tradizioni e degli archetipi vigenti  nell’esercizio del potere domestico.

Tali madri o caregiver non riescono a produrre un attaccamento sicuro mediante quell’esplicita affettività che innesca un flusso reciproco di riconoscimento e, oltre a generare riflessività relazionale, espande le aree della coscienza.

La caratteristica fondamentale dell’Eva africana è l’aver superato l’attaccamento biologico ed aver sperimentato il flusso affettivo. L'attaccamento infatti non è un fenomeno esclusivamente umano ma interviene in tutti i processi di allevamento da parte degli animali della loro prole in assenza di coscienza, seppur in presenza di cognizione e di intenzionalità.

Il superamento dell’attaccamento biologico mediante flusso affettivo funziona anche tra esseri umani e specie animali e può non essere simbiotico. Il flusso affettivo che muove dall’essere umano verso un animale determina in quest’ultimo una forma di accumulazione dell’affettività ricevuta con conseguente imprinting, bisogno della vicinanza affettiva e preferenza per la figura di attaccamento su cui si fonda la domesticazione e l’addestramento.

  L’irradiazione affettiva ha dunque un ruolo determinante nella nascita delle relazioni interumane e su di essa si fondano tutte le tappe evolutive della nostra specie attraverso la “consegna del testimone” al padre, ai fratelli, ai nonni, ai parenti. La buona mela che Eva passa ad Adamo rappresenta la condivisione del flusso affettivo della madre con il padre, i fratelli e tutti i sistemi di relazione che riescono a godere di questa proprietà.

Il passaggio del gusto evolutivo dell’affettività interumana avviene attraverso lo sviluppo dell’empatia ma si interrompe laddove l’egocentrismo evitante, dipendente o strategico ne inibisca le potenzialità.

 

                                                              CORNELIA

 

Cornelia (189-110 avanti Cristo) fu madre di dodici figli, ma gli unici che arrivarono alla maggiore età furono i due famosi Tiberio e Gaio Gracco, e la loro sorella maggiore, Sempronia, moglie di Cornelio Scipione Emiliano.

Cornelia è un emblema del passaggio dall’affettività alla consapevolezza. Tra milioni di madri che giungono a tale stadio la scegliamo come simbolo per tre motivi: 1) il fatto di scegliere di esser madre e non figlia, 2) il valore attribuito ai figli, 3) l’insegnamento di giustizia e libertà trasmesso a Tiberio e Caio.

1) Cornelia rifiuta di essere conosciuta come figlia di un uomo importante ed eroico come Scipione l’Africano che sconfisse Annibale e ripetutamente dichiara: “Fino a quando mi indicheranno come la figlia di Scipione? Quando potrò chiamarmi la madre dei Gracchi?”. Con tale iscrizione le verrà dedicata dai Romani del II° secolo avanti Cristo la prima statua di una donna nel Foro con l’iscrizione “Madre dei Gracchi”.

2) Rimasta vedova ancora giovane rifiuta di risposarsi nonostante le numerose proposte anche molto allettanti come quella di  Tolomeo VIII Evergete, re d’Egitto. L’aneddoto centrale della sua storia resta la sua risposta a una matrona che ostentava le sue pietre preziose:  Haec ornamenta mea!” (ecco i miei gioielli!) mostrando i suoi figli Tiberio e Gaio.

3) Il suo cenacolo famigliare nutre la filosofia ellenistica che si presenta come una istanza politica di riforma sociale e culturale. Siamo in una Roma feroce e primitiva, che non riesce a trasformarsi in Stato attraverso riforme ugualitarie[2] e che è percorsa di frequenti insurrezioni delle quali la più importante avverrà, 60 anni dopo, ad opera di Spartaco.

Le caratteristiche di Cornelia ci fanno individuare una relazione affettiva con i figli che si traduce in consapevolezza educativa. La dimensione della consapevolezza è quella che conduce ad una maternità guidata da valori.

L’evoluzione della coscienza verso la consapevolezza guida l’affettività in senso cognitivo, emozionale e operativo incanalandola nello spazio esistenziale e relazionale dell’essere umano.

La coscienza è infatti una tappa evolutiva intermedia per sua stessa natura. La coscienza non può occupare tutto lo spazio della mente, neanche quando siamo svegli, non interviene necessariamente nel parlare, nello scrivere, nell’ascolto e nella lettura, non è nemmeno la sede della ragione, anzi i pensieri più creativi fanno a meno della sua presenza. "Noi siamo coscienti meno a lungo di quanto pensiamo, perché non possiamo essere coscienti di quando non siamo coscienti”.[3]

L’evoluzione della coscienza verso la consapevolezza apre gli orizzonti psichici e relazionali che servono per osservare se stessi e per rappresentare il proprio mondo soggettivo che è a se stante rispetto al mondo reale. La consapevolezza di sé, del proprio corpo, delle proprie potenzialità e dell’essere persona è una conquista molto recente dell’evoluzione umana.

La mente dell’uomo era bicamerale (così Jaynes definisce l’uomo senza connessione tra emisfero destro e emisfero sinistro) scissa in due parti: 1) nel flusso dell’accadere delle cose del mondo senza autorappresentarsele; 2) nell’ascolto della sorprendente voce interna, attribuita agli dei, che compariva simile ad un’allucinazione uditiva.

Sempre secondo J. Jaynes, l’uomo passa dalla mente bicamerale[4] alla consapevolezza nel secondo millennio a.C. con l’inizio dei commerci, l’aumento della popolazione, l’avvento della scrittura, il caos migratorio ecc., che conduce allo sviluppo di nuove aree cerebrali che giungono al traguardo del socratico “conosci te stesso”.

La maternità di Cornelia esprime tre valori tipici della consapevolezza:

l’indipendenza la responsabilità, e l’impegno per la giustizia connessi all’essere adulti nel mondo.

L’umiltà connessa al desiderio dell’uguaglianza tra uomini e al rispetto per le sofferenze dei più deboli. Inoltre la volontà di pace senza ipocrisie presentandosi trasparenti al mondo.

La fedeltà e la generosità sono i valori connessi al proprio ruolo personale nel mondo.

- Il primo modo di essere è l’adultità, e cioè la condizione di libertà dalla dipendenza dai genitori. Per essere madri consapevoli occorre aver riconosciuto dentro di sé la voce della propria madre ed averne preso le distanze. Fino a che una madre pensa a cosa penserebbe sua madre la commistione delle voci interiori è deleteria giacché non vi è spazio per le proprie decisioni autonome di maternità ma c’è solo obbedienza dipendente o opposizione conflittuale.

Il comandamento con cui si apre la seconda tavola della legge ebraica recita “Onora il padre e la madre, perché si prolunghino i giorni nel paese che ti da il Signore Dio tuo”. Onorare è il contrario dell’amore dipendente dai genitori perché, semmai, invita i figli a far si che i genitori siano orgogliosi dei figli. I figli diventano liberi ed adulti e si occupano dei vecchi genitori che, con l'aiuto dei figli, possono  prolungare i loro giorni. Sono semmai i vecchi genitori a diventare dipendenti dai figli e non il contrario se non si vuol cadere nella manipolazione educativa che sgretola l’identità individuale o nella  genitorializzazione (diventare genitori dei propri genitori senza essere transitati nella fase della consapevolezza della propria individualità.

- Il secondo criterio è l’esposizione dei figli al mondo. Cornelia non si conforma a quello che dice la gente, ovvero non cresce i suoi figli nell’ipocrisia di nascondere i loro difetti e non cade nella trappola della rivalità tra madri su chi ha i figli “che vanno meglio a scuola!”. Non si pone cioè il problema di ben figurare nel suo contesto relazionale e di presentare i suoi figli come emanazione di se stessa. Non ha bisogno di conferme dalla società e dalle altre madri. Tiberio e Gaio sono i suoi gioielli e li presenta esattamente per come sono, senza abbellimenti e rappresentazioni. E’ consapevole di amarli e sa che il suo amore li rende belli.

- Il terzo criterio è quello di consentire il ruolo personale dei figli nel mondo anche se ciò li espone al rischio della morte. Cornelia trasmette la cultura ellenistica ai figli in contrasto con la primitività violenta del potere a Roma. Guarda i rapporti tra uomini con gli occhi del futuro e rispetta la loro personale missione. Questa consapevolezza educativa è l’assoluto contrario della manipolazione, ovvero del costringere con messaggi impliciti ad essere ciò che la madre vuole che i figli siano.

Cornelia vive un amore consapevole verso i figli che si traduce nella presenza affettiva (non li abbandona), non li opprime (facendoli bersaglio di continue critiche) ma li accetta nella loro bellezza e, soprattutto, non li manipola conducendoli la dove non scelgono di andare.

Queste tre dimensioni sono indispensabili per poter evolvere dalla femminilità alla maternità (così come dalla mascolinità alla paternità) e descrivono un atteggiamento materno in lotta contro gli archetipi inconsci o trasmessi dalla cultura. Ove prevalgano gli archetipi si impedisce ai figli di andare verso la realizzazione della propria vita e, soprattutto, di costruire autonomamente l’identità collettiva della loro futura famiglia.

Manca però a Cornelia, ed a tutte le madri in crescita lungo la via della consapevolezza una visione della spiritualità affettiva del rapporto con Dio.

L’immaginazione spirituale dell’uomo antico costruiva divinità a somiglianza delle sue emozioni (l’amore, la fertilità, la guerra, ecc.) e dei suoi archetipi ambivalenti che contenevano rappresentazioni terribili ed incombenti di dei crudeli, punitivi e vendicativi nei confronti dell’essere umano. Dei a cui offrire sacrifici affettivi anche estremi per ingraziarseli come fece Abramo nel sacrificare Isacco fermandosi all’ultimo momento con l’intuizione che Dio non poteva volere quel dolore straziante.

La consapevolezza ha a che fare con l’esperienza dell’irradiazione affettiva divina mediante l’auto osservazione delle nostre componenti spirituali. La consapevolezza conduce all’innesco della relazione con Dio attraverso un vero e proprio esercizio spirituale volontario[5].

La transizione verso questa forma mentale di consapevolezza nella relazione con Dio è ancora in corso. Non siamo più sottomessi a oracoli, culti, medium, astrologi, possessioni, tarocchi, maghi, sciamani, danzatori, ipnotismi, meditazioni, caste sacerdotali  ecc. Questi non sono altro che residui di una forma mentale primitiva da cui stiamo evolvendo grazie ad una fanciulla di Nazareth di nome Maria diventata mamma.

 

 

                                                                  MARIA

 

Il salto evolutivo avvenuto in Maria al momento del concepimento è molto più grande e misterioso della mutazione indotta da Eva mitocondriale ed anche della razionalità educativa e valoriale di Cornelia, poiché riguarda il legame tra psichismo e dimensione spirituale.

Non mi sono mai posto con attenta meditazione il problema della verginità di Maria perché l’analisi razionale, svolta con onestà intellettuale, della predicazione di Gesù sulle caratteristiche affettive e paterne di Dio mi ha da tempo dato risposte più che convincenti sulla manifestazione del divino nell’uomo Gesù.

Ho sempre considerato la verginità di Maria un elemento del tutto secondario proposto con insistenza per ovvie ragioni di repressione sessuale. Che importanza ha di chi è biologicamente figlio Gesù!, mi sono sempre detto. Ho sempre letto la dimensione immacolata di Maria, nata senza il peccato originale, una condizione del tutto marginale rispetto al suo ruolo gigantesco nella storia dell’umanità; ho infatti sempre attribuito alla concezione di un Dio punitivo sia il peccato originale (peraltro mai menzionato nel Vangeli) che la cacciata dell’uomo dal paradiso terrestre. Il senso di colpa, specie se associato all’angoscia di morte, è un buon meccanismo di controllo sulla vita degli esseri umani e, comunque, ha avuto anche funzioni positive nel fermare la mano ai potenti ed ai prepotenti.

Alla luce dell’evoluzione della coscienza e dello sviluppo della relazione con Dio la vicenda di Maria di Nazareth mi appare oggi come la prima occasione nota nella storia umana di trasformazione dell’affettività psicologica in sostanza di amore spirituale.

Il processo di amore di Maria per Dio è dapprima consistito nella accettazione e poi nella disponibilità a ricevere: E’ molto più facile amare che lasciarsi amare soprattutto quando ad amare è l’oceanica empatia di Dio.

Ho imparato cosa significa accettazione nei momenti di maggior distacco da me stesso, ad esempio quando una sensazione estatica vissuta in condizioni di trance meditativa (con ritmi cerebrali superBeta o Gamma o forse Lambda) mi sfuggiva di mano perché cercavo di andare a verificare razionalmente se ciò che sentivo era davvero vero. Ma anche quando mediante rilassamento entravo in ritmi theta o delta, per non sentire i forti dolori del cancro ed ho progressivamente imparato che, nel momento in cui riesci a non percepire il dolore, non devi commettere l’errore di andare con la mente a verificare se davvero se ne è andato. Se lo cerchi, lo trovi in tutta la sua acuzie!

Accettazione dunque è uno stato di totale disponibilità verso aperture sensoriali diverse da quelle quotidiane e sperimentate attraverso i cinque sensi.  

Maria accetta una relazione diretta con Dio totalmente nuova per l’umanità e conosce la felicità su questa terra. Per questo la testimonia e la caldeggia. Ma oltre all’accettazione accade la più importante mutazione evolutiva dell’umano che prende in sé il divino: il concepimento.

Non siamo in grado di individuare i meccanismi biologici con cui tale mutazione può essere avvenuta senza il crossing-over cromosomico della ricombinazione di due diverse eliche del DNA ma sappiamo con certezza che questa mutazione può avvenire. Può essere perniciosa quando le rotture del doppio filamento, a causa di agenti ossidanti, alchilanti e radiazioni ad alta energia, come i raggi X e gli UV, producono molecole cancerogene. Può essere evolutiva quando il DNA, alterato dall'azione mutagena, si fa spazio nella fittissima rete cellulare altamente selettiva e produce un organismo arricchito dalla mutazione.

Ancora una volta nella storia umana è la maternità il luogo prescelto per la mutazione. Questa relazione interumana originale e assolutamente indubitabile e inviolabile da qualunque contaminazione culturale archetipica, si è presentata come il miglior luogo di incontro possibile per la relazione con Dio.

Da questa lettura nel linguaggio scientifico contemporaneo discendono tre considerazioni:

- L’insistenza della tradizione sulla verginità di Maria non sarebbe legata ad un processo di repressione sessuale e di obbligato candore della giovinetta che non “ha conosciuto uomo”, ma tende a dichiarare la mutazione (come la possiamo chiamare oggi) avvenuta in lei nel contatto empatico con Dio. Il fatto che tal concepimento sia una straordinaria mutazione nella nostra specie viene sottolineato dalla verginità di Maria,  accertata dall’ostetrica Salomé al parto[6]. Con ciò voglio affermare che tale concepimento divino sarebbe potuto avvenire anche se lei non fosse stata vergine. E’ lo straordinario e incredibile concepimento che trae sostegno dalla sua verginità e non la verginità in sé come valore. Nella successiva generatività dei probabili fratelli di Gesù, considerati fratellastri (figli di un precedente matrimonio di Giuseppe)  o cugini[7], è verosimilmente impossibile che la ginecologica verginità di Maria sia mantenuta.

- Non sono un teologo ma l’interpretazione della frase in linguaggio occitano “Que soy era Inmaculada Conception” che viene utilizzata a dimostrare quasi esclusivamente l’assenza del peccato originale in Maria, non mi ha mai del tutto convinto perché, se così fosse, la frase pronunciata sarebbe stata diversa e cioè “Io sono stata concepita immacolata”. Mi sembra che il suo significato sia invece da intendersi in modo molto più letterale: “Chi io sono è stata il concepimento immacolato”[8]. Ovvero: “La mia precipua caratteristica è stata quel concepimento che significa: Io sono la prova della possibilità dell’esistenza di un processo riproduttivo della vita, della affettività materna e dell’amore spirituale senza contaminazioni primitive”. In altre parole ancora: il fondamento precipuo della mia identità di persona sta nel fatto di aver concepito un figlio senza aver avuto un rapporto sessuale riproduttivo. E non perché nel rapporto sessuale ci sia qualcosa di male o di sbagliato anche se, purtroppo, la difficile comprensione del mio concepimento è stata funzionale per opprimere l'uomo con sensi di colpa repressivi. L'assenza di un rapporto sessuale testimonia lo straordinario contatto con la dimensione divina che ha determinato quell'incredibile concepimento. Dio ha donato all’Uomo l’Albero della Vita dando l’autorinnovamento e la totipotenza delle cellule staminali di mio figlio Gesù, innescati per l’uscita della quiescenza delle cellule del mio ovocita attraverso la sostanza della relazione con lo Spirito Santo.

- La dimensione umana della vita di Gesù si muove tra il momento della sua nascita e quello della sua morte per crocefissione mentre la dimensione divina sta tra il momento del concepimento e quello della sua resurrezione. L’apertura a questa visione consente di comprendere la totale purificazione dagli archetipi in Maria, nel concepimento di Gesù e in Gesù stesso. E questo pone in una luce diversa il contatto tra il mondo della nostra quotidianità e la dimensione spirituale, li rende prossimi se non contigui per chi si pone con accettazione verso l’empatia con cui Dio comunica con noi. La maternità e la paternità di Dio nei confronti dell’essere umano sono un’incessante comunicazione a cui riusciamo a prestare ascolto solo occasionalmente. I momenti forti della vita aprono più facilmente verso tale contatto e il più forte in assoluto è quello della generatività materna della vita.

 

Il materno e la sua indubitabilità è dunque la situazione che apre alla dimensione spirituale e che richiede una riflessione innovativa a partire dall’attaccamento per passare attraverso l’effettività e giungere alla spiritualità chiedendoci, in questa prospettiva, quale sia il senso attuale della maternità, i suoi bisogni e i suoi limiti.

Le tre dimensioni della maternità umana e cioè l’attaccamento, l’affettività e la spiritualità sono elementi di questa relazione da investigare in profondità al fine di liberarli dalle ambivalenze primitive degli archetipi ed orientarle in senso evolutivo per l’umanità.

 

Questo è l’oggetto del 24° Convegno Nazionale di Prepos presso la Comunità di Novacana l’11 e il 12 febbraio 2017.

La sede sarà a Casanova di Sinistra nei pressi dell’Eremo della Madonna del Bocco, luogo dove ad Angela Volpini, allora bambina di 7 anni apparve Maria in una sequenza di  ripetute visioni per 9 anni.

                                                                    Vincenzo Masini

 

Per ulteriori informazioni e prenotazioni: prepos@prepos.it

 

 



[1]  Il dibattito tra gli antropologi circa le successive ondate migratorie dell’Homo Erectus, Neanderthal, Cro-magnon e sapiens e le sovrapposizioni contemporanee tra queste popolazione è controverso anche in ragione delle datazioni contraddittorie dei reperti. Uno sguardo semplificatorio sugli ultimi 40000 anni, data in cui è probabile la prima comparsa di una razza umana a cui attribuire lo sviluppo dell’affettività interumana prodotta dall’Eva mitocondriale, vede un’industria litica diversificata appartenente sia agli uomini di nearnderthal che ai cro-magnon e la comparsa dell’arte figurativa delle pitture rupestri ma anche delle veneri steatopige. Tali statuine sono rappresentazioni realistiche della femminilità dell'epoca che fanno pensare ai primi interrogativi circa l’origine della vita e la riproduzione della specie attraverso il corpo della femmina. La vita dei cacciatori del paleolitico si farà da allora progressivamente più stanziale attraverso l’allevamento e la prima agricoltura mentre l’idea della riproduzione farà scoprire sia la maternità affettiva sia il ruolo del maschio che, come intuito nel processo riproduttivo tra gli animali, è fecondatore nel concepimento. L’Eva mitocondriale, ovvero la portatrice della genetica presente nei mitocondri femminili, è il simbolo più convincente di tale processo evolutivo. Bryan Sykes, genetista dell’università di Oxford, nel suo libro del 2001 "The Seven Daughters of Eve", scherza sull'uomo di Cro-Magnon che si sarebbe accoppiato con sette tipi di donne figlie di Eva, a cui da un nome diverso a seconda del loro DNA mitocondriale derivato da Eva africana: Ursula (aplogruppo U) trovata in Siberia, Xenia (aplogruppo X), Tara (T) e Helena (H) trovate in Europa nel paleolitico, e poi Katrine (K) e Velda(V) evolutesi nel mesolito e infine Jasmine (J) venuta dal levante nel neolitico. Esse danno origine ai principali aplogruppi mitocondriali diffusi nelle popolazioni moderne.

[2] Tiberio e poi Gaio occupano l’importante ruolo di Tribuni della Plebe, magistrati che avevano progressivamente acquisito potere nei confronti del Senato che rappresentava l’aristocrazia. Tiberio diventa artefice della riforma agraria del 133 a.c. che ridistribuisce la terra ai contadini e per questo motivo viene assassinato. In quell’occasione Cornelia scrive una lettera al figlio Gaio invitandolo a rinunciare a vendicarsi del tribuno Marco Ottavio, ritenuto responsabile della morte di Tiberio. Anche Gaio dieci anni dopo la morte del fratello proporrà una lunga serie di leggi approvate per plebiscito (la riforma agraria, urbanistica, l’inapplicabilità della pena di morte senza un regolare processo, la distribuzione di grano alla plebe, la legge contro la corruzione dei governatori, il divieto della leva militare prima dei 18 anni). Gli aristocratici romani muoveranno armati contro Gaio ed i suoi seguaci che saranno sconfitti e uccisi dopo essersi rifugiati sull’Aventino.

[3] J. Jaynes, “Il crollo della mente bicamerale”, Adelphi pag. 40.

[4] Mente bicamerale che ben rappresenta la scissioni interiore tra la propria voce e volontà ed i condizionamenti emozionali ricavati dagli archetipi e dalla cultura in cui quell’individuo è cresciuto.

[5]La prima annotazione è che con questo termine “esercizi spirituali” si intende ogni modo di esaminare la coscienza, meditare, contemplare, pregare vocalmente e mentalmente, e altre attività spirituali, come si dirà più avanti. Come infatti il passeggiare, il camminare e il correre sono esercizi corporali, così tutti i modi di preparare e disporre l’anima a liberarsi da tutti gli affetti disordinati e, una volta che se ne è liberata, a cercare e trovare la volontà divina nell’organizzare la propria vita per la salvezza dell’anima, si chiamano esercizi spirituali”. Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, prima annotazione.

[6] Nel protovangelo di Giacomo è raccontato l’episodio della levatrice Salomé che dopo aver introdotto un dito nella vagina di Maria per constatarne la verginità, riceve un’ustione nella mano che sarà guarita nel successivo accudire Gesù. “Salome mise il suo dito nella natura di lei, e mandò un grido, dicendo: "Guai alla mia iniquità e alla mia incredulità, perché ho tentato il Dio vivo ed ecco che ora la mia mano si stacca da me, bruciata". Protovangelo di Giacomo, 20,1.

[7] Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda.

[8] Il dogma dell'Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854, sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento e non riguarderebbe il concepimento verginale di Gesù da parte di Maria. Mi sembra estremamente interessante il fatto che nelle apparizioni di Lourdes del 1858, 4 anni dopo il dogma di Pio IX, emerga con esplicita dichiarazione la natura dell’essere lei stessa, Maria, l’oggetto di un concepimento immacolato e cioè totalmente privo di ambivalenze biologiche, psicologiche, archetipiche e culturali.